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Piccola guida ai tormentoni estivi

Ogni anno è la stessa storia, fingiamo di detestarli e li ascoltiamo a ripetizione. Ma le canzoni dell’estate, segmento florido dell’industria musicale italiana, rivelano tra le righe un sacco di cose.

Se il personaggio che ha più segnato l’estate musicale del 2022 non è un cantante, ma un addetto alla sicurezza di concerti che, ascoltando uno dei trapper del momento, scuote la testa e sorride sardonico, una ragione deve pur esserci. Se con quel gesto è diventato il protagonista di meme di ogni tipo, se i giornali hanno pensato di intervistarlo sui suoi gusti musicali e gli influencer di inglobarlo nei loro contenuti, se ormai non c’è concerto in cui gli spettatori non lo inquadrino e lo condividano sui social, perfino più dei cantanti che sono andati ad ascoltare, significa che la sua stanchezza e seccatura sono condivise da molti. Forse il “Despacito” del 2022 è lui, e il gesto diventato virale è il vero tormentone di questa estate. Perché, allo stesso tempo, molti stanno facendo notare che la gara a imporsi come reale tormentone non brilli più per originalità: come se ormai il canovaccio fosse definito e ci si potessero permettere solo variazioni sul tema. Tralasciando l’aspetto musicale, proviamo allora ad analizzare i luoghi comuni, gli elementi ricorrenti e i topoi (ma sì, proviamo anche a darci un tono) delle hit del 2022. 

La rabbia giovane

Non possiamo partire che dallo sdegno divertito del meme. È vero che i trapper sono gli unici a comparire nella classifica dei singoli estivi senza aver realizzato pezzi apposta per la stagione balneare, e dunque nel panorama generale sono uno dei pochi elementi di differenza, ma, contemporaneamente, cominciano ad assomigliarsi sempre più, nel loro sottoinsieme. Lungi da me sottovalutare il disagio delle periferie italiane, ma l’impressione è che venga un po’ accentuato per esigenze artistiche. E magari anche per imitazione. (Dammi sì un kilo/G me lo imbosco/Passo davanti alla guardia/Faccio sì un tiro/vedo confuso/ Fra’ da Rozzi, sì giro a Rozzi/Io qua ci muoio/Frate a Rozzi, sì muoio a Rozzi). Per cui Rozzano sembra Compton, anche se il tasso di omicidi all’anno è 70 volte inferiore. A metà luglio, Chiara Ferragni è stata accusata di aver ecceduto nelle critiche al comune di Milano, reo, a suo dire, di non proteggere abbastanza i cittadini dalla microcriminalità. Ma volendo credere a certi trapper (Torno a casa come Genny dall’Honduras/ Ho un pacco di soldi da sei metri cubi/ Che vorrei scoparti come appena uscito di galera/ Vali molto più dei soldi miei o Per sti soldi, Euro, si corre dove si va, yeah/ Ho perso fratelli, amicizie non finiran mai) si ricava un’impressione sulla sicurezza urbana decisamente peggiore. A Milano sono stati commessi solo 7 omicidi nel 2021, ma i quadri tinti negli album di trap italiana sono così foschi che si direbbero siano stati 700. A volte assomigliano a quei racconti di cronaca fatti apposta per spaventare gli anziani e forzarli a votare per i partiti legge e ordine. La realtà, invece, è che, forse più che al racconto delle periferie americane certi racconti si ispirano a Oscar Pettinari, il protagonista di Troppo forte. Di sicuro oggi Pettinari non racconterebbe le sue fandonie in piazza agli amici per farsi bello, ma ci farebbe dei grandi pezzi trap (“La palude del caimano” è il mio nuovo singolo, fuori oggi su tutti gli store).

A Milano sono stati commessi solo 7 omicidi nel 2021, ma i quadri tinti negli album di trap italiana sono così foschi che si direbbero siano stati 700. A volte assomigliano a quei racconti di cronaca fatti apposta per spaventare gli anziani e forzarli a votare per i partiti legge e ordine.

La droga

Non è un caso che la stessa estate che vede sdoganato lo Xanax nell’insulto politico (“prenditi uno Xanax” di Ronzulli a Gelmini) veda anche le “5 gocce” di Irama feat. Rkomi in classifica. (Non so se mento o è solo il Lexotan, oh no/ E nel bicchiere cadono cinque gocce/ Questa notte voglio stare da solo/ E non so se, se sono io, ma coi tuoi amici mi annoio/ Così dolce, se chiudo gli occhi poi mi sembra che volo). C’è la spaventosa “Shakerando”, Capo Plaza con “sono fatto di tre droghe” e Tananai con un più curato e interessante “Ti regalerò una rosa, sole, cuore, amore e droga”, ma, a ben vedere, i riferimenti alle droghe (specie leggere) sono ormai diventati così comuni che non stupiscono più di tanto. Al punto che in alcuni casi sono diventati battute standard: “Ma cosa vi siete fumati?”, per esempio, lo dicono anche i sacerdoti all’oratorio. Di conseguenza “Non ho capito cosa c’era nei suoi occhi (droga?)” in “La dolce vita” viene cantato anche dai bambini nelle baby-dance senza che i genitori diano in escandescenze. (Nota a margine: “con il culo” de La Rappresentante di Lista nella versione baby-dance diventa “con il cuore”). 

Le marche

Credo non esista più alcun marchio noto in Italia che non sia stato citato all’interno di una canzone. Solo nelle hit di questa estate si possono contare Louis Vuitton, Casio, Ryanair, Jack Daniels, Audi, Lambo, iOS, Capri Sun, Schweppes, Mercedes. Da esigenza di realismo a puro namedropping il passo è stato davvero breve. L’unico marchio, probabilmente, mai citato resta Yale, quello delle chiavi. Forse perché nessuno ne conosce la pronuncia corretta e per non rischiare figuracce si evita.

Così ci divertivamo

Scrivo mentre in cima alla classifica è da più di un mese “La dolce vita”, naturalmente come esempio di soddisfacente edonismo, e non nell’accezione felliniana. Fellini torna pure in Margherita Vicario (Sogni di Fellini in motorini, che Amarcord/Nostalgia futura, Morricone e reggaeton) e coi Pinguini Tattici Nucleari (Con te inizia la Belle Époque/ che tempismo, o’clock/ Bel teppismo black bloc che c’hai / Sei la storia, Marc Bloch, un momento amarcord). Sorvolando sullo sfoggio di Marc Bloch (più avanti c’è pure “Sopravvissuti anche alla fine della storia” che richiama Fukuyama), questo è anche l’unico pezzo in cui si fa risalire così indietro nel tempo l’età dell’oro del divertimento, addirittura la Belle Époque. Probabilmente messa lì più per effetto che per cognizione di causa. E, d’altra parte, non gli si poteva di certo chiedere di usare in una canzone “età giolittiana”. (O forse sì, a pensarci bene. Sarebbe una bella sfida). Ma in generale tutte le estati passate possono, a seconda dell’occorrenza, diventare altrettante antonomasie del divertimento estivo. M¥SS KETA cita interamente “Il capello” di Edoardo Vianello dal 1961 (ed, en passant, anche Raffaella Carrà e Gerry Scotti), Annalisa e i Boomdabash hanno Tropicana e Macarena (Notta fonda, luna piena/ Tropicana, Macarena/ Ballo anche se arriva il temporale/ Baila), Mengoni esibisce un “Easy Rider”, Francesco Gabbani ha un “Peace & Love”, ma pure “Rock & Roll” e “Moonwalking”. Jovanotti ci dice “C’è una canzone di tanti anni fa/ Che sembra scritta ora/ Non mi ricordo neanche più come fa/ Ma il testo dice/ Qualcosa come/ I love you baby”. (Però a me, più che all’estate, I love you baby fa pensare al medley con il trenino di Capodanno). Naturalmente hanno tutti ragione, visto che poi “Running up that hill” di Kate Bush sta vivendo una nuova vita grazie a Stranger Things.

I riferimenti alle droghe (specie leggere) sono ormai diventati così comuni che non stupiscono più di tanto. Al punto che in alcuni casi sono diventati battute standard: “Ma cosa vi siete fumati?” lo dicono anche i sacerdoti all’oratorio. “Non ho capito cosa c’era nei suoi occhi (droga?)” in “La dolce vita” viene cantato anche dai bambini nelle baby-dance senza che i genitori diano in escandescenze.

Le citazioni

Gabbani ha questa sequenza di quattro versi davvero notevole: “La nebbia agli irti colli/ Dato il mortal sospiro/ Si sta come d’autunno/ Nei prati dell’emiro”. (E non escludo che “nei prati dell’emiro” sia una citazione che non riconosco, e non un verso originale come mi sembra). Mengoni risponde mettendo assieme in poche righe “Mi dici dove corri, John Rambo?” e “Santa Britney liberata”. Fedez, Tananai e Mara Sattei hanno un “Oktoberfest” che spunta completamente dal nulla, ma loro direbbero “out of the blue” perché suona sicuramente meglio. Il punto, infatti, è proprio questo: ciò che conta è il suono. Così appaiono Hawaii, cinque garçons, Hendrix, Goddamn, vado down, Stratocaster, Dorian Gray, Spock, Bubble spesso in veri e propri calembour. I più arditi sono capaci, naturalmente, di far rimare il termine inglese con una parola italiana troncando le finali debitamente. (In questa pratica la pronuncia scorretta giova molto). 

Lo spagnolo

Lontani gli anni d’oro di Álvaro Soler, lo spagnolo, lingua eletta per eccellenza della canzone estiva, quest’anno segna un po’ il passo. Si registrano un “hablando” e un “no duri nada” di Paki, forse più per riflesso di binge watching di Narcos che per altro. C’è un “bailando el toro loco” infilato da Rocco Hunt, Elettra Lamborghini e Lola Índigo, ma l’unico ricordo di cos’era anche solo l’anno scorso lo offre Anna con la sua Gasolina (Sto fumando gasolina, gasolina de verdad/ Oh, chico/ Pa-pa-pa-para prima la brega (la brega, la brega)/ fino all’apoteosi di Dame más gasolina, baby/ Sarò sul palco all night/ E non me ne frega nada más/ La mia cerchia non la passi più/ Odio tutti quelli come te/ Che non mostrano mai gratitud). 

I temi classici

Dopo l’abbuffata delle ultime estati si segnalano meno nomi di cocktail (c’è giusto un “vino” in “Bolero” di Mika e Baby K) e anche meno disperazione per bizze di telefoni che non prendono o si scaricano o non riescano a geolocalizzare per bene (solo un “Mando mille messaggi” di Rocco Hunt). Mentre resistono tutti i temi classici: “Facciamo tardi questa sera”, “Ballo anche se arriva il temporale”, “Mare malinconia”. Resistono naturalmente le storie d’amore e la malinconia al centro pure di quella che, dovessi decidere io, vincerebbe la gara, “Litoranea” di Elisa e Matilda de Angelis.


Arnaldo Greco

Nasce a Caserta e vive a Milano, dove lavora per la tv. Ha scritto per Il Venerdì, IL, Rivista Studio, Il Post, Il Mattino.

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