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Narrazioni

Il bisogno di autenticità che unisce l’Europa

L’autenticità nel racconto audiovisivo, sia esso biografico o investigativo, non è più una questione di fedeltà ai fatti. Per incontrare il favore del pubblico, oggi la narrazione deve saper evitare i cliché e giocare con la storia per stimolare l’identificazione dello spettatore.

Nominato in continuazione da produttori e sceneggiatori, il tema della ricerca dell’autenticità ha letteralmente tenuto banco negli ultimi mesi, rimbalzando di mercato audiovisivo in mercato audiovisivo, dai London Screenings di febbraio fino al Miptv di aprile 2024. Si tratta di una tendenza che aveva già iniziato a fare capolino all’inizio del 2020, ma con la successiva diffusione del Covid-19 il pubblico aveva fatto subito marcia indietro, alla ricerca di storie che permettessero solo evasione, svago, mero intrattenimento. Ora si torna invece a chiedere all’audiovisivo di colmare un sempre crescente bisogno di autenticità e sincerità. Solo scavando nei fatti e nel materiale dell’esperienza, infatti, si può generare fiducia e, conseguentemente, coinvolgimento nell’odierno spettatore.

Le strade che portano all’autenticità

Le modalità con cui può essere perseguita la ricerca dell’autenticità in ambito audiovisivo sono molteplici, ma, provando a restare esclusivamente nell’alveo della fiction, la più immediata consiste di sicuro nella riscoperta di quei generi che da sempre hanno fatto delle storie vere il proprio assunto sostanziale: biografico e true crime. Detta così, la cosa potrebbe anche sembrare scontata, ma a non farla apparire tale è la modalità con cui si sceglie oggi di rielaborare tali generi.

Partiamo dal biografico: a livello europeo, il genere sta guadagnando crescente popolarità. Tra debutti dell’ultima stagione e progetti ancora in cantiere, si assiste a un aumento dei titoli di fiction incentrati sulla vita di individui noti, con una grande differenza rispetto al passato, che si sta rivelando anche il maggior punto di forza di questo genere. Per generare autenticità, infatti, non è più sufficiente raccontare per intero la vita di un personaggio famoso, perché questo lo porrebbe su un piedistallo e genererebbe distanza rispetto al pubblico, ma è necessario sviluppare una narrazione che, concentrandosi su un singolo episodio della sua vita o su alcuni aspetti del suo vissuto personale, riesca colpire una corda universale e a collocarlo sullo stesso livello “umano” dello spettatore, il quale, a suo modo, ha affrontato sfide, emozioni e situazioni simili.

È stata questa, ad esempio, la chiave del recente successo di Maxima, serie olandese incentrata sulla storia d’amore tra Maxima Zorreguieta e il principe Willem-Alexander. Piuttosto che raccontare il punto di vista dei futuri sovrani d’Olanda, la serie si concentra sulla narrazione di due giovani ventenni che affrontano le sfide tipiche della loro età e scoprono il vero amore mentre cercano di trovare il proprio posto nel mondo, esattamente come è accaduto a tutti almeno una volta nella vita. Sposando questa linea, i caratteri della vicenda sono stati resi universali e non stupisce che la premiere della serie abbia ottenuto il record di visualizzazioni per una fiction nazionale sul servizio streaming olandese Videoland, per il quale era stata appositamente creata. Come se non bastasse, la serie è stata lanciata lo stesso giorno anche sul canale lineare RTL4, superando di circa dieci punti percentuali gli standard di rete in Prime Time, confermando la sua capacità di rivolgersi a un pubblico estremamente eterogeneo.

Per risultare autentici e generare partecipazione nello spettatore bisogna restituire la complessità dei protagonisti, che sono in prima istanza esseri umani dotati di mille sfaccettature, anche quando sono dei criminali. È attraverso le contraddizioni, infatti, che si delinea la sincerità del racconto.

Lo stesso principio è anche alla base della serie di prossima uscita Hanno ucciso l’uomo ragno: la vera storia degli 883, diretta da Sydney Sibilia per Sky Italia. Qui, prima di trovarci di fronte al gruppo pop italiano icona degli anni ‘90 che ha segnato un’intera generazione, assistiamo alle vicissitudini di due perdenti, di due compagni di liceo “un po’ sfigati” che sognano di diventare famosi con la propria musica per dimostrare il proprio valore. E a riguardo si potrebbero citare ancora numerosi esempi. In Becoming Karl Lagerfeld di Disney+ abbiamo sì a che fare con il celebre stilista, ma soprattutto con la storia di una lunga e profonda amicizia poi interrotta, quella con Yves Saint-Laurent, a causa di tradimenti e gelosie. Ancora, in Miss Fallaci di Paramount non è la nota scrittrice a essere ritratta, ma piuttosto la giovane e ambiziosa giornalista agli albori della sua carriera, la quale si trova a dover dimostrare la propria intelligenza e competenza in un ambiente profondamente maschilista.

E come non citare Supersex, la serie biografica di maggior impatto del 2024. Dietro a Rocco Siffredi c’è Rocco Tano, un bambino cresciuto nel desiderio di approvazione materna. La serie evita il cliché del pornodivo per esplorare il processo di formazione e le crisi esistenziali di un ragazzo come tanti, che anche dopo essere diventato una celebrità non riesce a liberarsi dei propri fantasmi, dei modelli di riferimento errati su cui ha costruito la sua identità, dei conflitti familiari irrisolti che lo perseguitano dall’infanzia. Si tratta di problemi esistenziali con cui la maggior parte degli individui è chiamata a fare i conti a un certo punto della propria vita e che, a pochi giorni dall’uscita in streaming, hanno permesso a Supersex di posizionarsi al terzo posto nella classifica settimanale delle serie non in lingua inglese più viste su Netflix.

Autentica ambiguità

Parallelamente al biografico, l’altro genere che fa delle storie vere il proprio nucleo fondamentale è il true crime. La febbre per titoli basati su fatti di cronaca è letteralmente esplosa tra la fine del 2023 e questo inizio 2024, passando dall’unscripted e dal mondo dei podcast fino a contagiare anche la fiction originale. Il successo di questi prodotti nel perseguire l’autenticità risiede soprattutto nella loro ambivalenza: l’essere cioè estremamente local, in quanto frutto, conseguenza ed espressione di un determinato sistema socio-culturale, e al contempo estremamente global, in quanto indagine catartica di pulsioni che albergano da sempre nell’individuo a livello universale. Ma prendere spunto da un fatto di cronaca non è più sufficiente per perseguire l’autenticità.

Per risultare davvero autentici e generare partecipazione nello spettatore bisogna evitare di cadere nello stereotipo identitario del “mostro” e della “vittima innocente”, restituendo invece tutta la complessità dei protagonisti, che sono in prima istanza esseri umani e, come tali, dotati di mille sfaccettature e sfumature diverse, anche quando sono dei criminali. È anche attraverso le contraddizioni, infatti, che si delinea la sincerità del racconto.

Questi aspetti hanno contribuito al successo dei più recenti true crime europei, come Samber. In questa serie francese, prodotta da France Television, viene raccontato come uno stupratore seriale, che ha agito indisturbato per trent’anni, nella vita di tutti i giorni fosse un individuo al di sopra di ogni sospetto, stimato dalla comunità, padre di famiglia e marito amorevole, collega premuroso e punto di riferimento per la squadra di giovani ragazzi che allenava. Un’ambiguità simile caratterizza il titolo inglese A Cruel Love: The Ruth Ellis Story, miniserie sull’ultima donna impiccata nel Regno Unito nel 1955 per aver ucciso il suo amante. Qui la figura della vittima si delinea a poco a poco attraverso le indagini dell’avvocato difensore, finendo per risultare ben lontana dallo stereotipo del povero innocente fino a rivelarsi un uomo violento e pericoloso. Allo stesso modo la protagonista, pur dichiarandosi sempre colpevole, appare tutt’altro che un mostro a sangue freddo.

Non c’è più l’eroe positivo, senza macchia e senza paura, così come gli anti eroi non sono più identificabili esclusivamente attraverso i loro aspetti negativi. Pena il distacco dello spettatore, che riconoscendo la finzionalità, potrebbe interrompere il processo di immedesimazione.

Che lo spunto risieda in storie vere e fatti di cronaca o che si tratti di pura fiction, quello che appare chiaro è che l’autenticità passa soprattutto attraverso la sincerità nella costruzione dei personaggi, che non sono più solo bianchi o neri, ma mostrano tutte le scale del grigio. Possiedono ambiguità, complessità, sfumature e da queste traggono spessore. Si cerca di evitare il ricorso allo stereotipo, che appiattisce i personaggi uniformandoli a uno standard senza riflettere la complessità della loro umanità. Non c’è più l’eroe positivo, senza macchia e senza paura, così come gli anti eroi non sono più identificabili esclusivamente attraverso i loro aspetti negativi. Pena il distacco dello spettatore, che riconoscendo la finzionalità, potrebbe interrompere il processo di immedesimazione.

L’impatto sociale dell’autenticità

Quando persegue l’autenticità di storie e personaggi, una fiction può diventare in alcuni casi più forte della stessa realtà da cui ha preso spunto e influenzarla a sua volta. Esistono diversi casi recenti di circoli virtuosi in cui un drama ha finito per esercitare un impatto notevole al di fuori dello schermo, generando cambiamenti e modificando situazioni politiche e sociali.

Samber, per esempio, oltre a essere risultato uno dei titoli più visti di France Television, con quattro milioni di spettatori per episodio sul canale lineare e sette milioni di visualizzazioni in un solo mese sul relativo servizio VOD, è anche riuscita a far interrogare la società francese sulla necessità di alcune riforme in ambito investigativo e giudiziario. Ma il caso più eclatante è sicuramente  quello rappresentato da Mr Bates vs. The Post Office, imperniato sul più grande errore giudiziario nella storia britannica. Non soltanto la miniserie è diventata il dramma più visto del canale inglese ITV in oltre un decennio, superando il lancio di Downton Abbey nel 2010 e raggiungendo una media cumulata di 9,8 milioni di spettatori per episodio, ma ha persino spinto il Primo Ministro britannico Rishi Sunak a introdurre una legislazione apposita per scagionare e risarcire rapidamente le vittime. 

Alla luce di un così grande riscontro, ITV ha scelto di farsi nuovamente portavoce di una battaglia legale mettendo in cantiere per la prossima stagione un progetto ancora senza titolo sullo scandalo del sangue che ha avuto luogo tra gli anni ‘70 ed ‘80 in Gran Bretagna e che è passato alla storia come il più grande scandalo sanitario nella storia del Paese. In quel periodo, infatti, più di 3600 persone affette da emofilia e da altri disturbi del sangue sono state contaminate da HIV ed epatite C a causa di trasfusioni di sangue infetto. La miniserie, che prenderà in esame ciò che medici, politici e gigantesche aziende farmaceutiche sapevano allora sul rischio e sui torti che si sono protratti per oltre mezzo secolo, è già in fase di scrittura anche se non vi è ancora nessuna casa di produzione alle spalle. Una pratica abbastanza inusuale in Gran Bretagna, che tuttavia denota quanto fermamente ITV creda nel progetto.

Tutti questi titoli dimostrano l’enorme valore che viene attribuito oggi all’autenticità, non solo sul piano narrativo, ma soprattutto su quello sociale. L’autenticità non è più dunque solo un trend di stagione o un modello ispiratore per la costruzione di storie, ma una vera e propria chiave interpretativa della realtà che ci circonda. Specialmente ora, in un’epoca in cui l’individuo non riesce più a controllare quello che gli accade intorno, in cui la vita pubblica ed economica appare sempre più difficile, le minacce belliche e ambientali si fanno sempre più pressanti e distopiche e si cercano risposte che non arrivano, solo l’enorme potere ordinativo dell’autenticità sembra essere ancora in grado di generare conforto e fiducia.


Sarah Rezakhan

Specializzata in semiotica e iconografia dei media, ha pubblicato diversi saggi su riviste specializzate e dal 2008 lavora presso l’Osservatorio Internazionale Mediaset come analista di mercati televisivi internazionali.

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