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Come nel 2022 la Russia è rimasta cinematograficamente al buio

Era l’industria che meglio aveva reagito alla pandemia, il sesto Paese per incassi e il primo in Europa per biglietti staccati, con decine di autori adorati dai festival. E ora, con la guerra, è tutto fermo.

Quando la guerra è partita, e più nello specifico quando gli Stati Uniti hanno ufficializzato il loro boicottaggio, la fornitura di film stranieri alle sale russe non si è fermata: si è spenta. Da anni i film non si distribuiscono più in pellicola, da nessuna parte, ma con dischi rigidi e file. I proiettori, collegati a internet, possono farli partire solo attraverso chiavi denominate Kdm. Inserisci la chiave Kdm (una versione più sofisticata e complicata di una password) e il film parte, non la inserisci e con quel disco rigido non puoi fare niente. È una misura di sicurezza che garantisce a chi il film l’ha fatto che sarà proiettato solo per i singoli spettacoli e non privatamente, o per essere piratato. Così quando è partito il boicottaggio è bastato tagliare l’invio di nuove Kdm. I film più grandi che stavano per arrivare, come The Batman, sono saltati, con buona pace delle sale (circa 2.000) che avevano riservato tutti gli slot più importanti per quegli spettacoli, mentre quelli già in programma da qualche settimana, come Licorice Pizza o Uncharted, sono stati proiettati fino a che non sono scadute le loro Kdm.

A oggi, quattro mesi dopo, l’industria del cinema russo testimonia un boicottaggio su tutta la linea, forse anche più netto e inappellabile (e dannoso, almeno per l’industria stessa) di quelli in altri ambiti. Finiti i film indipendenti i cui contratti di distribuzione erano stati firmati prima della guerra, sfumato il piano di acquistare i film tramite conti in banche cinesi (è stato tentato anche quello), finite le scorte di Kdm, finito tutto, i cinema devono capire cosa programmare per non morire. A differenza di altri settori, infatti, l’industria del cinema in Russia è dipendente dall’estero per hardware e software, cioè per l’attrezzatura tecnica e per i contenuti. In particolare, per le sale il cinema americano rappresenta il 70% del box office annuale, una cifra molto superiore alla media europea (dove oscilla tra il 40% e il 50%). Non c’è niente che possa sostituire questi film, di certo non i grandi successi del cinema russo degli ultimi anni, che è ciò che le sale, disperate, hanno programmato nelle prime settimane di vuoto. Perché Hollywood riforniva la Russia a tutti i livelli, dai blockbuster fino ai film per bambini.

Espansione fermata

Si affievolisce così quello che era il sesto mercato cinematografico del mondo per incassi (dopo Francia, Giappone, Regno Unito, Cina e Nord America) con un miliardo di dollari incassati nel 2019, e il primo in Europa per numero di biglietti, duecento milioni l’anno, così vitale e in crescita da aver dimostrato una gran capacità di reagire all’impatto della pandemia. I biglietti staccati nel 2021 sono stati circa 160 milioni. L’esercizio cinematografico russo era stato tra quelli che meglio avevano rimbalzato alla riapertura, con un +60% rispetto al 2020, numeri anche migliori dei francesi che guidano sempre questo tipo di classifiche. Un mercato in costante espansione troncato di netto. Certo, ci sarebbe il cinema commerciale russo (dotato di commedie, film di guerra, azione e anche supereroi locali), in crescita negli ultimi anni, ma non ancora in grado di reggere una fetta davvero importante del botteghino sulle proprie spalle, come ha dimostrato di saper fare per esempio quello cinese.

Per le sale russe il cinema americano rappresenta il 70% del box office annuale, una cifra molto superiore alla media europea. Non c’è niente che possa sostituire questi film, certo non i successi del cinema russo degli ultimi anni, che è ciò che le sale, disperate, hanno programmato nelle prime settimane di vuoto. Perché Hollywood riforniva la Russia a tutti i livelli, dai blockbuster fino ai film per bambini.

Ma non è solo la fine della distribuzione americana a minacciare le sale. Il boicottaggio funziona a tutti i livelli, il crollo del rublo ha fatto schizzare i prezzi dei pezzi di ricambio per proiettori, anche dell’80% per le lampadine (la parte più importante e che si cambia più spesso di un proiettore), senza contare che alcune componenti proprio non arrivano più. Nella convention europea degli esercenti Unic Cinema Days di Bruxelles si è stimato che il 50% degli schermi russi potrebbero non avere lampadine per far funzionare i proiettori (i moderni proiettori al laser sarebbero una soluzione, ma è una tecnologia la cui penetrazione nel mercato russo è molto scarsa). E se la Russia soffre la Bielorussia si dichiara (in un pezzo di Screen International) morta: zero possibilità di sopravvivenza subendo le medesime sanzioni. Non meraviglia quindi che i Paesi parte della Comunità di Stati Indipendenti (nazioni grandi come Kazakistan o Tagikistan), che orbitavano intorno alla Russia per la ricezione di film (il meccanismo era che Mosca acquistava i diritti dei film, li doppiava con il caratteristico voice over russo e poi li rivendeva a loro singolarmente) stiano cogliendo la palla al balzo per diventare finalmente indipendenti. Poco dopo la partenza del boicottaggio, il ministro di cultura e sport kazako ha dichiarato pubblicamente la volontà di svincolarsi nella distribuzione di film stranieri, e soprattutto finalmente doppiarli nelle singole lingue nazionali.

Tuttavia è vero anche il contrario. Come detto, la Russia è il sesto mercato più grande del mondo per incassi, e l’America l’ha perso probabilmente per molti anni. Cosa a cui va aggiunta la stretta nella distribuzione di film stranieri avvenuta in Cina. Di colpo la circolazione mondiale dei film di Hollywood è crollata. O almeno la circolazione legale, perché i film saranno comunque sempre visibili nel circuito illegale, specialmente in Russia, madre di molta della pirateria mondiale. Nonostante negli ultimi anni si fossero visti sforzi concreti e reali per diminuire l’impatto del mercato nero del cinema, questo blocco non farà che creare una recrudescenza (anche da noi molti dei siti pirata più affidabili sono russi).

Cercare altrove

L’unica alternativa, per quanto sembri strano, è il cinema di Bollywood, che in Russia ha sempre avuto una sua penetrazione. Non fortissima ma comunque presente. Adesso che manca prodotto americano un blockbuster attesissimo come RRR di S S. Rajamouli (regista diventato uno dei più importanti e amati con il dittico fantasy/epico/romantico/action Bahubali e Bahubali 2) ha visto incassi superiori alle aspettative. È un film gigantesco: in India il film ha avuto un successo immenso (è uscito a marzo ed è già il quarto film dal maggior incasso di sempre) e i numeri del botteghino russo sono significativi. Non grandissimi ma maggiori del solito, con una distribuzione in 119 schermi (secondo boxofficemojo, ma sappiamo che i dati dalla Russia non sono di facile reperimento e hanno scarsa affidabilità). 

Quella sete di grandissimo spettacolo che il cinema americano ha creato e soddisfatto per anni, e a cui il cinema nazionale non è in grado di rispondere con uguale forza e costanza (specie visti i problemi del rublo), potrebbe essere tamponata in parte da Bollywood, quindi, almeno per la parte della Russia più vicina ai territori indiani. E di certo la distribuzione internazionale di film russi per i prossimi anni sarà un problema non da poco. La prima decisione (in ordine di tempo) l’hanno dovuta prendere i festival internazionali: non si invitano più né si proiettano i film di cineasti che appoggiano lo stato o si fanno finanziare dallo stato. Venezia e Cannes hanno diffuso un comunicato stampa a pochi giorni l’uno dall’altro e insieme hanno dettato la linea per tutti. Come sempre i cineasti ucraini chiedono di più (boicottaggio totale, anche del cinema indipendente russo) e i russi di meno (molti non sono d’accordo con il regime ma si fanno comunque finanziare i film dallo stato).

Altri Paesi stanno cogliendo la palla al balzo per diventare finalmente indipendenti. Poco dopo la partenza del boicottaggio, il ministro di cultura e sport kazako ha dichiarato pubblicamente la volontà di svincolarsi nella distribuzione di film stranieri, e soprattutto finalmente doppiarli nelle singole lingue nazionali. Un centro di potere e influenza culturale russa, tramite la lingua, perso per sempre.

Di fatto al Festival di Cannes 2022 è stato bene accolto (e in concorso!) Kirill Serebrennikov, da sempre oppositore di Putin, per qualche anno anche costretto agli arresti domiciliari, che l’anno scorso ha girato un film sulla moglie di Tchaikovsky con fondi francesi, svizzeri e russi (ma di certo non statali). Questo che sembra un affare da poco è in realtà un danno fortissimo. Il cinema commerciale russo gira poco al di fuori della Russia e dei Paesi satellite (come del resto il cinema commerciale italiano) e solo il cinema d’autore è quello effettivamente comprato e venduto all’estero (come del resto il cinema d’autore italiano). I nomi e i titoli possono essere poco noti, ma i film si vendono anche in 50 o 70 Paesi se sono presi in concorso a un festival maggiore (per non dire se vincono, e qualche volta accade). Un’economia su cui si reggono società di vendita che ora non vendono un bel niente. E si aggiunge il danno culturale. 

Mobilitazione ucraina

Per l’industria del cinema ucraina la storia è completamente diversa: loro sono mobilitati, effettivamente in guerra. Oltre al cinema locale, in Ucraina esisteva una fiorente industria di videoclip, e molti gruppi anche grandi andavano a girare lì. I produttori e gli assistenti alla regia più forti sono diventati fixer, cioè le persone a cui gli stranieri si appoggiano per venire a girare in loco. Accompagnano documentaristi o troupe televisive, fanno da interprete, consigliano maestranze e risolvono problemi locali. Ma tutta l’industria è mobilitata, come racconta un ampio reportage di Robbie Fraser: ci sono gli scenografi dei videoclip dei Muse che fanno da autisti, ci sono sarti e costumisti che cuciono uniformi, altri che producono materiale da guerriglia, dai cavalli di frisia fino alle molotov (alcuni dei reparti di effetti speciali sono particolarmente rapidi nel farle).

In Russia invece la guerra è lontana, non c’è una vera mobilitazione civile e il cinema in un certo senso ancora si fa. Ma se i film russi finanziati dallo stato fatti e finiti saranno invisibili (selezionatori di Locarno e Venezia hanno raccontato di aver entrambi visionato un film, lo stesso, bellissimo, da un autore noto, che tuttavia ha il marchio dello stato bello grosso sui titoli di testa e quindi è impossibile da prendere), i nuovi con grande difficoltà accederanno ai fondi europei, ai laboratori internazionali e a tutte quelle forme di agevolazione che aiutano il cinema d’autore a esistere. Anche un produttore indipendente europeo che volesse investire in una produzione russa non potrebbe per via delle sanzioni bancarie (senza contare che non potendo i film andare ai festival, luogo in cui acquistano un valore, sarebbe un investimento folle). I nomi maggiori troveranno come farsi produrre film all’estero, ma di fatto, pur essendo russi, pur scrivendosi i loro film e magari anche girandoli in russo, non saranno più film russi, espressione dell’industria del cinema russo, ma saranno francesi, inglesi, spagnoli, tedeschi…


Gabriele Niola

Giornalista e critico di cinema, videogiochi e webserie, è stato selezionatore della sezione Extra del Festival del Film di Roma e per il Taormina Film Fest. Scrive per MyMovies, BadTaste, Wired, Leggo, Fanpage e i 400calci.

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