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Sicilia, l’isola del selfie appeal

Dal cinema alle serie di Hbo, e poi le stories di Instagram e le vacanze degli influencer. Tutti pazzi per l’isola italiana – o, meglio, per l’identità che, immagine dopo immagine, si è incrostata sulla sua realtà.

Passeggiando per la via centrale di Noto, corso Vittorio Emanuele, si incontrano una dozzina di locandine appese per i muri degli antichi palazzi barocchi. L’avventura di Michelangelo Antonioni, Viva l’Italia di Roberto Rossellini, Cavalleria rusticana di Carmine Gallone, Il viaggio di Vittorio De Sica, Arriva la bufera di Daniele Luchetti, e altri ancora. C’è anche un poster della serie televisiva Hbo del 2022, The White Lotus, che con i film elencati ha in comune una cosa, la location. La scelta del comune di affiggere manifesti che celebrano la storia e le rappresentazioni del luogo è sensata: chiunque, camminando per la bellezza accecante di quel lungo viale, si ferma a scattare una foto sulla grande scalinata del Duomo. Chiunque, percorrendo le vie in salita della cittadina barocca, vorrebbe immortalarsi come una diva del cinema di Antonioni, e non è un desiderio limitato a quel luogo, in un fenomeno che lega il racconto della Sicilia, cinematografico, mitologico, estetico, e l’esigenza contemporanea di inserirsi al suo interno con gli strumenti di narrazione quotidiana di cui disponiamo tutti. È il turismo del selfie, della sindrome di Stendhal quantificabile in metriche di approvazione simbolica. È la mutazione del rapporto tra immagine e realtà, che ora subisce una sterzata esponenziale, grazie a un volo low cost

You stole my Dolce Vita lifestyle 

Nella terza stagione di The Kardashians, il seguito targato Disney+ della storica docu-reality Al passo con i Kardashian, non succede assolutamente niente. Il programma cerca disperatamente appigli narrativi per dare un senso alla rappresentazione in palette della vita tardo-imperiale delle sorelle più note d’America. Il solo momento di vera azione, nonché l’unico prontamente trasformato in meme, è stato quello della supposta lite tra le due sorelle maggiori, Kim e Kourtney. L’oggetto della disputa è difficile da indicare perché il dibattito verte sulla metafisica: a chi, tra le due, spetta l’attribuzione del mooddolce vita lifestyle”? Kourtney ha sposato il batterista dei Blink 182, Travis Parker, in un matrimonio a Portofino diretto nientemeno che da Dolce e Gabbana. Kim, accusata di aver trafugato idee dal moodboard dello sposalizio di Kourtney, accetta un’importante collaborazione con lo stesso brand. In ordine cronologico, la prima a intercettare questa visione estetica basata su pizzo, croci, grossi occhiali e distillati di sicilianità pare sia stata Kourtney. Eppure, come nota Kim, lei ha organizzato il suo matrimonio con Kanye West a Firenze ben prima della sorella maggiore, e il suo cantante preferito è Andrea Bocelli: “You copied my dolce vita lifestyle”, replica Kim alle accuse di Kourtney. Che l’Italia sia una location a cielo aperto per i matrimoni stranieri non è una novità – pensiamo al set delle ultime puntate della terza stagione di Succession – e già Goethe in tempi non sospetti aveva elogiato i nostri panorami. Il dettaglio interessante della querelle intestina ai  Kardashian è che se l’Italia di per sé attira avventori desiderosi di poter vivere un pezzo della dolce vita, la Sicilia e le sue emanazioni estetiche sono diventate uno spin-off dell’esperienza vacanziera pizza, spaghetti e mandolino. Che attira l’attenzione straniera e quella interna: in termini di stereotipi e di attrattive vacanziere, la Sicilia sta all’Italia come l’Italia sta al mondo. Quel set di simboli che compone il modello D&G, difatti, è la sintesi di italianità per le Kardashian ma anche una puntata di Montalbano. Ed è nel suo iper-simbolismo che prolifera il suo sex appeal – o selfie appeal.

L’isola dei figli unici

Per tutto il Novecento, prima che gli smartphone prendessero il sopravvento e l’iconografia collettiva si costruisse tramite i moodboard su Instagram, era la macchina da presa il punto di vista privilegiato dell’uomo sul mondo. Non servono le locandine dei film storici lungo la via centrale di un centro molto frequentato dai turisti per capire quanto forte sia il legame tra la Sicilia e il cinema. Per averlo ospitato, e anche per averne fatto un veicolo di espansione e di prestigio culturale. La serie tv italiana più vista nel mondo è ambientata in un paese fittizio della costa orientale siciliana e il suo protagonista parla una lingua inventata dallo scrittore che ha ideato tutto. Il commissario Montalbano, e il multiverso vigatese che Andrea Camilleri ha creato con la sua serie di libri, è forse l’esempio più emblematico di questa sicilianità fatta di immagini e suoni che, più che esistere nella realtà, hanno luogo in una dimensione astratta che mescola verità con finzione; come in un film, appunto. Esistono altri luoghi in Italia che vantano un livello di rappresentazione pari o più alto di quello dell’isola, ma non è insolito né raro che siano dei non-siciliani a parlare la sua lingua, cosa che succede ben più di rado con il napoletano o il romano. La lingua di Marcello Mastroianni in Divorzio all’italiana o di Stefania Sandrelli in Sedotta e abbandonata, due pellicole simbolo dell’immaginario cinematografico siculo, dirette da un genovese, esiste solo all’interno della rappresentazione audiovisiva. Luoghi e suoni creano un’alternativa alla realtà linguistica, molto più frammentata e diversificata. Eppure, anche questa è una versione verosimile della Sicilia. 

Se l’Italia attira avventori desiderosi di vivere un pezzo della dolce vita, la Sicilia e le sue emanazioni estetiche sono diventate uno spin-off dell’esperienza vacanziera pizza, spaghetti e mandolino. In termini di stereotipi e di attrattive vacanziere, la Sicilia sta all’Italia come l’Italia sta al mondo.

Quella del Gattopardo, nobiliare e decaduta, quella delle isole Eolie di Nanni Moretti in Caro diario, o quella dei due registi Ciprì e Maresco che, con la loro visione cinica, appunto, rimestano nel fondo dell’umanità ma anche dei paesaggi scarni e aridi ai confini della realtà – da non dimenticare i loro documentari sul cinema siciliano, Enzo, domani a Palermo! e Come inguaiammo il cinema siciliano. Da Visconti a De Seta, da Bellocchio a Coppola, passando per Wenders e per le recenti riprese dell’ultimo capitolo di Indiana Jones, il cinema ha creato un’isola all’interno dell’isola, dove le distanze sono eliminate e la sintesi crea una dimensione fittizia in cui, caso per caso, ciascun autoctono si può riconoscere, essendo composita. E da fuori, oltre lo stretto, chiunque può desiderarne un pezzo.

Le avventure di Guglielmo Scuotilancia

La stagione 2022-23, dal punto di vista della produzione di immaginario siculo-cinematografico, è stato un annus mirabilis. A cominciare proprio dalla produzione Hbo che ha spaziato tra Taormina, Noto e Palermo, lanciando Sabrina Impacciatore nel firmamento delle star internazionali. The Bad Guy, altra serie ambientata in Sicilia, è uscita per Prime alla fine del 2022, riscuotendo anche un involontario spot da parte di Matteo Salvini che l’ha accusata di gettare cattiva luce sul suo recente cavallo di battaglia, il ponte sullo stretto di Messina, per una scena in cui una versione fittizia della possente infrastruttura crolla. Non solo set cinematografico, la Trinacria è storicamente anche un ottimo campo di battaglia elettorale. Tra il 2022 e il 2023 sono poi usciti Stranizza d’amuri, di Beppe Fiorello, La stranezza, con Toni Servillo nei panni di Pirandello, I pionieri, di Luca Scivoletto e la commedia di Matteo Pilati L’estate più calda. Non poco per una sola regione, meglio della pro loco. 

Alcuni content creator americani hanno lanciato il trend delle lamentele per la delusione nello scoprire che l’Italia in estate non è quell’idillio targato D&G fatto di limoni e bruschette che si aspettavano. Ma gli americani vivono in un universo hollywoodiano, la delusione sul parco a tema Italia ce l’aspettiamo.

Tra le produzioni ambientate in Sicilia, c’è anche La primavera della mia vita, interessante esperimento che ricorda vagamente lo spirito dei musicarelli anni Sessanta con Celentano e Morandi. Il duo Colapesce Dimartino, fresco di seconda partecipazione al Festival di Sanremo, ha debuttato come coppia di attori portando a un nuovo livello il sodalizio con il regista Zavvo Nicolosi, già autore dei loro videoclip, tutti girati in Sicilia con attori e mezzi del posto. “Credo esistano diverse ragioni dietro questa sorta di riarrangiamento continuo della vita, siamo da sempre un popolo di cantastorie che amplifica a dismisura gli avvenimenti, un po’ come il protagonista di Big Fish di Tim Burton. La verità ha sempre un confine labile in Sicilia. Così ogni cosa diviene gigantesca, incredibile e paradossale, vuoi per una voglia di evasione da una realtà storicamente spesso misera e soffocante, per ignoranza (quando non capisci una cosa te la inventi una spiegazione), superstizione, confabulazione, pensiero magico, semplice divertimento e soprattutto per un istinto istrionico innato nei suoi abitanti”, risponde Nicolosi alla mia domanda sul perché l’isola si presti così tanto al racconto nelle sue varie forme. La primavera della mia vita ruota attorno all’oscillamento costante tra verità e finzione che diventa una mitopoiesi collettiva, orale, visiva, ambigua. C’è persino Roberto Vecchioni che parla della presunta provenienza messinese di William Shakespeare. Nicolosi, nome noto nella galassia dei videoclip, con il collettivo Ground’s Oranges ha fatto di necessità virtù, sfruttando al massimo il luogo in cui poteva girare e facendo diventare la sua estetica fai-da-te – ma molto ricercata – uno stile riconoscibile e imitato. La parabola dall’amatorialità al cinema è un esempio perfetto del fatto che, anche se in Sicilia mancano gli strumenti produttivi, si può usare ciò che il posto offre spontaneamente e ambire ad avere comunque un ottimo risultato. “Ho puntato tutto su un aspetto che non ha a che fare con il denaro, cioè la composizione dell’immagine, per la quale basta fissare la camera in punto preciso in modo da avere in scena tutti gli elementi principali in un certo ordine estetico che ti fa percepire l’immagine a livello cerebrale come armonica e accattivante”, spiega. Gli elementi compositivi sono tutti là, serve un buon occhio che li assembli. 

Sedotti e abbandonati

Nell’estate del 2018, l’Italia ha avuto il suo royal-digital-wedding. Il matrimonio dei Ferragnez è stato il primo vero evento di massa veicolato da Instagram. Al centro del lieto evento, la location: Noto, i saluti del sindaco, i passanti che guardano i vip sporgersi dai balconi con le inferriate decorate in stile barocco. La madre di Chiara Ferragni, la scrittrice Marina Di Guardo, ha origini siciliane e l’imprenditrice digitale non perde occasione per ricordarlo, anche quando inciampa in una delle gaffe-social estive obbligatorie, eventi che sono veri e propri tagliandi della popolarità ai limiti del grottesco. Mentre la Sicilia brucia, Ferragni si immortala in una vacanza di gruppo alle Eolie: “A good Monday”, scrive, in un giorno che per l’isola non era stato affatto good. L’estate del 2023 ha visto la Sicilia bruciare in un modo inedito: non solo alberi, stabilimenti, colline; i cavi dell’elettricità sotto l’asfalto di Catania si sono fusi, provocando ripetuti black-out e tagliando l’acqua corrente a molti quartieri, mentre la temperatura superava i quaranta gradi. L’aeroporto Fontanarossa, il più trafficato, è stato chiuso per un incendio, trasformando le vacanze di migliaia di turisti in un viaggio infernale tra autobus, cancellazioni, dirottamenti e tempeste di cenere lavica che si sono aggiunte come spolverata di apocalisse sul disastro già servito. 

Alcuni content creator americani hanno lanciato il trend delle lamentele per la delusione nello scoprire che l’Italia in estate non è quell’idillio targato D&G fatto di limoni e bruschette che si aspettavano. Ma gli americani vivono in un universo hollywoodiano, la delusione sul parco a tema Italia ce l’aspettiamo. Il sogno che si è infranto questa estate, almeno in parte, è più local. È quello della vacanza in stile Vita lenta, pagina Instagram di grande successo che raccoglie immagini di panni stesi che svolazzano, vecchie donne che fanno la pasta in casa, paesaggi mediterranei, tutto quello che ci si aspetta, insomma, da un soggiorno estivo in Sicilia, in una versione digitale del mito del buon selvaggio. Il sociologo Marco D’Eramo, nel suo Il selfie del mondo, dice: “Il turista americano in Giappone va alla ricerca non tanto di ciò che è giapponese quanto di ciò che è giapponesizzante, di ciò che esprime giapponesità”. Il turismo come lo intendiamo nel mondo contemporaneo, con il trasporto low cost, è un turismo finalizzato alla ricerca di quello che D’Eramo definisce marker: “Un marker è quella freccia invisibile che indica un qualcosa e dice che quel qualcosa deve essere visitato”. La Sicilia è un gigantesco agglomerato di marker, di significanti che crescono così tanto da fagocitare i loro significati. Un immaginario costruito in modo trasversale da miti, cinema, spot volontari o involontari che richiamano il mondo esterno. La spinta che porta quasi cinque milioni di persone a visitarla porta con sé grandi occasioni, molti soldi, altrettanti set. Scriveva Fred Hirsch in The Social Limits to Growth che lo sviluppo ha un limite non perché le risorse siano limitate, ma perché è limitato l’uso sociale che se ne può fare. Quanto è larga la distanza tra ciò che è rappresentato, dall’alto o dal basso, dalla gente comune o dagli influencer, registi, politici, e la realtà? La risposta, probabilmente, non si trova cliccando sull’hashtag #siciliabedda.


Alice Valeria Oliveri

Autrice e musicista, si è laureata alla Sapienza in anglistica con una tesi di teoria della letteratura. Scrive su diverse testate online di cinema, tv, serie televisive, musica e attualità. Ha collaborato con Dude Mag, VICE, Noisey, Motherboard, Prismo, The Towner e The Vision, dove è stata redattrice.

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