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Narrazioni

Perché ci piace vedere soffrire i ricchi

Molte serie tv e film recenti, molti documentari e trend sui social, tengono al centro i super-ricchi, persone che vivono in un mondo diversissimo, e che amiamo vedere fallire, crollare e scannarsi.

Per spiegare perché ci piace vedere i ricchi soffrire, i tedeschi ricorrerebbero alla schadenfreude, il piacere provocato dalle sfortuna altrui, mentre gli anglofoni hanno inventato addirittura il genere eat-the-rich per categorizzare quei prodotti culturali in cui i ricconi non se la passano bene. In realtà, ci informa lo storico Adolphe Thiers, per l’espressione eat-the-rich dobbiamo ringraziare il discorso del Presidente della Comune di Parigi, Pierre Gaspard Chaumette: “Rousseau, anche lui un uomo del popolo, disse: Quando il popolo non avrà più da mangiare, allora mangerà i ricchi”. Secoli dopo, e ben oltre la rivoluzione, le parole del filosofo sono diventate sia una categoria culturale sia uno slogan sui social media, tanto da essere state urlate dai manifestanti dopo la morte di George Floyd nel 2020. Su TikTok, #eattherich ha attualmente oltre 889 milioni di visualizzazioni, e raggruppa video con giovanissimi che calcolano quante persone potrebbe salvare chi ha patrimoni come Bernard Arnault, o ipotizzano di boicottare le influencer che fatturano mostrando la loro “bella vita”. Non stupisce quindi che negli ultimi anni, e negli ultimi mesi, siano usciti diversi titoli, tra serie e film, che mettono alla berlina i ricchi. Basta pensare a Succession e The Crown, narrazioni al gusto di liti e sopraffazioni in famiglia, o i recenti The Menu e Triangle of Sadness, che, come Parasite, sono incentrati sul malessere e sul ribaltamento dei ruoli sociali.

Divario sociale 

Dopo la grande recessione del 2007 e la crisi del debito sovrano del 2011, nel 2020 una nuova crisi è seguita al crollo dei mercati in risposta alla pandemia, aumentando vertiginosamente il divario tra chi ha e chi non ha. Secondo l’indagine Oxfam del 2023 la disuguaglianza continua a crescere a livello mondiale: dal 2020 l’1% più ricco si è accaparrato quasi il doppio dell’incremento della ricchezza netta globale rispetto alla quota destinata al rimanente 99%. In pratica, nel biennio pandemico, l’1% ha visto crescere il valore patrimoniale di 26.000 miliardi raggiungendo il 63% della ricchezza (42.000 miliardi di dollari), quasi il doppio di ciò che è andato al 99% più povero, con il 37%. In pratica, sono aumentati contemporaneamente sia l’estrema povertà sia l’estrema ricchezza.

E non mancano neppure satire di più di ampio respiro come ogni capitolo di The White Lotus, dove i ricchi viziati e un po’ fuori dal mondo si incontrano e scontrano con le persone “normali”, o The Forgiven e I Came By di Netflix, entrambi sulle ricche élite intoccabili, come la nuova serie Riches di Amazon per cui vale il detto nomen omen.

L’industria creativa opera nel mercato delle idee e il successo dei prodotti dipende dalla capacità di anticipare i bisogni e intuire quali idee trovano una corrispondenza e quindi vendono. Il cinema, l’arte, la moda, sono tipicamente espressioni del loro tempo, nutrono e si nutrono della cultura pop come dei fenomeni storico-sociali. Basta pensare al successo della saga di 007 nel periodo della guerra fredda. Non stupisce, quindi, che il 2023 segni il picco delle narrazioni eat-the-rich. I cattivi delle recessioni sono i ricchi privilegiati e i figli di papà. 

Parodie e ispirazioni

Nel dicembre 2022, il comico Dave Chappelle ha presentato Elon Musk al Chase Center di San Francisco con le parole: “Signore e signori, fate un po’ di rumore per l’uomo più ricco del mondo”. Il risultato è stato che il miliardario è stato fischiato per dieci minuti di fila. Non basta essere visionari e filantropi se le condizioni di lavoro dei propri dipendenti non sono adeguate e opti per i licenziamenti in massa. Il neo-proprietario di Twitter sembra aver ispirato un personaggio di Glass Onion: A Knives Out Mystery. Nel film, il detective interpretato da Daniel Craig indaga su un omicidio sull’isola privata greca del miliardario dell’ambito tech Miles Bron. Bron, interpretato da Edward Norton, è un imprenditore sfacciato e un genio autoproclamato che ha fatto fortuna con diverse aziende e si diletta a confondere chi lo circonda con i suoi capricci e i suoi indovinelli. Insomma, le analogie si sprecano. Nella serie di Amazon Industry, invece, uno dei protagonisti sembrerebbe invece costruito sulla figura di Jeff Bezos, quanto meno l’attore Jay Duplass ha ammesso di essersi ispirato a lui per entrare nel personaggio. Il magnate di Amazon non è più l’uomo più ricco del mondo, ma su Tiktok molti utenti fanno i conti con la sua ricchezza, del resto la sua villa ha 25 bagni e una cantina solo per il whisky. Non c’è da meravigliarsi, quindi, che una parte della generazione digitale, quella che non ne è ammaliata, abbia sviluppato un senso di risentimento verso la ricchezza, come non stupisce che nelle writer’s room si punti molto su questo tema.

Tra le produzioni che trainano l’ondata eat-the-rich c’è sicuramente Succession. Nel drama Hbo un gruppo di fratelli miliardari competono tra loro per conquistare il favore del padre: un magnate dei media che in parte è re Lear e in parte Rupert Murdoch. Lo psicodramma della famiglia Roy per assicurarsi la successione si svolge in case enormi e super-yacht, su jet ed elicotteri, con i protagonisti sempre vestiti benissimo ma senza troppi loghi, che fanno provincia. Ai telespettatori non resta che comprare i popcorn e assistere alla guerra per il trono che procede senza risparmiare nessuno, né consanguinei né amanti, tra abusi, traumi e abbandoni, tutto per uno scarto di approvazione del patriarca. Un successo che, oltre a favorire altre serie simili, ha fatto parlare di Succession effect: da una parte per l’interesse verso le vere successioni familiari americane, dall’altra per tutti i trend legati alla serie. L’odi et amo per i ricchi si nutre infatti di fenomeni virali sui social per imitarne usi e costumi – e questo già accadeva ai tempi di Gossip girl – come dimostra lo spopolare di estetiche come il quiet luxury e l’old-money.

Tra le produzioni che trainano l’ondata eat-the-rich c’è sicuramente Succession. Nel drama Hbo un gruppo di fratelli miliardari competono tra loro per conquistare il favore del padre: un magnate dei media che in parte è re Lear e in parte Rupert Murdoch. Lo psicodramma della famiglia Roy per assicurarsi la successione si svolge in case enormi e super-yacht, su jet ed elicotteri, con i protagonisti sempre vestiti benissimo ma senza troppi loghi, che fanno provincia.

Il film The Menu è diretto dal produttore esecutivo di Succession Mark Mylod e ha come protagonista il boia-chef Julian Slowick, un inesorabilmente cupo Ralph Fiennes che orchestra una serata di punizioni tantaleane per i suoi avventori snob. Allo stesso modo, la palma d’oro a Cannes Triangle of Sadness di Ruben Östlund prova a lusingare il pubblico mettendo in difficoltà una serie di personaggi privilegiati. Sono modelli, influencer e magnati che dopo una cena nauseante naufragano e devono contare sulla “plebe” per sopravvivere sull’isola in cui sono approdati. E non mancano neppure satire di più di ampio respiro come ogni capitolo di The White Lotus, dove i ricchi viziati e un po’ fuori dal mondo si incontrano e scontrano con le persone “normali”, o The Forgiven e I Came By di Netflix, entrambi sulle ricche élite intoccabili, come la nuova serie Riches di Amazon per cui vale il detto nomen omen.

A differenza di altre narrazioni del passato che si sono occupate di trame eat-the-rich, basta citare The Woolf of Wall Street di Scorsese, o il reboot di Dynasty, ultimamente i cattivi sono visti in chiave cattiva, per davvero. Sono egoisti, venali, eticamente compromessi, senza scrupoli. Empatizzare diventa difficile. È più facile mettersi dalla parte di Davide che contrasta Golia, come dimostra Eat the Rich: la saga GameStop, incentrato sull’assurdo caso che ha sconvolto il sistema borsistico americano nel 2021. La miniserie in tre episodi racconta l’azione di un gruppo di millennial che si mobilitano online tra Reddit e TikTok per salvare l’amato GameStop dalle grinfie dei potenti di Wall Street. E questo boom non riguarda solo i contenuti video: uno degli ultimi casi letterari di Harper Collins, Come uccidere la tua famiglia di Bella Mackie, è una satira sulle famiglie disfunzionali e sui privilegi di classe. La storia si concentra sulla vendetta della figlia illegittima – e ignorata – di un noto milionario che decide di uccidere i suoi parenti. Cosa si nasconde dunque dietro il piacere di veder soffrire i ricchi? Non è solo invidia, ma l’innegabile bisogno di rivalsa sociale tipico soprattutto di Gen Y e Z.

Parliamo di generazioni le cui aspirazioni e possibilità sono solitamente accompagnate dall’aggettivo “precario”: la crisi del lavoro e delle relazioni. Per ventenni e trentenni il grafico economico è generalmente in discesa, con almeno due crisi alle spalle i giovani si preparano a una terza recessione. Per non parlare del riscaldamento globale e dei focolai bellici in ogni dove: se il mondo è in fiamme è difficile empatizzare con le Kardashian quando non sanno affettare un cetriolo o si spalmano una crema costosissima mentre discutono di finti problemi. E questo spiegherebbe perché costituisce uno sfogo vedere un vip accapigliarsi per un gamberetto o vedere un ultramiliardario messo in ridicolo su internet.


Lucia Antista

Giornalista pubblicista, scrive di cultura, arte e fenomeni digitali per diverse testate, tra cui Lampoon, Siamo Mine, Artribune e Artslife. Come autrice televisiva ha lavorato per i programmi di La7 e del gruppo Class editori.

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