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Le tecnologie del metaverso e il loro significato

Si parla un sacco di metaverso, ma capita poco di riflettere sugli strumenti e i protocolli tecnologici che lo rendono possibile, e che cambiano a seconda delle definizioni e delle sue molte, feconde ma ancora incerte articolazioni. Scaviamo un po’.

“Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca d’Auge salì in cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la situazione storica. La trovò poco chiara. Resti del passato alla rinfusa si trascinavano ancora qua e là”.

Raymond Queneau, Les fleurs bleues (1965)

Non esiste una definizione univoca di metaverso, e questo rende più complesso capire quali sono le basi e gli ambiti tecnologici che concorrono a definirlo. Tuttavia, è possibile individuare almeno tre definizioni che permettono di indicare con chiarezza lo spettro delle tecnologie utilizzate per crearlo.

Metaverso immersivo e relazionale

La prima è centrata sull’aspetto immersivo e relazionale, che tocca direttamente uno dei possibili aspetti tecnologici del metaverso, cioè la realtà virtuale e aumentata: “Il metaverso è un termine utilizzato per descrivere un’esperienza immersiva in cui gli utenti interagiscono tra di loro in un ambiente virtuale condiviso, utilizzando avatar e tecnologie di realtà virtuale e aumentata”. Mark Zuckerberg lo spiega in una intervista a The Verge con parole diverse, che ampliano il significato ma sono riconducibili alla sua definizione minimale: “Il metaverso sarà il successore del mobile internet, un internet incarnato in cui non vedremo semplicemente il contenuto: ci troveremo al suo interno”. Partendo da questa definizione, e dando per acquisita l’infrastruttura che consente l’invio delle informazioni a distanza con una capacità, una velocità e una latenza adeguate, gli elementi che caratterizzano il metaverso sono basati sulle interfacce immersive e mobili (cioè che sono indossate e portate con sé dagli utenti) e sulla capacità di utilizzare un ambiente tridimensionale sufficientemente realistico. La definizione ha radici antiche perché si basa sull’idea, teorizzata a partire dagli anni Settanta e Ottanta, che fosse possibile integrare le informazioni digitali distribuite su internet con il mondo reale per creare servizi e piattaforme ma anche nuovi modi di lavorare, di consumare e di spendere il proprio tempo libero.

All’interno di questa prima e più ampia definizione di metaverso, possiamo collocare la maggior parte delle piattaforme e dei metaversi censiti fino a oggi. Secondo le analisi all’inizio del 2023 nel mondo esistono 141 mondi virtuali creati da 220 aziende con 308 progetti che poggiano su differenti piattaforme tecnologiche. La maggior parte (84%) dei progetti, però, utilizza tre piattaforme: The Sandbox (43%), Decentraland (23%) e Roblox (15%). Si tratta di mondi virtuali non sempre accessibili pubblicamente (solo il 44%), divisibili in categorie diverse: mondi aperti, mondi settoriali focalizzati su un determinato tema, per esempio il gaming, il commercio, la collaborazione lavorativa, la formazione o l’onboarding dei nuovi dipendenti di una grande azienda – la società di consulenza e tecnologia Accenture ne ha realizzato uno con questa finalità. E infine vetrine virtuali, showroom costruiti da aziende private ma anche da enti pubblici e musei per consentire l’accesso a contenuti digitali prefabbricati (riproduzioni di opere d’arte, moda) senza possibilità di creazione da parte degli utenti. I singoli progetti di metaverso seguono regole, funzionalità e modelli di business diversi, abilitati e definiti in buona parte dalla tipologia di mondo virtuale e dalla piattaforma tecnologica sottostante.

Metaverso persistente e molteplice 

La seconda definizione di metaverso è invece a un tempo più colloquiale e specifica: mette in evidenza gli aspetti della persistenza e della molteplicità del metaverso, che acquista così un significato plurale. “Il metaverso è una rete di mondi 3d incentrati sulla connessione sociale ed economica tra le persone”. Questa definizione è anche quella più ampiamente accettata e implicitamente utilizzata quando non viene specificato un approccio diverso. La parte forse più interessante è che pone l’accento su alcune caratteristiche sia tecnologiche che socio-economiche: la pluralità di mondi, il fatto che siano sincronizzati, usabili in tempo reale dagli utenti e che i cambiamenti portati da singoli o decisi esternamente siano persistenti. Ancora, che non ci siano limiti al numero di persone che possono partecipare e che queste possano passare da un metaverso a un altro mantenendo determinate caratteristiche (il proprio avatar, elementi personali distintivi). Inoltre, è implicita l’esistenza di una economia di scambio con un numero grande di persone che contribuiscono al suo funzionamento.

Secondo le analisi di inizio 2023, esistono 141 mondi virtuali creati da 220 aziende con 308 progetti che poggiano su differenti piattaforme tecnologiche. I singoli progetti seguono regole e modelli di business diversi, definiti dalla tipologia di mondo virtuale e dalla piattaforma tecnologica sottostante.

Da questa definizione è possibile far discendere molte delle definizioni operazionali utilizzate anche in ambito scientifico e di ricerca. Per esempio, l’Osservatorio Realtà Aumentata e Metaverso del Politecnico di Milano definisce il metaverso come “un ecosistema immersivo, persistente, accessibile a tutti, interattivo e interoperabile, composto da mondi virtuali interconnessi tra loro in cui le persone possono socializzare, lavorare, effettuare transazioni, giocare e creare asset, accedendo anche tramite dispositivi immersivi”. I fattori tecnologici abilitanti questa idea di “metaverso plurale” sono però più difficili da cogliere, perché non è indicato esplicitamente il tipo di architettura tecnologica che consente il suo funzionamento. Se da un lato è chiaro che sono utilizzate in maniera massiva piattaforme cloud, sistemi basati sulla distribuzione dei carichi di lavoro in aree geografiche diverse, edge computing e, sul versante della produzione, software di disegno 3d integrati in piattaforme che consentono di collegare fasi diverse delle attività creative in ambito digitale (disegno, animazione, rendering degli avatar e degli ambienti), dall’altro manca una prospettiva architetturale. La definizione di metaverso non spiega se l’architettura è basata su un controllo centralizzato ovvero se invece la natura del metaverso sarà di tipo decentralizzato, con le importanti conseguenze invece che questa scelta di prospettiva comporta.

Invece, questa – come le altre definizioni di metaverso – mette ancora di più in evidenza l’opportunità di sfruttare i risultati della ricerca sperimentale e industriale per lo sviluppo di sistemi basati su realtà aumentata e realtà virtuale. Si tratta di tecnologie molto diverse tra loro e la cui sintesi in un unico ambito coerente è particolarmente difficile perché hanno origini molto diverse: dalle sperimentazioni dei videoartisti e degli scienziati transumanisti a partire dagli anni Sessanta negli Stati Uniti e in Europa e Asia, alla ricerca e alle applicazioni militare e civili industriali sviluppate sin dagli anni Cinquanta negli Stati Uniti, soprattutto in ambito aerospaziale, ma anche allo sviluppo dei dispositivi di controllo nel settore dei videogiochi.

Metaverso industriale

Molte di queste tecnologie di visualizzazione e interazione immersiva sono già state adottate in ambito industriale per la creazione di quello che è stato definito il “metaverso industriale”, che si basa sulla possibilità di creare ambienti virtuali contenenti riproduzioni digitali di spazi e macchinari reali (i “gemelli digitali” o digital twin) con lo scopo di lavorare in maniera collaborativa e a distanza alla progettazione, creazione, manutenzione e funzionamento di impianti, macchinari industriali sino a progetti molto ampi (smart cities). In quest’ottica, le caratteristiche del metaverso sono radicalmente diverse da quelle sino a qui discusse e derivate dall’impostazione letteraria dello scrittore Neal Stephenson e da quella tecnologica e commerciale di Mark Zuckerberg basate sull’idea di mondi-arena 3d persistenti abitati da avatar che possono interagire e modificare l’ambiente. Invece, può essere più vicina a quella pensata dall’editore americano Tim O’Reilly, che interpreta il metaverso più come un mediatore di comunicazioni che non come un luogo virtuale, capace di gestire archivi di video e immagini 3d che possono essere fruiti in maniera anche diacronica. In questo senso, O’Reilly immagina che sia possibile accedere al metaverso utilizzando strumenti e strategie diverse: dai visori XR (extended reality) a semplici smartphone o schermi personal computer, riducendo fortemente l’impatto immersivo degli ambienti virtuali 3d o il loro stesso utilizzo.

Tornando alle tre definizioni di metaverso individuate all’inizio di questo scritto e sempre per quanto riguarda le tecnologie di base contenute implicitamente nella definizioni precedenti, un aspetto tecnologico che non è messo in evidenza a sufficienza è l’impatto che sta avendo per dare sostanza all’idea di metaverso il cosiddetto “dividendo degli smartphone”, cioè della miniaturizzazione e diffusione di centri di ricerca e produzione (soprattutto in Asia e segnatamente in Cina) delle componenti per le tecnologie mobili grazie alla nascita degli smartphone negli anni a partire dal 2011, ovvero l’anno di lancio del primo modello di iPhone di Apple.

Grazie a quella che è stata definita una vera e propria “esplosione cambriana” di componenti tecnologici miniaturizzati, estremamente potenti e portatili, nati dalla produzione di centinaia di milioni di smartphone ogni anno, è stato possibile riutilizzare parte di questi “pezzetti di lego elettronico” e della capacità produttiva delle fabbriche asiatiche per assemblare e produrre tipologie diverse di apparecchi e gadget che non avrebbero mai avuto una economia di scala tale da consentirne la commercializzazione a prezzi ragionevoli per il mercato. Questo si riflette anche sugli apparecchi per la visualizzazione e l’interazione con ambienti di realtà aumentata, come per esempio la prima generazione di visori Oculus Rift dell’americana Oculus, lanciata sul sito di crowdfunding Kickstarter. Oculus è stata poi acquisita successivamente da Facebook/Meta, inserita nella research and business unit Reality Labs che oggi progetta e commercializza i visori come strumento per l’interazione con il metaverso “Horizon Worlds” di Meta.

Architettura centralizzata o decentrata

Tuttavia, sebbene nei paragrafi precedenti lo abbiamo definito come spazio virtuale aperto, persistente, modulabile e immersivo, non viene ancora esplicitato un aspetto cruciale del metaverso, cioè come sarà creato e soprattutto come sarà regolato: se esisteranno cioè delle piattaforme che controllano i singoli metaversi oppure se la loro esistenza si svolgerà in maniera completamente decentralizzata. Infine, se le identità degli utenti saranno uniche e gestite centralmente, oppure se sarà possibile generarne in maniera autonoma più di una. Questo tipo di differenza architetturale dipende e determina il tipo di tecnologie di base che verranno utilizzate e a sua volta definisce quale sarà l’assetto del metaverso.

Le conseguenze della scelta architetturale possono essere comprese meglio pensando a internet e alle conseguenze storiche che ha avuto. Internet è nata come sistema di interconnessione di reti diverse, strutturata con una architettura completa sia per i servizi che le applicazioni, di dominio pubblico e basata su standard di rete organizzati in una collezione di protocolli (il modello dello stack TCP/IP) gestiti da organismi non profit e basata su alcuni principi tecnici condivisi come quello della “net neutrality”, che non consente di differenziare la priorità dei pacchetti contenenti i dati. È stato più volte indicato come la conseguenza di queste scelte architetturali e di policy sia una delle cause principali dell’adozione mondiale di internet rispetto ad altri possibili standard proprietari, il suo tasso di innovazione e di sviluppo costante, e la conseguente generazione di valore.

Come sarà creato il metaverso e come sarà regolato? Esisteranno delle piattaforme che controllano i singoli metaversi oppure la loro esistenza si svolgerà in maniera completamente decentralizzata?

Questa è la lente con cui leggere una terza definizione (che è in realtà semplicemente una specificazione non codificata) di metaverso, per capirne l’importanza e le possibili conseguenze al di là del dato tecnologico. Questa aggiunge due tecnologie basate sui progressi nel settore della crittografia e delle comunicazioni decentralizzate alle definizioni viste in precedenza, affermando che il funzionamento dei singoli metaversi e la loro interoperabilità si basa sull’utilizzo del Web3 e della blockchain.

La blockchain è una tecnologia basata su crittografia per generare consenso tra i partecipanti a una rete senza un’autorità di governo centrale. Invece, il Web3 (da non confondere con il progetto di Web 3.0 pensato da Tim Berners-Lee come “terzo strato” del web per l’organizzazione semantica delle informazioni), è una applicazione modale delle blockchain: il web decentralizzato, dove le applicazioni, i servizi online e le transazioni economiche non hanno più bisogno di un’autorità centralizzata e di una architettura di tipo server-client.

Le conseguenze di queste tecnologie riguardano direttamente l’aspetto più economico, che è definito con il commercio degli Nft, sigla che sta per non-fungible token. Gli Nft sono anch’essi costruiti utilizzando le tecnologie crittografiche alla base della blockchain e sono studiati per non poter essere riprodotti. Questa peculiarità (i bit sono per loro natura riproducibili in maniera infinita, senza perdita di qualità e senza che siano distinguibili l’originale dalle copie) permette di introdurre il concetto di scarsità degli Nft in un ambiente digitale dove questo tipicamente non esisterebbe. E questo permette, a sua volta, di assegnare un valore unico agli Nft in possesso, rendendoli strumenti rilevanti economicamente e fondamento dei modelli di business del metaverso.

L’aspetto più interessante però è un altro: quello della coesistenza di più metaversi, tra loro interoperabili (cioè gli utenti possono spostarsi dall’uno all’altro senza dover creare una nuova identità) e decentralizzati (cioè gestiti da soggetti ed entità diversi). Inoltre, è parimenti interessante la possibilità che le identità degli utenti possano essere create e gestite in autonomia sulla base di un consenso algoritmico decentralizzato (come avviene nelle blockchain), senza che una parte terza abbia il potere di regolarne creazione, funzionamento ed eventuale cancellazione.

Il grande metaverso cinese

Questo tipo di assetto definitorio non conclude i possibili modi di intendere il metaverso. Oltre alla definizione alternativa offerta da Tim O’Reilly e vista poco sopra, ci sono anche le esperienze che giungono dalla Cina a mostrare come possa essere definito alternativamente da un punto di vista tecnologico e funzionale. Il termine “metaverso” ha infatti guadagnato popolarità anche in Cina, aprendo una vasta gamma di opzioni commerciali basate su tecnologie autoctone e parzialmente diverse rispetto a quelle viste sinora. La principale differenza deriva dal fatto che l’idea di creare dei metaversi in Cina è arrivata quando altri ambiti erano già stati regolamentati dal governo di Pechino: il mining e il trading di criptovalute sono stati vietati in Cina nel 2021 per prevenire danni ambientali, frodi e riciclaggio di denaro. Così, mentre negli Stati Uniti e in Europa le piattaforme del metaverso sono decentralizzate e costruite e fondate da aziende o comunità, in Cina le piattaforme per la creazione di mondi virtuali sono centralizzate e governate dai big della tecnologia cinese Alibaba, Tencent, Baidu, Byte Dance, autorizzati da Pechino. Baidu alla fine del 2020 ha creato “XiRang” (“Terra della speranza”), che è ancora a una fase sperimentale e dove gli Nft sono oggetti virtuali collezionabili e non asset finanziari (per via del divieto di uso delle criptovalute). Byte Dance (proprietaria di TikTok) tramite la controllata PoliQ ha creato la app “Paiduidao” (“Party Island”) che però è stata messa in pausa a tempo indeterminato. Ha investito anche in Reworld, la versione cinese di Roblox. Xiaohongshu nel 2021 ha creato R-Space, metaverso per la creatività e la moda, mentre Tencent ha creato una divisione interna che si occupa di extended reality ma che ancora non ha presentato dei prodotti. Infine, Alibaba usa da tempo la realtà virtuale per i suoi eventi commerciali, organizzati nel “Tmall” con virtual influencer e visualizzazione di prodotti a 360 gradi in ambienti di realtà aumentata che servono per orientare i clienti negli acquisti online. L’app Taobao contiene una parte assimilabile a un metaverso embrionale, Taobao Life, dove possono essere creati e personalizzati gli avatar 3d che sono utilizzati per provare e acquistare vestiti e altre forme di merchandising virtuali o reali.

Basi tecnologiche per costruire mondi

Tornando ai metaversi occidentali, l’evoluzione delle tecnologie di extended reality, come lo sviluppo di sensori e attuatori indossabili sempre più sofisticati (per esempio, guanti e tute per avere un feedback fisico nelle esperienze dei metaversi), la disponibilità di un enorme quantitativo di dati ambientali grazie alla Internet of Things, e l’evoluzione di alcune tecnologie di comunicazione (che consentono di aumentare il flusso di dati in trasmissione e ricezione, aumentando la definizione dell’esperienza virtuale), stanno aprendo scenari che avranno conseguenze molto forti sull’immersività delle esperienze. Ma non sono gli unici aspetti tecnologici già oggi rilevanti.

Infatti, ci sono almeno due ambiti tecnologici meno chiaramente definiti dal punto di vista della pubblica opinione e dei policy-maker, ma in prospettiva molto rilevanti nella realizzazione dei mondi virtuali. Il primo è quello legato alla privacy e alla sicurezza dell’identità degli utenti, delle informazioni contenute nei metaversi (che, essendo ambienti fortemente personalizzabili dagli utenti e persistenti possono essere soggetti a danneggiamenti e perdite di dati in modo anche irreversibile) e del loro funzionamento. Si tratta di un aspetto cruciale che non è sempre esplicitato ma che gli esperti di cybersecurity e di policy della privacy ritengono che non possa essere aggiunto in seguito: dovrebbe invece essere tenuto in conto come requisito fondamentale sin dalla fase di progettazione delle tecnologie e delle piattaforme che abilitano i metaversi. Questo aspetto è particolarmente sensibile anche dal punto di vista commerciale, visto che una delle spinte strategiche alla realizzazione dei metaversi nasce dalla volontà di Meta di avere un accesso diretto e non mediato da altre piattaforme (il browser sui pc e il sistema operativo negli smartphone iOS e Android) agli utenti dei suoi servizi, che vengono monetizzati tramite la personalizzazione della pubblicità. Il metaverso, quindi, come forma di disintermediazione dai produttori di pc e smartphone, che possono bloccare parte delle informazioni necessarie a Meta per monetizzare i suoi utenti.

Il secondo invece è quello dell’utilizzo delle tecnologie di intelligenza artificiale e di machine learning. È un aspetto particolarmente pervasivo su più livelli: dalla gestione tecnologica del lato infrastrutturale di ambienti virtuali massivi (che altrimenti non possono scalare in modo sufficientemente rapido ed efficace) alla generazione di contenuti e personalizzazioni (per avere una varietà di ambienti 3d “credibili” o comunque sempre nuova e alla possibilità per gli utenti di programmare in modalità “no-code” aspetti anche rilevanti della simulazione) sino all’interazione con funzioni di servizio dei mondi virtuali o con personaggi virtuali sintetici simili concettualmente agli Npc (non-player character) nei videogiochi. Il metaverso sarà un ambito di applicazione molto importante per l’intelligenza artificiale che, a dispetto del fatto che sia una tecnologia informatica studiata a partire dagli anni Quaranta del Novecento, non ha ancora raggiunto un grado di maturità sufficiente negli aspetti etici del suo utilizzo. Cosa questa che pone un problema di sistema, dal momento che nel metaverso l’AI avrà un ruolo chiave nella gestione di aspetti che gli utenti percepiranno come essenziali al loro benessere oltre che alla qualità dell’esperienza. Questo perché, in caso di successo del metaverso, l’investimento emotivo e psicologico oltre che economico e sociale delle persone sarà estremamente elevato, ma sinora privo di regole di garanzia e protezione rispetto al funzionamento dei sistemi di intelligenza artificiale.


Antonio Dini

Giornalista e saggista. Scrive di informatica e negli ultimi anni ha pubblicato libri e articoli sia per la carta stampata sia online. Dal 2002 ha un blog, Il posto di Antonio.

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