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La scrittura sulla natura (e sulla scienza)

Tra le pagine dei libri, nelle collane degli editori, sempre più si affacciano titoli – di narrativa, di non fiction o a metà del guado – che raccontano l’ambiente, tra divulgazione e approfondimento.

In un’epoca in cui le nostre azioni quotidiane, il nostro lavoro, la nostra vita familiare, tutto è intrecciato e dipende dall’uso della tecnologia, al punto che al tempo stesso ci sentiamo schiavi dei nostri apparecchi ma non sapremmo immaginarci senza, la letteratura e più in generale l’editoria hanno offerto una via di fuga, una forma di evasione impegnata, con una tendenza che potremmo definire di “ritorno alla natura”. Un filone crescente sia grazie ad alcuni successi commerciali, sia per alcuni casi più raffinati che hanno avuto la capacità di aprire un nuovo terreno letterario. Romanzi, storie ed esperienze che sono diventati piccoli o grandi casi editoriali segnalano che a vari livelli i lettori cercano nei libri una sorta di luogo incontaminato, purificato dal progresso, in un certo senso arcaico, oppure (e questa è una seconda possibile o complementare interpretazione) vedono nei libri l’ultima possibilità di recuperare con la natura un rapporto altrimenti perduto.

Romanzi, storie ed esperienze che sono diventati piccoli o grandi casi editoriali segnalano che a vari livelli i lettori cercano nei libri una sorta di luogo incontaminato, purificato dal progresso, arcaico, oppure vedono nei libri l’ultima possibilità di recuperare con la natura un rapporto altrimenti perduto.

Negli ultimi mesi poi la percezione dei rischi del cambiamento climatico per il Pianeta è aumentata esponenzialmente nell’opinione pubblica (vedi il successo della campagna di sensibilizzazione di Greta Thunberg). Questo ha portato ovviamente a un corrispondente aumento di titoli sul tema: da un lato si tratta di saggi di divulgazione scientifica (Non c’è più tempo di Luca Mercalli, pubblicato nel 2018 da Einaudi, per esempio) o di saggi politici (Rebecca Solnit tradotta da Ponte Alle Grazie è uno di questi casi); dall’altro della cosiddetta cli-fi, la fiction climatica, ovvero romanzi, perlopiù fantascientifici, che mettono l’impatto del clima sulla vita per coma la conosciamo come principale leva narrativa. Non è un caso sicuramente che il vincitore del Premio Pulitzer per la Narrativa del 2019 (oltre che nella shortlist del Man Bookprize nel 2018) sia stato Richard Powers, con un grande romanzo (pubblicato in Italia da La Nave di Teseo con il titolo Il sussurro del mondo), una “eco-epica” che ha al suo centro gli alberi e il biocentrismo visto come un errore di prospettiva. 

In questo scenario già consolidato da qualche anno l’irruzione della crisi coronavirus ha portato nuovo materiale su cui riflettere. Come l’esordio in testa alle classifiche di un libro pubblicato nel 2015, e che pure se apprezzato all’epoca non aveva conosciuto diffusione particolarmente larga, come Spillover di David Quammen (Adelphi), inchiesta narrativa sui virus e le zoonosi che, pur essendo uscito 5 anni fa, resterà il vero caso editoriale della prima metà del 2020.

Con dimensioni più di nicchia continua a muoversi sullo sfondo il “nature writing”, al confine tra racconto e saggio, che approfondisce alcuni aspetti del mondo animale o vegetale. In questo senso è da segnalare la nascita di una vera a propria collana all’interno di un marchio prestigioso come Adelphi. Si chiama Naturalia e ha cominciato con tre titoli: un libro sui polpi, uno sui corvi, un altro che è un grande racconto del mondo animale composto dal celebre ecologista Carl Safina. La tendenza insomma sembra rafforzarsi e allargarsi anche fuori dai confini precedentemente stabiliti. Il successo perdurante dei libri di Paolo Cognetti, che si conferma nel biennio 2017-18 (400 mila copie sommando le vendite dei due libri il romanzo Le otto montagne e il reportage Senza mai arrivare in cima, entrambi ambientati in montagna) è pure ascrivibile, almeno in parte, a questa nuova sensibilità.
In questo scenario già consolidato da qualche anno l’irruzione della crisi coronavirus ha portato nuovo materiale su cui riflettere. Bastino due esempi. 1. L’esordio in testa alle classifiche di un libro pubblicato nel 2015, e che pure se apprezzato all’epoca non aveva conosciuto diffusione particolarmente larga, come Spillover di David Quammen (Adelphi), inchiesta narrativa sui virus e le zoonosi che, pur essendo uscito 5 anni fa, resterà il vero caso editoriale della prima metà del 2020. E 2. La pubblicazione da parte di Einaudi di Nel contagio, un instant book del romanziere (e scienziato) Paolo Giordano, che allarga un articolo pubblicato sul Corriere della Sera sulla matematica e la statistica del contagio.



Cristiano de Majo

Scrittore, giornalista, editor a Rivista Studio.

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