Reale momento di passaggio o ricordo nostalgico di un passato ormai remoto? Gli esami alla fine delle superiori sono tutto questo e molto altro, e il suo racconto permea le news e gli immaginari seriali.
Stessa storia, stesso posto, stesso bar: suona l’ultima campanella ed è tempo di esami di maturità. Arrivano puntuali, e tutto si ripete secondo un copione collaudato: è il giro di boa, il traguardo a lungo atteso, la soglia verso l’età adulta, in una liturgia sempre uguale di cui ognuno ha memoria. Continuiamo affettuosamente a chiamarla “maturità”, e da decenni è vissuta come qualcosa di cruciale e definitivo: non c’è anfratto della produzione culturale in cui l’esame di quinta superiore non tenga banco. Non deve stupire, dunque, che il salto fuori dal guscio della scuola sia divenuto uno dei soggetti privilegiati del sistema mediale nel suo complesso, facendo capolino in ogni sua possibile declinazione.
Il grande rito collettivo e le esigenze del mercato
Ogni anno, la maturità produce notizie, titoli e servizi, totalizza il dibattito sui social, genera un diluvio di parole sulla stampa generalista che raggiunge il suo apice lungo la terza settimana di giugno (con centinaia di contributi quotidiani e le aperture di quotidiani, testate online e telegiornali), per poi diradarsi nuovamente nel corso dell’autunno successivo. È il “rito nel rito”, e quasi sempre a dare il la sono personalità con un certo seguito, riprese a cascata da agenzie e operatori dell’informazione. La palma quest’anno va a Massimo Gramellini, che nel suo “Caffè” del 17 novembre ha commentato le istanze degli studenti per il prosieguo della versione light degli esami, messa a punto in piena emergenza pandemica. Più di un mese a Natale, l’intervista del Ministro Bianchi da Fazio ancora lontana, eppure il “rebus della prossima maturità” si affaccia nei discorsi pubblici, per poi via via rimbalzare e guadagnare posizione tra siti, giornali e periodici. Niente di nuovo, considerando l’autoreferenzialità dello scenario mediale nostrano: tuttavia, a uno sguardo meno distratto, le dinamiche con cui gli esami sono notiziati rivelano tanti meccanismi che regolano la macchina dell’informazione, molti tic, alcune storture.
Anzitutto, come si spiega il florilegio di verticali, approfondimenti e riflessioni che la stampa riserva a questo appuntamento? Qualche tempo fa se l’è chiesto pure Francesco Costa, arrivando alla conclusione – largamente condivisibile – che prima di tutto è una questione di numeri: i pezzi sugli esami rimangono i più cliccati dell’anno, nonché un riempitivo di sicura presa sul pubblico. Non è un mistero, per esempio, che pure Mondadori abbia da un pezzo messo le mani sui due principali portali online dedicati al tema (Studenti.it e Skuola.net), in forma di partnership pubblicitaria e affiliazione editoriale: un bottino di traffico e contatti davvero troppo ghiotto da ignorare.
Nomi, cose, maturità: un po’ di testa, tanto cuore
A pasturare il buzz sono essenzialmente due ordini retorici, di natura tecnica e simbolica. Il piano tecnico, anzitutto: si va dalle guide per il calcolo dei crediti alle video-lezioni per il ripasso, dalle schede sulle evoluzioni normative ai breviari sull’alternanza scuola-lavoro. E poi, ancora, la “corsa contro il tempo” per completare commissioni e supplenti, i resoconti sul boom delle lodi, le polemiche sulle consegne speciali nelle province autonome e all’estero… Tra i tormentoni che affiorano prima e durante gli esami, anche i “consigli degli esperti”, che non sembrano conoscere limiti: dalle “dieci mosse per il tema perfetto” agli spiegoni su tesina e colloquio, dalle tecniche per affinare la memoria a quelle per controllare l’ansia, dalle regole d’oro per il look agli oroscopi personalizzati, fino al parere dei nutrizionisti (mai saltare la colazione!) e alla lapidaria rivelazione del Corriere di qualche anno fa: “Il sesso prima della maturità fa bene”. Via libera, poi, al can-can delle opinioni, con un ricchissimo catalogo di pareri e contro-pareri: tema sì/tema no, cultura di base vs. specializzazione, indignazioni sui pasticci del Ministero (ah, quante circonlocuzioni nei decreti!, ah, quante imprecisioni nelle consegne!) fino, naturalmente, ai dati sulle scelte delle tracce, spacciati per la fotografia matematica di intere generazioni, con le soluzioni affidate all’ordinario di turno che galleggiano per giorni su copertine e homepage.
Ma il format che sulla stampa accompagna il conto alla rovescia verso gli esami è vivacizzato anche da ritornelli ascrivibili all’area del simbolico. Pure qui, l’inventario è ben assortito, con una gamma di contenuti che spazia dalle tappe che conducono alla prima prova (l’“uscita” delle materie, lo svelamento delle identità dei commissari, i “cento giorni” e il “documento del 15 maggio”, l’estrazione della lettera per gli orali…) alle immagini-emblema di quei giorni (i gavettoni all’uscita, l’orario per la consegna dello scritto sulla lavagna, la corsa ai tabelloni, la consegna delle pergamene). Ma pure la ritrovata convivialità, con le scaramanzie della “notte prima” (in ascesa il lancio di lanterne, in declino le benedizioni dei finti Dante, stabile il team “cena e a letto presto”) e i festeggiamenti a seguire, tra bicchierate in compagnia e pizzate di paese.
Maturità for dummies, nel gran flusso della tv
E la televisione? È evidente come pure il piccolo schermo sia solito codificare gli esami di maturità aderendo a uno schema consolidato e ricorsivo. In questo senso, la tv non sta a guardare, provando anzitutto a capitalizzare il lavoro compiuto dagli altri mezzi di comunicazione, di cui si conferma federatrice. Pure in questa circostanza, il broadcasting televisivo è poi chiamato a un’opera di sintesi e semplificazione, didascalizzando l’evento nel suo farsi. È così, spesso, che la parte viene scambiata con il tutto, con i maturandi indistintamente descritti, ogni anno, come “la carica dei 500mila”, tra un blocco sul clima impazzito e uno sul caro-ombrellone. Il grosso si gioca sul filo del daytime: batterie di inviati fuori dai licei più blasonati (sempre classici, sempre gli stessi) e ciak!, tutti a raccogliere le “reazioni a caldo” all’uscita dei candidati, prima di tornare al dibattito in studio.
L’inventario è ben assortito, con una gamma di contenuti che spazia dalle tappe che conducono alla prima prova (l’“uscita” delle materie, lo svelamento dei commissari, i “cento giorni”) alle immagini-emblema di quei giorni (i gavettoni all’uscita, l’orario sulla lavagna, la corsa ai tabelloni). Ma anche la ritrovata convivialità, con le scaramanzie della “notte prima” e i festeggiamenti a seguire.
Bussola, agenda e calendario: la televisione fa la televisione, dunque, in un’operazione di costante (ri)cucitura che ammicca in primis alla costruzione dell’immaginario collettivo, a quella sensazione di far parte di un insieme così tipica del mezzo. È con questo spirito che “Maturità” diventa una delle parole d’ordine del tessuto comunitario nazionale (c’è chi si è spinto a parlare di “MaturItalia”), una grande esperienza condivisa da vivere in sincronia, in senso congiuntivo. Da questa prospettiva, gli esami di quinta superiore superano ogni barriera e si fanno universali grazie a un racconto giocato in chiave intergenerazionale, che sapientemente tocca le corde della nostalgia, permettendo a ciascuno di fare i conti con il proprio passato (ma davvero era tutto bello? davvero eravamo felici e non lo sapevamo? e oggi, cosa siamo diventati?). Rivendicandone con ostinazione la dimensione allegorica, la televisione sembra insomma includere la maturità nel prezioso elenco delle cose che non cambiano mai. Un livello figurato rafforzato pure dalla pandemia, che ha conferito agli esami un ulteriore strato semantico: tra boccioni di virucidi e prime volte perdute, la tv non ha mancato di ritrarre la maturità – sempre in presenza – come un’oasi di resistenza e speranza, a cui guardare nei momenti più bui.
Feticismi, vi conosco: sicurezza, high-tech e istituzioni
Ma c’è di più: per tradizione o per inerzia, fin dagli inizi il piccolo schermo ha certificato l’ufficialità di questo appuntamento puntando quasi ossessivamente i riflettori sulle misure di sicurezza a tutela della segretezza delle tracce. Era il 1976 quando una delle prime edizioni straordinarie del Tg1 diede conto del posticipo della prova d’italiano, dopo che uno uno sconosciuto, spacciandosi per il provveditore, riuscì a convincere un’incauta suora di un istituto di Pavia a rivelargli i titoli dei temi. La svolta del 2012 (con la sostituzione dei plichi cartacei con tracce criptate digitalmente) non sembra aver sortito gli effetti sperati, se è vero che ogni anno incombe il temuto attacco hacker al “cervellone di viale Trastevere”, trattato dall’etere alla stregua di un sempiterno millennium bug. Inutile a dirsi, il giorno della prima prova sono i telegiornali dell’alba a comunicare, in diretta, i codici alfanumerici validi per l’apertura dei fascicoli informatici, che in confronto i bussolotti del Lotto alle otto… A seguire, l’immancabile collegamento con il Ministro o la Ministra, l’invocazione di qualche indizio (epico quello di Stefania Giannini, “direi ‘verde’, come il mio vestito”) e gli incoraggiamenti ai ragazzi. Tra interviste alla task force della Postale, occhiate dentro alla “war room”, presunte fughe di notizie (e qualche pronostico, vedi alla voce “toto-tema”), l’informazione televisiva sembra insomma calcare la mano sul fantomatico apparato interforze a protezione dell’esame.
Strategia analoga, a ben vedere, a quella intrapresa dallo stesso Ministero, che dal 2014 – con il lancio di #quasimaturi, #nopanic e #mimaturo – dissemina contenuti ad hoc sui canali social, con retroscena dal bunker dove si confezionano le prove. Da segnalare che, proprio in collaborazione con il Ministero, Rai ha di recente inserito nel proprio catalogo un ventaglio di materiali di servizio pensati per chi si accinge a sostenere gli esami (Maturadio, Maturità Diari, Prova di Maturità, Scuola@Maturità). Ufficialità e drammatizzazione tornano sugli schermi anche nella caccia alle storie di maturandi speciali, ad alto tasso emozionale: gossip sui candidati famosi (calciatori e olimpionici, ma anche giovani cantanti e attori), esaminandi nelle zone terremotate, studentesse in dolce attesa, pensionati in classe con i nipoti, trasferte in carcere o in ospedale, diplomi in memoriam.
Quando si maneggiano archetipi delicati come quelli dell’adolescenza, il rischio di dar vita a resoconti artificiosi o surreali è sempre in agguato. Difficile risultare verosimili, difficile far ridere senza deridere, difficile non cedere a giudizi o sanzioni: buona parte dei tentativi di rappresentare l’esame nella fiction italiana, così, non riescono a liberarsi dallo sguardo smemorandiano di produttori e sceneggiatori non più giovanissimi, fatalmente collusi con il proprio vissuto.
Si sa, dentro il frullatore della tv entra di tutto un po’, ed ecco che il vero punto di contatto della maturità con lo spettacolo diventano le istituzioni, parte integrante del grande affaire che apre l’estate: sono soprattutto gli esponenti della politica a unirsi al coro di auguri che nei giorni degli esami giunge da ogni dove, in un gigantesco throwback pensato a uso del piccolo schermo. Quella stessa politica capricciosa che per rendersi memorabile non ha perso occasione per ritoccare di continuo l’impianto delle prove e che oggi, con studiata disinvoltura, si prodiga in dichiarazioni e ricordi sul fatto di cui parlano tutti (che li ascolti e alla fine pensi: “se ce l’hanno fatta loro…”).
Fiction e serialità, oltre la macchietta
Tra uno spot di Sammontana e uno di Estathé, nei desolati palinsesti di giugno aumentano pure passaggi e repliche di alcuni titoli stagionali, che ben si accordano con l’atmosfera da ultimo giorno di scuola palpabile nel Paese (si pensi a Notte prima degli esami di Fausto Brizzi). E siamo all’anello con la fiction, l’ultimo livello di mediazione che la tv offre della maturità. Indipendentemente dal genere, il primo dato da rilevare è che gli esami conclusivi rimangono quasi sempre sullo sfondo della narrazione seriale, per ragioni diverse. Pur presentati allo spettatore come punti nodali della trama, si opta spesso per un’ellissi di scritti e colloqui dalle trame di puntata, limitandosi a evocarli: si può forse ipotizzare che, prima di ogni altra cosa, per chi lavora a questi prodotti sia cruciale garantirsi la possibilità di successive stagioni, senza disperdere ambientazioni e personaggi facilmente concentrabili in singoli nuclei di racconto (il “gruppo-classe”). Quando si maneggiano archetipi delicati come quelli dell’adolescenza, poi, il rischio di dar vita a resoconti artificiosi o surreali è sempre in agguato.
Difficile risultare verosimili, difficile far ridere senza deridere, difficile non cedere a giudizi o sanzioni: buona parte dei tentativi di rappresentare l’esame nella fiction italiana, così, non riescono a liberarsi dallo sguardo smemorandiano di produttori e sceneggiatori non più giovanissimi, fatalmente collusi con il proprio vissuto. Basta scorrere i grandi classici del family di casa nostra (la maturità di Maria e Annuccia Martini o quella di Eva e Marco, liquidate con toni sostanzialmente paternalisti) o, qualche anno prima, due titoli cult come I ragazzi della 3ª C e Compagni di scuola, che riflettono il problematico rapporto della serialità nazionale con l’ambiente-scuola (ne ha scritto Luca Barra qui). Aquiloni tra le dita e quadrifogli in bocca, sul set i maturandi diventano soprattutto il pretesto per raccontare qualcos’altro, senza badare troppo a verosimiglianza e scavo antropologico. Ora intrecciato alla linea crime (Provaci ancora prof!, ma pure Un posto al sole, con Viola Bruni dietro ai banchi nel 2004), ora a quella comica (la maturità horror di Cristina ed Emanuele in Tutti pazzi per amore), il sacro graal del diploma assume toni abitualmente grotteschi, pur con qualche eccezione. La rappresentazione degli esami degli adulti, anzitutto (Volevo fare la rockstar, distante anni luce dai luoghi comuni di Immaturi. La serie), ma anche il felice esperimento de I liceali, che nel 2009 ha concluso la sua seconda stagione dando sfogo ai pensieri più intimi dei protagonisti, raccogliendoli proprio durante lo svolgimento del tema (con un colpo di genio degli autori: in sceneggiatura, le tracce proposte coincidono con quelle – reali – dell’anno precedente). La scuola finisce, è tempo di bilanci, e da altre serie (Fuoriclasse, Un professore) abbiamo imparato come la liminalità di quel momento finisca per riguardare anche il corpo docenti, resi attraverso una galleria di tipi umani che la fiction ha esplorato in lungo e in largo.
A chiudere il cerchio è Netflix che, nello sforzo di parlare della (e alla) generazione Z, ha consegnato agli annali l’immagine forse più convincente del momento degli esami, finalmente filtrato dagli occhi di chi l’ha vissuto sulla sua pelle. È l’ultima puntata di Skam Italia: in aula per il tema di italiano, lungo piano sequenza sui volti di Eva, Giovanni, Martino, Sana e tutti gli altri, la voce narrante che interpreta gli estratti del compito, i nodi che vengono al pettine prima di sciogliersi nel grande tuffo catartico conclusivo. L’adolescenza è anche questo, uno spazio luminoso e divertente di libertà e confronto, e l’educazione è soprattutto alla vita, in un’età in cui tutto pare intenso, totale, decisivo. Dovere e fortuna, tramonti che affogano in mari azzurri, amori balneari e amicizie per sempre. La lezione dei media, inutile negarlo, è che il senso ultimo della maturità stia proprio qui: una grande, sudatissima festa di congedo, per trovare un posto nel mondo, con il futuro a portata di mano. L’ennesima estate italiana può iniziare, e forse è giusto (anche) così: da godere, perché si farà tardi troppo presto.
Emiliano Rossi
Fa ricerca sull’audiovisivo presso l’Università di Bologna, occupandosi di schermi tv in ambiente urbano. Dal 2022 insegna Storia e tecniche della tv e dei media digitali presso l’Ateneo di Bari.
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