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Fenomenologia del lasciarsi sui social

Sui social media tutto è storytelling, anche il racconto delle proprie vicissitudini sentimentali. Cosa succede quando la rappresentazione dell’amore si confonde con il self-branding e con l’ultima tendenza virale su TikTok?

Di tutte le stranezze che definiscono le relazioni moderne, forse la più bizzarra è il fatto che ci sentiamo obbligati a parlarne a sconosciuti su Internet. È qualcosa che facciamo da anni, basti pensare alla funzione “stato relazionale” di Facebook che permette di dichiarare la propria situazione sentimentale a un pubblico tanto ampio quanto variegato, composto da amici, colleghi e parenti, ma anche da conoscenze virtuali, ex partner, curiosi e sconosciuti. E lo stesso vale per la bio di Instagram, in cui molti utenti scelgono di rappresentare il proprio status attraverso l’emoji di un anello seguita da “taken” o il nome del partner. Il che ha anche una sua utilità, ad esempio quelli che hanno una relazione poliamorosa talvolta lo scrivono in bio (#poly). Per i single, invece, Instagram è un grande parco giochi, le possibilità di interazioni sono svariate e senza vincolo di match come le app di incontri. “Ogni storia è trincea”: reaction di fuoco per i selfie allo specchio – la strategia di chi non ha molta fantasia – o frasi più strutturate per commentare un articolo condiviso, per chi è più creativo e arguto. Ci sono anche stratagemmi appositi, come impostare le proprie storie solo per “gli amici più stretti” e racchiudere in quella cerchia solo i possibili target – o addirittura una sola persona – per facilitare la conversazione. Le storie d’amore, oggi, iniziano, transitano e finiscono online.

La spettacolarizzazione delle relazioni

Il filosofo Baudrillard già parecchi anni fa sosteneva che la realtà è sempre più mediata dalle rappresentazioni e dalle immagini, il che potrebbe essere applicato alla rappresentazione delle relazioni online come una sorta di spettacolo in cui il confine tra realtà e rappresentazione si fa sfumato. I primi timidi tag, o le foto insieme, le condivisioni di momenti di coppia (cene, vacanze, anniversari…) ma anche le crisi perché la compulsione moderna a condividere i dettagli è difficile da arginare. I social diventano un mezzo per esorcizzare: condividere una canzone dei Radiohead per veicolare la propria tristezza, misurare la propria attrattività attraverso un selfie ben riuscito, ma anche mandare messaggi passivo-aggressivo al proprio partner o a possibili rivali (chi non l’ha fatto almeno una volta scagli il primo smartphone).

I social diventano il terreno di gioco per rivelare il proprio stato di crisi o la propria disponibilità. Tutto questo diventa ancora più complesso quando si tratta di persone famose che hanno reso partecipe il pubblico della loro storia d’amore.

Condividere per cercare attenzioni, o per sentirsi, o convincersi, di esistere, che appunto significa essere nella realtà e la nostra realtà è anche social. Ad esempio, un contenuto su quanto sono da biasimare uomini/donne/situationship/dating app, arriva subito alle sinapsi come “ehi è single!” o quasi. I social diventano così anche il terreno di gioco per rivelare il proprio stato di crisi o la propria disponibilità. Tutto questo diventa ancora più complesso quando si tratta di persone famose che hanno reso partecipe il pubblico della loro storia d’amore. Per fare un esempio nazional popolare, Chiara Ferragni ha più volte fatto presente ai suoi follower quando c’era qualcosa che non andava fra lei e il marito come quando Fedez non commentava e metteva like ai suoi post o la crisi post Sanremo quando il cantante le ha rubato la scena. Se la una storia d’amore ha un suo percorso online e poi finisce l’annuncio diventa inevitabile.

Very important… parting ways

Le separazioni annunciate pubblicamente non sono un fenomeno nuovo. Nel 1957, la conclusione della relazione tra Ingrid Bergman e Roberto Rossellini fu resa nota attraverso una dichiarazione congiunta inviata al loro avvocato e pensata anche per la stampa, “qualora si rendesse necessario fare una dichiarazione circa le cose nostre”. La novità di oggi, rispetto al passato, è che questi annunci sono più frequenti e che tendenzialmente avvengono direttamente sui canali social degli interessati e non più (o non solo) a mezzo stampa. Recentemente, la premier Giorgia Meloni ha annunciato la sua separazione dal first gentleman Andrea Giambruno con un post su Instagram accompagnato da una foto di loro due insieme alla figlia. La famiglia tradizionale, si sa, è al centro dei programmi politici della destra e l’annuncio di una separazione deve essere gestito con attenzione per evitare che impatti negativamente sulla percezione pubblica. Proprio per questo, la situazione è stata affrontata quasi come una crisi politica, oltre che sentimentale, considerando che il fatidico post è arrivato dopo il servizio di Striscia la notizia dei fuorionda in cui Giambruno rivolgeva dei commenti inopportuni ad alcune colleghe del programma su Rete4, Diario del giorno.

Certo, la premier non è la prima ad aver utilizzato i social media per annunciare la fine di una relazione: è un esempio il ministro canadese Justin Trudeau, che nel 2023 ha condiviso la notizia della separazione della moglie proprio su Instagram, mentre l’ex vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore e l’attore e politico Arnold Schwarzenegger hanno optato per Twitter. Il personale è politico e la politica non può esimersi dal trattare il personale, compreso il proprio. La gestione delle informazioni, d’altronde, fa parte dell’esercizio di potere, dal momento che viviamo in quello che il filosofo Byung-Chul Han ha definito un “regime dell’informazione”: un sistema dove la navigazione online genera dati, e l’accumulo di dati porta a guadagni e consensi. La maggior parte delle persone tende a essere trasparente su tutto, anche sulle cose negative perché viviamo nella “società della trasparenza” che è iper comunicativa e avere i social media crea già una pressione implicita a condividere continuamente la propria vita con il resto dello sciame digitale. Roland Barthes definiva la sfera privata “quella zona di spazio, di tempo, in cui io non sono un’immagine, un oggetto” ma quanto è privato oggi il nostro privato?

Da questa prospettiva, la dimensione individuale si fonde spesso con quella pubblica, soprattutto quando si tratta di celebrità. Il cantante Joe Jonas e l’attrice Sophie Turner per evitare “narrazioni speculative” hanno annunciato la fine del loro matrimonio attraverso un post congiunto su Instagram, mentre l’attrice Kate Bosworth ha comunicato il suo divorzio pubblicando una foto che la ritraeva durante un bacio con l’ex marito Michael Polish. Nella didascalia ha parlato di una decisione condivisa, sottolineando la loro complicità anche nel momento della separazione. Insomma, lasciarsi pubblicamente sui social è una questione di comunicazione e, in quanto tale, è un atto da curare in ogni minimo dettaglio. Del resto, il politologo e filosofo Paul Watzlawick affermava che tutto comunica e che la comunicazione avviene su diversi livelli, da quello linguistico a quello paralinguistico (gesti, espressioni facciali). Quando le persone annunciano la fine della loro relazione sui social media, la scelta delle parole, il tone of voice e persino la selezione delle immagini possono trasmettere messaggi più profondi sullo stato emotivo che stanno affrontando. 

Nel caso dei vip, rendere pubblica la fine di una relazione significa quindi provare a controllarne gli effetti, gestire la narrazione per ridurre speculazioni e pettegolezzi, cercando di restituire un’immagine il più possibile onesta e trasparente. Il confine tra il tentativo di stabilire una reale connessione con i propri follower e aumentare l’engagement, però, è molto labile: il numero di follower di Francesco Totti su Instagram ha registrato un’impennata subito dopo l’annuncio della sua separazione (+400.000). Analogamente, Ilary Blasi ha visto un incremento di 105.100, mentre Noemi Bocchi che partiva da 2.000 ha rapidamente raggiunto i 75.000 follower. Numeri che a distanza di tempo e di altre narrazioni (articoli, il documentario-intervista Unica e ora pure il libro), sono cresciuti e cresceranno ancora.

Anche i non famosi piangono

Prima che la maggior parte di noi trascorresse la vita con lo smartphone incollato al palmo della mano, solo i nostri amici e familiari conoscevano gli aspetti più intimi delle nostre relazioni. Inutile dire che oggi non è più così: con un semplice click possiamo condividere la nostra vita intima con tutti, dagli scatti che ci ritraggono in vacanza ai dettagli della nostra vita domestica.

Quando le persone annunciano la fine della loro relazione sui social media, la scelta delle parole, il tone of voice e persino la selezione delle immagini possono trasmettere messaggi più profondi sullo stato emotivo che stanno affrontando.

Su TikTok, una delle tendenze più diffuse è costituita proprio dai contenuti “post-rottura”: migliaia di video in cui utenti comuni (non famosi, per intenderci) condividono le proprie pene dopo la fine di una relazione. Alcuni piangono impotenti a 3 cm dallo schermo, altri optano per spiegazioni più ponderate, mentre alcune clip presentano delle torte con la triste notizia riportata nella glassa: “congratulazioni per la tua rottura”. Esprimere il proprio dolore, come qualsiasi manifestazione emotiva, non costituisce una novità nella pratica dell’autodocumentazione online, ma è indicativo il fatto che esistano degli hashtag per raggruppare e ritrovare facilmente questo tipo di contenuti. I video contrassegnati con #crying su TikTok vantano 11,4 miliardi di visualizzazioni, tra cui people crying after a breakup, mentre quelli etichettati con #breakup contano 24,7 miliardi di visualizzazioni. I contenuti in cui le persone si mostrano vulnerabili, singhiozzando a letto o sul pavimento, ottengono milioni di visualizzazioni. I creator rivendicano la dignità di questa tendenza, affermando che il sostegno degli estranei li ha aiutati a superare il dolore. Perfino i terapisti hanno dato il loro beneplacito, come Lori Gottlieb, una psicoterapeuta che ha scritto il bestseller del New York Times: Forse dovresti parlare con qualcuno. Come spiega la terapeuta americana, dopo un po’ amici e parenti non ne possono più di assisterci nel post-rottura ma i dettagli del nostro dolore diventano una novità per gli sconosciuti – e di conseguenza il sostegno online diventa infinito come il video in loop rilanciato dall’algoritmo. Secondo l’antropologo Franco La Cecla e anche secondo il già citato Byung-Chul Han, a incidere è la mancanza di riti. Non c’è un vero e proprio rito per liberarsi del malessere e senza riti si compromette il concetto di comunità almeno per come lo conosciamo.

Rito significa “usanza/cerimonia” e i riti da sempre permettono agli esseri umani di svolgere determinate attività come gestire i cambiamenti. Le tradizioni non occidentali contemplano molti riti, perfino per esorcizzare le rotture, ma non la nostra cultura. I riti hanno bisogno di spazio, silenzio, privacy, ingredienti che scarseggiano nel contesto urbano post capitalista ma che consentirebbero forse di domare la nostra natura sempre mutevole e ritrovare il nostro sé. I riti sono azioni simboliche che si ripetono e i simboli ci servono per ri-conoscerci. Cosa c’è più ripetitivo di un video su TikTok che passa in loop e di un hashtag che di bocca in bocca diventa un collante per milioni di persone? Parlarne a sconosciuti potrebbe essere un modo per fare fronte a questa mancanza, una nuova ritualità del terzo millennio per gestire le emozioni online e offline, passando dalla comunità alle community. Non è solo per cercare supporto qualora manchi ma per il fatto che le relazioni e i sentimenti ad essi legati si perpetuano anche online per questo, forse, qualcuno sente la necessità di esorcizzare il proprio vissuto in entrambi i mondi.


Lucia Antista

Giornalista pubblicista, scrive di cultura, arte e fenomeni digitali per diverse testate, tra cui Lampoon, Siamo Mine, Artribune e Artslife. Come autrice televisiva ha lavorato per i programmi di La7 e del gruppo Class editori.

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