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Distopie realizzate

Escapismo o rispecchiamento di una realtà sempre più complessa? Quale che sia la ragione principale, è innegabile che tra i fenomeni letterari degli ultimi anni la distopia ha un ruolo di primo piano.

La distopia è, secondo la Treccani, una “previsione, descrizione o rappresentazione di uno stato di cose futuro, con cui, contrariamente all’utopia e per lo più in aperta polemica con tendenze avvertite nel presente, si prefigurano situazioni, sviluppi, assetti politico-sociali e tecnologici altamente negativi”. Sono numerose nella letteratura le storie strutturate secondo questo presupposto, e non si tratta certo di una novità. Ma è innegabile che negli ultimi anni sia aumentato, con particolare evidenza nel campo delle serie tv (quasi tutte tratte da libri), l’interesse a produrre e a leggere/guardare questo tipo di storie.

Non si tratta certo di una novità. Ma è innegabile che negli ultimi anni sia aumentato, con particolare evidenza nel campo delle serie tv (quasi tutte tratte da libri), l’interesse a produrre e a leggere/guardare questo tipo di storie.

Moltissime serie che hanno influenzato l’immaginario di questi anni, come Black Mirror, The Leftovers, The Handmaid’s Tale, per dirne solo tre, sono distopie che prefigurano scenari foschi spesso sul piano politico. E come giudicare l’impennata di vendite di un classico come 1984 di Orwell in seguito all’elezione di Donald Trump? Proprio l’avanzata dei populismi a livello globale e lo strapotere dei social, compresa la loro accertata influenza sui processi democratici, sono, secondo alcuni commentatori, la possibile ragione per il rinnovato interesse in questo tipo di storie. Un’altra causa potrebbe essere la paranoia prodotta dal cambiamento climatico e dallo sfruttamento delle risorse del pianeta. Più in generale, in un momento in cui è difficile immaginare il futuro, i raccontatori di storie o i loro lettori sono più predisposti a vedere storie ambientati in scenari negativi.

L’avanzata dei populismi a livello globale e lo strapotere dei social, compresa la loro accertata influenza sui processi democratici, sono la possibile ragione per il rinnovato interesse in questo tipo di storie. Un’altra causa potrebbe essere la paranoia prodotta dal cambiamento climatico e dallo sfruttamento delle risorse del pianeta. Più in generale, in un momento in cui è difficile immaginare il futuro, i raccontatori di storie o i loro lettori sono più predisposti a vedere storie ambientati in scenari negativi.

A questo filone consolidato e forse persino esaurito dalle ansie del presente (una sorta di distopia realizzata), bisogna aggiungere un filone di distopie saggistiche, per così dire, come se l’avvento al potere di ciò che si temeva (Trump) e la disfunzione acclarata delle grandi aziende tech, avesse portato la fiction verso la non fiction. Sono tanti i saggi usciti negli ultimi due anni che hanno approfondito il tema di questa “distopia divenuta realtà”, sia dal punto di vista politico (l’onda populista), sia da quello economico-tecnologico (la grande crisi dell’utopia tech di Silicon Valley). In Italia è sicuramente da citare The Game di Alessandro Baricco (Einaudi Stile Libero), al 28° posto dei 100 libri più venduti del 2018, una sorta di ricostruzione filologica della nascita del paradigma digitale e un tentativo di analisi su cosa è andato storto. Ma fanno parte dello stesso discorso i libri, entrambi pubblicati da Marsilio a inizio 2019 e a breve distanza di tempo, di Christian Rocca e Giuliano da Empoli. Il primo è un pamphlet polemico intitolato provocatoriamente Chiudete internet. Il secondo è un saggio politico, Gli ingegneri del caos, che ricostruisce il lavoro dei pensatori dietro il successo dei movimenti politici nel mondo, dall’italiano Casaleggio all’americano Bannon. E proprio sul “sistema Casaleggio” insistono poi le inchieste, che si potrebbero definire distopiche sin dai titoli e dal tono, del giornalista della Stampa Jacopo Iacoboni (L’esecuzione e L’esperimento, entrambi per Laterza).



Cristiano de Majo

Scrittore, giornalista, editor a Rivista Studio.

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