Ogni piattaforma, e ogni algoritmo, impone il suo linguaggio. Vale anche per il racconto del cibo. Se Tasty e Facebook avevano cambiato l’inquadratura, TikTok impone presenza e montaggio serrato.
Nel 1937, all’alba dell’epoca televisiva, la Bbc mandò in onda la prima puntata di Cook’s Night Out, che è considerata la prima trasmissione di cucina della storia. Dello show non rimane alcuna traccia (all’epoca l’emittente non conservava le registrazioni di questo tipo), se non un fotogramma in cui vediamo il presentatore, lo chef francese Marcel Boulestin, alle prese con la rottura di un uovo. Da quello che possiamo ricavare da questa singola immagine, Cook’s Night Out usava un’inquadratura di tre quarti (lo vediamo), probabilmente associata a una frontale (che possiamo solo immaginare). Quel che è certo, viste anche la dimensione e il peso delle telecamere d’allora, è che la Bbc non si avventurasse in bizzarre inquadrature dall’alto dei piatti preparati: per quel tipo di visione avremmo dovuto aspettare alcuni decenni, almeno fino alla nascita di Tasty.
Luglio 2015. BuzzFeed manda in onda il primo video di una nuova serie di contenuti online dedicati al cibo in cui un host prepara una ricetta mentre è ripreso dall’alto. Il successo del format fu incredibile: nel giro di un anno, i contenuti di Tasty fruttavano il 37% delle visualizzazioni del dipartimento video di BuzzFeed, e da allora non la serie non si è più fermata, creando un modello riconoscibile – e copiato. Talmente copiato da essersi ormai dissolto nella coscienza collettiva, cambiando l’iconografia stessa del cibo, di come è preparato e consumato. Dopo Tasty, il cibo si guarda dall’alto, a volo di gabbiano.
Mangiare con gli occhi
Gli ultimi dieci anni hanno visto grandi innovazioni nel modo in cui si racconta il cibo e la sua cultura. Il successo di Masterchef, anche in Italia, che per qualche anno ha avuto un effetto positivo sulle iscrizioni all’istituto alberghiero, o quello della serie Netflix Chef’s Table; il dilagare di Instagram, che prima dell’avvento delle stories era pieno di foto filtrate di piatti – colazioni a base di avocado su sfondi floreali, la classica scenografia da millennial. Il mondo dell’alimentazione è stato stravolto e ha trovato in Tasty la sua perfetta rappresentazione cinematografica: il cuoco, mai in camera, a differenza di Moinseur Boulestin e dei suoi successori; una musichetta neutra di sottofondo; le scritte “in sovraimpressione” con le dosi e qualche consiglio per la preparazione.
Vista la facilità del formato e il successo, può venire spontaneo chiedersi perché nessuno ci avesse pensato prima. Parte della risposta è che Tasty non è un prodotto televisivo: è un contenuto video da diffondere online, precisamente sui social network; ancora più precisamente, su Facebook, che proprio attorno al 2015 costrinse gli editori a un pivot to video brusco e improvviso. Dopo aver messo mano alle manopole del suo algoritmo, Facebook decise che il News Feed sarebbe stato inondato da contenuti video, che non a caso erano premiati dall’algoritmo con una regalia – piuttosto discutibile – di preziose views. Nel mondo mobile, queste clip erano consumate ovunque, spesso senza audio, causando la sparizione del cuoco (a che serviva vederlo parlare se tanto c’erano i sottotitoli?) e la comparsa delle didascalie. Tipo pagina 777 del Televideo ma con una grafica migliore.
Il mondo dell’alimentazione è stato stravolto e ha trovato in Tasty la sua perfetta rappresentazione cinematografica: il cuoco, mai in camera; una musichetta neutra di sottofondo; le scritte “in sovraimpressione” con le dosi e qualche consiglio per la preparazione.
Sarebbe comunque sbagliato onorare BuzzFeed del titolo di creatore di questo formato. “Nessuno sa chi abbia inventato la ripresa del cibo dall’alto”, ha scritto il commentatore tecnologico Farhad Manjoo nel 2017, “probabilmente è emerso in origine in qualche message-board primordiale e paludoso”. Ma è con BuzzFeed che l’idea è diventata format, appunto, favorendo un successo globale che ha fatto alla rappresentazione sui cibo del cibo quello che le GoPro hanno fatto agli sport estremi. A determinare la nascita di Tasty, inoltre, è stato l’algoritmo stesso; o meglio, l’idea di esperienza social della metà degli anni Dieci, dominata da Facebook, in cui le stories dovevano ancora divorare il settore e l’idea di consultare una bacheca pubblica per leggere i commenti altrui ai post era ancora in voga. Negli ultimi anni il modello è andato incrinandosi, non solo a causa del declino di Facebook in termini di rilevanza.
Cambio di modello
L’inizio della pandemia, infatti, coincide anche con l’affermazione globale – e mainstream – di un altro social network, TikTok, in cui il feed viene sostituito da un unico flusso – la pagina “Per Te” –, una cascata personalizzata e furbissima di contenuti su misura di ciascun utente. Un social visuale, forse ancora di più di Instagram: qui non ci sono foto, solo video. Era quindi inevitabile che proprio tra le pieghe di questa nuova creatura, TikTok, dominata da un’imperscrutabile intelligenza artificiale, spuntasse la più importante variante del modello Tasty. Se avete mai aperto l’app in questione, avrete già capito di cosa parlo; per gli altri, ecco un breve riassunto: stack-tick-zack-tuf-blob-splash-tak-tik-stick-frrrr.
I TikTok di cucina hanno rovesciato il modello di Tasty senza però tornare all’originale televisivo, in cui il cuoco è inquadrato di tre quarti e da davanti, un po’ sul modello delle “due Benedette” (Parodi e Rossi). Il punto d’equilibrio tra le parti, sul social cinese, sta tutto in un montaggio serrato in cui ogni processo è messo in video, anche solo per un quarto di secondo, e usato come effetto sonoro: il taglio di una carota, il tonfo della bistecca sul tagliere, il sale che struscia sulle fibre della carne, l’immancabile sfrigolio dell’olio sulla padella, e così via. TikTok ha preso il cibo, ha staccato le telecamere appese da BuzzFeed e le ha sostituite con un approccio che strizza l’occhio all’Asmr, i celebri video di sussurri e suoni suadenti (per alcuni), facendo di ogni ricetta un cut il cui ritmo ricorda i trailer dei film d’azione.
Ma soprattutto, TikTok sembra aver riportato in auge l’host, che è poi lo chef o la chef (o influencer o creator) che cucina, di cui vediamo le mani, come in Tasty, ma anche la faccia; e ne sentiamo la voce, lo vediamo commentare un dettaglio importante o sottolineare la bontà del guanciale, mentre si inquadra con lo smartphone. Diletta Secco e Alessio Pellizzoni sono due esempi italiani di creator cibo-centrici i cui contenuti sono quanto di più distante da Tasty e la sua estetica precisina. Anche queste novità sono state influenzate dall’algoritmo che regola l’esperienza di TikTok, spingendo i creator a concentrarsi su contenuti video editati, con musiche di sottofondo, didascalie e – novità – una presenza costante del creator in camera. Queste influenze si fanno sentire anche sui reels di Instagram (prodotto che non ha mai nascosto la sua natura derivativa, diciamo, nei confronti di TikTok), scombussolando le certezze di molti influencer della piattaforma, come ha scritto recentemente il New York Times.
Cambio di linguaggio
Se Tasty nasceva per accomodare le esigenze del feed di Facebook, fornendo contenuti da consultare anche senza audio, il food post-TikTok, anche sui reels, si adegua ai voleri dei nuovi algoritmi. L’audio è sempre acceso e quindi essenziale, perciò il creator può e deve parlare. In questa nuova fase, è difficile farcela senza metterci la faccia, letteralmente: l’host in camera è essenziale, è spesso la prima cosa che gli utenti vedono quando scrollano verticalmente. Non è più un vezzo, è la normalità.
I TikTok di cucina hanno rovesciato il modello di Tasty senza però tornare all’originale televisivo, in cui il cuoco è inquadrato di tre quarti e da davanti, un po’ sul modello delle “due Benedette” (Parodi e Rossi). Il punto d’equilibrio tra le parti, sul social cinese, sta tutto in un montaggio serrato in cui ogni processo è messo in video, anche solo per un quarto di secondo, e usato come effetto sonoro.
Al confronto con l’editing serrato di TikTok, i video di Tasty hanno un ritmo lento, quasi zen, come se venissero da un mondo diverso e antico, in cui i video di cucina servivano a insegnare a cucinare, non a fare content. Fino a poco più di un anno fa, del resto, TikTok non permetteva di pubblicare video più lunghi di un minuto (il limite passò a tre minuti lo scorso luglio; oggi è a dieci minuti, un’eternità), costringendo all’editing selvaggio di cui sopra. Il “tiktoker” Eitan Bernath, noto per i suoi video di cucina, ha pubblicato una guida al video virale perfetto su YouTube, in cui lo si vede posizionare il telefono al punto giusto, schiacciare play e riprendersi mentre per un secondo fa un’azione in modo molto energetico (prendere una pallina di gelato dalla vaschetta, ad esempio). In un ritratto del creator scritto da Taylor Lorenz per il New York Times, il cosiddetto “FoodTok”, come viene chiamata la parte del social network dedicata dal cibo, è descritto come un ambiente assurdo: la fama, specie fino a un anno fa, poteva arrivare nel giro di una notte, sull’onda della spinta algoritmica della piattaforma, nota per pescare contenuti da utenti sconosciuti proponendoli a un pubblico enorme.
È quello che è successo a Bernath, oggi appena ventenne, che ha imparato a cucinare proprio dai video su internet. È ancora presto per misurare gli effetti dei recenti cambi di algoritmo, che hanno allungato i TikTok, aprendo la concorrenza con YouTube, ma potrebbero anche porre fine all’esigenza di editare i video con tale frenesia. Forse la consuetudine rimarrà per manierismo; forse si cementerà con lo stile di YouTube, ma con lo schermo in verticale. Non starà a noi deciderlo: a quello ci pensano gli algoritmi.
Pietro Minto
Nato a Mirano, in provincia di Venezia, nel 1987; vive a Milano. Collabora con Il Foglio, Il Post e altre testate. Dal 2014 cura la newsletter Link Molto Belli.
Vedi tutti gli articoli di Pietro Minto