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Flop

Cosa passa nella testa di un professionista televisivo?

Hai fatto un programma. Alcune cose sono andate lisce, altre no. E ora cerchi di capire se avrai un flop sulla coscienza. Ma per un “televisivo” il flop non esiste!

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Questo articolo è apparso per la prima volta su LINK Numero 24 - Flop. Il fallimento nell'industria creativa del 03 dicembre 2018

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Flop è parola che nel mondo della tv non si dice. Non si può. Porta male anche solo pronunciarla. Il flop degli altri presto potrebbe contaminarti e diventare tuo e del tuo prossimo programma. Quindi, in tv nessuno floppa mai. O meglio, i flop ci sono, accadono, ma non si portano a galla, non si svelano. Si gode, per il flop altrui, e anche molto. Ma in silenzio. E senza mai tradire (per esempio, con un movimento dei muscoli involontari del volto) il proprio godimento.

Tutte le mattine

Alle dieci del mattino o giù di lì, ogni giorno decine di addetti ai lavori smanettano su pc e tablet alla scoperta del flop di oggi, del programma che non ce l’ha fatta o sta inesorabilmente perdendo colpi, con la speranza crescente, di secondo in secondo, che il flop si mostri lampante e istruttivo (sì, il flop è anche una lezione su come si fa televisione, e chi è lì a smanettare sì che la sa fare, la tv!).

Con la speranza del flop altrui crescono anche i sensi di colpa, per i propri sentimenti misti di invidia gratuita e di perfida cattiveria. Flop e invidia camminano insieme. Il mondo della tv (dirigenti, manager, semplici impiegati, e allo stesso modo artisti, autori, registi, personale tecnico di varia natura) si riunisce virtualmente ogni mattina nel rito collettivo del rilascio dei dati e si aggrega pubblicamente alle manifestazioni di giubilo per i successi, mentre nutre nel privato del proprio cuore una gratitudine infinita per l’insuccesso altrui: “…e dacci oggi il nostro flop quotidiano!”.

Se sentite qualcuno pronunciare frasi del tipo “no, non sono così, io penso e mi preoccupo solo del mio, non m’importa del successo o dell’insuccesso altrui”, non credetegli, mente spudoratamente. E, aggiungo, stategli lontano, perché se invece è vero sicuramente non fa bene il suo lavoro. Sì, se non si prova almeno un po’ d’invidia, non si può fare bene la tv, creare e produrre un nuovo successo, o anche solo avere gli stimoli giusti per essere tra quanti tutti i giorni si affannano e tirano il carro della propria azienda o gruppo di lavoro. L’invidia muove la tv, le sue menti migliori, i direttori d’azienda l’uno in competizione con gli altri e porta i professionisti ad aver fame e a calpestare la propria vita privata a favore di quella trascorsa negli uffici, negli studi di registrazione, in esterna, in sala di montaggio, i sabati, le domeniche, le sere, i pranzi e le cene, e se serve anche le estati in spiaggia: tutti insieme, ognuno con il suo gruppo e il proprio clan, a lavorare al prossimo programma.

Ora ne hai la prova. È stato un flop. Flop. Flop. Sì, è così, anche tu sei incappato in un fottutissimo flop! Un disastro. Il peggior incubo, la peggior sfiga che ti possa mai capitare quando lavori in tv. Ma come tutti i peggiori morbi, una volta che ne sei uscito, vuoi uscirne per sempre. Crescono gli anticorpi. Cresce la capacità di superarli. E soprattutto di tacerne per sempre.

Tutti i segnali del prima

Ecco quindi un piccolo, essenziale vademecum, per addetti ai lavori e non solo, per offrire uno strumento utile a riconoscere i sintomi della malattia e a difendersi dal contagio.

Per prima cosa, esistono alcuni evidenti segnali che fanno presagire il peggio. Se riconosciuti per tempo, possono far prendere decisioni contro il rischio di flop. Ecco i cinque indizi più evidenti che si sta cominciando molto male: 1. la rete ha scelto di finanziare il titolo meno convincente tra quelli proposti, chi l’ha proposto l’ha fatto solo per completare il pitch, chi era in riunione e se n’è accorto non ha fiatato per viltà; 2. si è ventilato di Fiorello in conduzione, perché è il programma giusto per lui, ma a poche settimane dall’inizio delle riprese non si sa ancora chi lo condurrà; 3. all’interno del gruppo di lavoro c’è una guerra sotterranea tra più autori per decidere chi debba guidarlo; 4. ci sono ritardi infiniti su tutto, slittano la firma, il piano di produzione, la messa in onda; 5. il budget è di 50, ma tutti intorno a te pensano e agiscono come se lo show valesse 500.

Altrettanti segnali evidenti, a poche settimane dalla messa in onda, ti fanno sospettare paurosamente che il tuo programma sarà un flop: 1. è arrivato il conduttore e tutti capiscono immediatamente non solo che non è Fiorello, ma che lo sa anche lui; 2. non c’è più nessuno che si intesti il progetto, la mattina in redazione c’è il deserto e tutti gli autori sono impegnati contemporaneamente su questo e uno o due programmi altrove; 3. non sono previste riunioni ufficiali; 4. i promo di rete non passano, se non sporadicamente e perlopiù alla mattina; 5. il programma ti sembra che stia venendo da schifo e non sai a chi confessarlo. Ti senti solo.

A questo punto, non c’è più nulla da fare: se anche riconosci che stai per incappare in un flop, non c’è via di salvezza. Si va avanti, come sul Titanic. E arriva il momento della messa in onda. Ecco allora i cinque segnali, durante la trasmissione del tuo programma, che ti strizzano lo stomaco e ti fanno ritrovare la fede, per cui preghi che magari domani il tuo programma non sia un flop: 1. quanti di solito ti scrivono messaggi per commentare le cose della tv, stranamente hanno messo tutti il silenziatore; 2. riguardando, o guardando per la prima volta il programma in onda, provi una sensazione di terrore a cui reagisci pensando che non sei tu la persona giusta per giudicare il programma; 3. no, anzi, il tuo programma fa proprio cagare, ma ti consoli ripensando a quante volte è successo che programmi brutti o sbagliati sono stati clamorosi successi; 4. oddio, in realtà non è mai successo che programmi brutti o sbagliati siano stati clamorosi successi, anzi i programmi che ti vengono in mente sono proprio quelli brutti o sbagliati che sono stati flop clamorosi! 5. cambi canale, bevi alcol, ti metti a leggere Dagospia, t’addormenti a fatica, hai la certezza di vivere in un incubo che finalmente domani alle 10 finirà.

Il dato è tratto

Momento fatidico è la pubblicazione degli ascolti alle 10 del mattino dopo: cinque segnali ti portano a pensare che il tuo programma, il giorno prima, potrebbe essere stato davvero un f… un fl… un fl… (non ce la fai a pronunciarla, quella maledetta parola): 1. hai aperto il file e leggi il dato, è ancora più basso delle peggiori previsioni! 2. lo rileggi, vai avanti, torni indietro, lo rileggi, leggi gli altri dati dei programmi altrui, ma sì cazzo è veramente un dato bassissimo, più basso delle peggiori previsioni della notte; 3. provi un senso di leggerezza improvviso, perché nessuno ti chiama o ti scrive, forse nessuno se n’è accorto, o forse il dato non è poi così male perché sei tu a nutrire aspettative troppo alte ogni volta, ma gli altri no, intorno a te probabilmente sono tutti più rilassati e soddisfatti; 4. dopo mezz’ora si fa vivo il conduttore, in cerca di conforto (se tu sei il conduttore, chiami per avere un commento sul dato e sai che ascolterai una bugia, ma ne hai un bisogno tremendo); 5. alle 10.45, è il momento della mail, che ricevi o sei costretto a scrivere: riunione, tutti convocati! Sì, il programma è andato di merda…

Passano i giorni, alcune settimane. Ecco quindi i cinque segnali che il tuo programma è stato indubbiamente e definitivamente un grande flop e che presto hai bisogno di un nuovo successo per toglierti la sfiga di dosso: 1. strano, non ci sono più promo di rete che danno l’appuntamento alla prossima puntata! 2. il conduttore è diventato molto più cordiale con te, ma il suo sorriso mentre ti parla è di ghiaccio (se tu sei il conduttore, ti chiedi se all’improvviso non ti sia comparsa un’aura di merda intorno per cui nessuno ti si avvicina più); 3. lavori ancora al programma, ma non ci si ferma più a cena o a bere con i colleghi finita la giornata, anche tu riscopri la voglia di pensare di più a te stesso e vai a iscriverti in palestra; 4. in palestra, ti chiedono che lavoro fai e rispondi che sei nel campo dei media, “ma non mi piace parlare di lavoro quando sono fuori, parliamo pure di vacanze, grazie”; 5. al momento della nuova puntata del programma, se l’hai già vista neanche ci passi su con il telecomando, se non l’hai ancora vista ci passi, pensi che è ancora più brutta e sbagliata di quella prima e rivivi l’incubo della volta scorsa, pensando che i dati saranno ancora peggio, ma questa impressione è comunque meno dolorosa, l’incubo e il dolore stanno diminuendo, il programma tra un po’ finirà per sempre, niente male questo bicchiere di vino…

Sì, in quel bicchiere di vino leggi la verità. Ora ne hai la prova. È stato un flop. Flop. Flop. Sì, è così, anche tu sei incappato in un fottutissimo flop! Un disastro. Il peggior incubo, la peggior sfiga che ti possa mai capitare quando lavori in tv. Ma come tutti i peggiori morbi, una volta che ne sei uscito, vuoi uscirne per sempre. Crescono gli anticorpi. Cresce la capacità di superarli. E soprattutto di tacerne per sempre.

Il flop non esiste. Non è dato al flop di essere riconosciuto. E gli addetti alla tv hanno codificato un linguaggio speciale per negarne l’esistenza. Perché se anche il flop stavolta ha toccato il tuo peggior nemico, domani potrebbe capitare a te: non lo si augura mai a nessuno!

Il male e la cura

Sono passate alcune settimane, e di quell’esperienza non ti rimane alcun ricordo vivo, se non quando incroci qualcuno di quel gruppo e per un attimo rivivi un flash dell’incubo. Ma per fortuna nessuno tira fuori l’argomento, il patto non scritto dev’essere rispettato… La vita riparte. Sei in una riunione, con altre persone e un nuovo gruppo, per un nuovo programma, e nessuno (neppure ai margini di quella riunione) osa chiederti niente di quell’insuccesso… sei lì che aspetti, mentre ti allontani, che almeno quel tuo “pari” (dirigente, autore o produttore) ti chiami o ti tocchi e ti chieda “ehi, ma com’è andata con quella cosa, cos’è successo?”, ma niente, mentre ti allontani nessuno osa bloccarti… se è così, allora è andata, finalmente la nottata è passata, per sempre!

Il flop non esiste. Non è dato al flop di essere riconosciuto. E gli addetti alla tv hanno codificato un linguaggio speciale per negarne l’esistenza. Perché se anche il flop stavolta ha toccato il tuo peggior nemico, domani potrebbe capitare a te: non lo si augura mai a nessuno! Esistono cinque macro giustificazioni che i professionisti hanno coniato per negare l’evidenza dei più tremendi dati d’ascolto: 1. flop?? Il risultato non è affatto negativo, considerando la controprogrammazione! (E poi: lo share basso? La puntata era troppo corta! La permanenza bassa? La puntata era troppo lunga!); 2. flop?? È un programma “alto”, “innovativo”, “difficile”, l’Italia non è pronta, sapevamo dall’inizio di avere obiettivi d’ascolto più bassi! 3. flop?? Il programma ha registrato ascolti molto bassi, ma ha centrato i target di riferimento: sugli uomini 15-19 è stato 0,5 sopra media, e pure sulle donne 65+! 4. flop?? L’hashtag ufficiale dello show è entrato in tendenza tutta la sera! 5. flop?? Gli ascolti non sono mica l’unico parametro per decretare il successo di un programma!

L’esperienza mi ha insegnato a riconoscere i flop, e ci sto lontano. Per questo ho deciso di fissare i cinque punti per me imprescindibili prima di buttarmi in un nuovo progetto televisivo: 1. il programma da produrre convince pienamente rete e casa di produzione; 2. il gruppo di lavoro è sperimentato, adatto agli scopi e perfettamente organizzato; 3. sono tutti fieri di quello che si sta facendo, che sia il grande show o il piccolo factual a basso costo; 4. durante la realizzazione del programma ti fermi per un attimo a pensare a quanto sta venendo fuori e la cosa ti provoca una veloce ma profonda emozione; 5. il conduttore? Ma è Fiorello, che domanda!


Eugenio Bonacci

È chief content officer di FremantleMedia Italia. In precedenza, ha lavorato in Mediaset a Italia 1 ed è stato direttore generale contenuti di Magnolia Roma.

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