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Tendenze

L’amore di Netflix per le romantic comedy

Sparita dai cinema, la rom-com trova nuova vitalità sul non lineare. Con una forte progettualità, nuove voci e rappresentazioni più attente alla diversità. Un investimento rilevante e di successo.

Per un po’ di tempo è andato di moda dire che i film originali Netflix erano mediocri, fallimenti annunciati che nulla avevano a che vedere con il Cinema: una convinzione che si è radicata in molti a dispetto dell’evidenza di autrici e autori che con questa piattaforma riuscivano a realizzare film che probabilmente non avrebbero mai visto la luce con la distribuzione tradizionale. A invertire la tendenza è arrivato Roma (o i film dei fratelli Coen e Tamara Jenkins), opera girata in bianco e nero, parlata in messicano ed esplicitamente d’autore, capace di vincere la Mostra di Venezia e l’Oscar per miglior film straniero nonostante una distribuzione che privilegiava la piattaforma alla sala. Oggi è chiaro allora che la produzione cinematografica di Netflix si posiziona in maniera necessariamente trasversale, perché con una platea di 160 milioni di abbonati l’obiettivo non può essere che quello di dare a ciascuno il suo contenuto preferito: in questo senso sicuramente la strada aperta da Roma è portata avanti da altre opere (come gli ultimi film di Martin Scorsese e Noah Baumbach), ma quello “autoriale” è solo uno dei tanti scaffali virtuali. Negli ultimi due anni se ne può senz’altro identificare un altro piuttosto rilevante, dedicato alle romantic comedy, con l’obiettivo di dar nuova linfa a un genere che nell’ultimo decennio ha avuto una flessione rispetto ai fasti del passato.

Capisaldi e stereotipi

Gli anni Ottanta, Novanta e Duemila sono stati il periodo d’oro delle commedie romantiche, quelli che hanno fissato alcuni principali capisaldi del genere, in cui si sono affermate figure autoriali come John Hughes, Nancy Meyers e Norah Ephron, quelli del successo di Harry ti presento Sally e de Il mio grosso grasso matrimonio greco, della trilogia di Bridget Jones e dei film con Jennifer Lopez. Dagli anni Dieci l’industria è cambiata in maniera repentina e la commedia romantica ne ha fatto le spese: il box office, infatti, è sempre più dominato dai grandi franchise (soprattutto di derivazione fumettistica) e da produzioni capaci trovare formule di successo, come è accaduto ai film della Blumhouse, mentre i film di medio budget sono entrati in una crisi da cui non sembrano riuscire a risollevarsi. Nonostante non siano mai mancate in questo settore le figure autoriali e i film capaci di lasciare il segno nella storia del cinema, la commedia romantica è inscindibile dall’anima commerciale basata sulla serializzazione e sulla riproduzione di modelli narrativi simili, realizzati con la certezza di un pubblico di riferimento pronto a pagare il biglietto per assistere per l’ennesima volta allo stesso meccanismo narrativo. Se nell’ultimo decennio la commedia romantica ha perso il rapporto col pubblico, rifugiandosi soprattutto nel circuito indipendente e in alcune sporadiche comparsate nel cinema d’autore, la responsabilità non va ricercata nell’industria ma ricondotta anche all’evoluzione del genere. I successi del passato sono da attribuire non solo a una scrittura brillante ma anche alla capacità di questi film di parlare del loro presente in maniera ficcante – cosa che gli ha però impedito di diventare opere senza tempo, con alcune rilevanti eccezioni, che spesso coincidono con i capisaldi del genere.

Nel 2018 il colosso dello streaming mondiale è riuscito a individuare uno spazio libero in un mercato saturo e l’ha riempito di film molto diversi tra loro ma inseriti in una cornice organica, costruendo un mini-catalogo completo, in cui figura la storia di rivincita adolescenziale (Sierra Burgess Is a Loser), il film d’amore per il grande pubblico (The Kissing Booth), la commedia apprezzata dalla critica (Set It Up) e l’aggiornamento alla contemporaneità del modello alla John Hughes (To All the Boys I’ve Loved Before).

Molti stereotipi utilizzati dalla rom-com fino agli anni Duemila, il mondo che tendeva a rappresentare e i desideri che metteva in scena, non sono più sintomatici della sensibilità contemporanea. Come sottolinea Emily VanDerWerff su Vox, il declino industriale del genere è dovuto anche all’incapacità di evolversi culturalmente di pari passo al presente che dovrebbe raccontare, arenandosi su storie caratterizzate da una costante eteronormatività, personaggi quasi sempre bianchi, letture sociali spesso assenti, tropi non di rado offensivi e che non riflettono più la visione del mondo di un target che si è trasformato. 

E alla fine arriva Netflix

A rimanere insoddisfatta è una fetta di pubblico potenzialmente molto grossa, fatta di spettatori e spettatrici giovani ed estremamente diversificati dal punto di vista di estrazione sociale, culturale e di genere, che desiderano una commedia diversa dal solito racconto, con volti nuovi e la capacità di rappresentare i cambiamenti della società che per anni le erano sfuggiti. Proprio in questa zona di mercato lasciata scoperta alla fine si è piazzata Netflix, che a partire dalla sua vastissima banca dati ha puntato con coraggio su un genere ben definito, nella speranza di ottenere un ritorno economico e di immagine. Nei mesi estivi del 2018, infatti, sulla piattaforma sono state distribuite ben undici romantic comedy originali, promosse sotto il cappello chiamato “Summer of Love”, a cui gli abbonati hanno risposto con grande partecipazione. Secondo quanto riportato da Variety, infatti, Netflix ha trovato nella “Summer of Love” una vera miniera d’oro, l’investimento sulla rinascita di un genere scomparso ha dato risultati eccezionali. Solo nel terzo quarto del 2018 ottanta milioni di abbonati hanno visto almeno uno degli undici film distribuiti, dando vita a una importante produzione discorsiva sui social (i follower su Instagram di Noah Centineo, co-protagonista di To All the Boys I’ve Loved Before, sono passati in poco tempo da 0,8 a 13,4 milioni), che ha amplificato non solo la risonanza di alcune opere ma anche la visibilità complessiva del brand Netflix.

Il 2018, in sintesi, è stato un anno di svolta, perché il colosso dello streaming mondiale è riuscito a individuare uno spazio libero in un mercato saturo e l’ha riempito di film molto diversi tra loro ma inseriti in una cornice organica, costruendo un mini-catalogo completo e adatto a tante tipologie di spettatore, in cui figura la storia di rivincita adolescenziale (Sierra Burgess Is a Loser), il film d’amore per il grande pubblico (The Kissing Booth), la commedia apprezzata dalla critica (Set It Up) e l’aggiornamento alla contemporaneità del modello alla John Hughes (To All the Boys I’ve Loved Before). In questo modo milioni di spettatori in tutto il mondo hanno ricevuto da Netflix quello che non trovavano più nei multiplex, riconoscendosi in film capaci di farli emozionare e sentire rappresentati. Set It Up è l’esordio alla regia di Claire Scanlon – giovane autrice che ha lavorato ad alcune delle più innovative comedy televisive come Brooklyn Nine-Nine, GLOW, The Good Place – e offre una prospettiva sul genere in discontinuità con la tradizione, inserendo nel film vari personaggi femminili costruiti in modo stratificato e rappresentando un mondo in cui persone non bianche occupano posti di potere.

Quello sulle rom-com è un investimento in cui emerge una palese progettualità, ribadito dalla volontà di capitalizzare il più possibile dagli obiettivi raggiunti. Dopo aver concesso agli abbonati un’abbuffata di commedie romantiche di ogni tipo, nel 2019 Netflix ha attuato una strategia differente, proponendo una serie di film a distanza di qualche mese, ciascuno orientato ad affrontare il genere da una diversa prospettiva. A questo proposito, è molto interessante il lavoro fatto su Noah Centineo, e in particolare sull’uso della sua figura divistica. Dopo l’enorme successo dell’estate del 2018 che ha reso l’attore l’idolo di adolescenti di tutto il mondo – con risvolti a volte anche inquietanti – Netflix ha deciso per il 2019 di sfruttare il più possibile la sua incredibile popolarità. The Perfect Date, infatti, è un film che prima ancora di raccontare la storia di un giovane ragazzo che progressivamente trova il vero amore, utilizza un semplice ma efficace escamotage narrativo per riflettere sulla figura divistica di Centineo, sul suo fascino e sulla sua capacità di bucare lo schermo e piacere a tante tipologie di donne.

Rappresentazione femminile

Un altro tassello significativo di questo discorso arriva a febbraio del 2019, quando su Netflix esordisce Isn’t It Romantic, commedia fortemente autoriflessiva e citazionista. Le tre autrici della sceneggiatura (Erin Cardillo, Dana Fox e Katie Silberman), appoggiandosi alla mano ferma di Todd Strauss-Schulson alla regia, mettono in piedi una commedia romantica dedicata principalmente agli amanti del genere, a coloro che conoscono a menadito le marche stilistiche, i temi narrativi e le situazioni ricorrenti, perché il film di continuo si impegna a ribaltare i tropi classici in modo da svelarne non solo la funzione ma anche la cultura su cui si appoggiano, soprattutto se si tratta di un sistema patriarcale e misogino. Al centro della storia c’è Nathalie (Rebel Wilson), una ragazza grassa a cui la vita ha insegnato a odiare le rom-com perché per chi come lei non assomiglia a Julia Roberts rappresentano un mondo a cui è impossibile accedere. È l’incarnazione della spettatrice frustrata e cinica, che commenta la stupidità di tutti i cliché del genere dalla posizione di chi, per via del suo aspetto estetico, si trova a essere esclusa aprioristicamente da certe narrazioni. Tramite un espediente magico il mondo abitato dalla protagonista si trasforma in una commedia romantica e così facendo scatena nella protagonista una riflessione su se stessa e sulle proprie insicurezze e al contempo dà luogo a una riscrittura del genere in grado di ribaltare gli stereotipi tradizionali e offrire spazio di rappresentazione a quelle donne (la maggioranza) che non aderiscono ai rigidissimi canoni di bellezza hollywoodiana che hanno dominato in questo genere di film.

Il fatto che Netflix sia attiva nella produzione e nella distribuzione sia di film sia di serie televisive consente una intensa permeabilità tra le due forme espressive, che nel caso specifico delle rom-com ha significato la possibilità (e il coraggio) di affidare a figure autoriali giovani e talentuose provenienti dalla serialità televisiva la responsabilità creativa di alcuni film, i più interessanti e innovativi.

Qualche settimana dopo il discorso sulla rappresentazione femminile è approfondito ancora con Someone Great, forse la più riuscita delle commedie romantiche di Netflix. Si tratta di una commedia che trascende il genere abbracciando varie forme di ibridazione, mettendo così in evidenza tutto il talento dell’autrice Jennifer Kaytin Robinson, che esordisce nel lungometraggio dopo aver realizzato per Mtv un ottimo show come Sweet/Vicious, che oltre a raccontare in maniera efficace i ventenni porta avanti una riflessione sulla denuncia della cultura dello stupro. Someone Great è un film dalle tante facce, che senza dubbio tende un ponte verso la commedia romantica mediante la storia di Jenny e Nate (esaltata dalla chimica tra Gina Rodriguez e LaKeith Stanfield), ma al contempo è un lavoro che non rinuncia a momenti drammatici e che alla storia d’amore centrale unisce la riflessione sulla crescita tutta femminile, in buona parte sganciata da discorso sulla coppia. L’idea forte di Robinson è di unire anime diverse e metterle in dialogo, costruendo relazioni tra il superamento del dolore della protagonista e la crescita come donna e come professionista. A fare da collante delle spinte narrative è l’amicizia femminile, rispetto a cui Someone Great si presenta come una lettera d’amore: è infatti nella capacità di comprendersi a vicenda e di riconoscere le reciproche difficoltà che Jenny, Blair ed Erin trovano il senso della loro amicizia, un rapporto splendido che la regista mette in scena sia con momenti in cui è difficile trattenere le lacrime sia con esilaranti montaggi musicali. Il film punta tutto sull’autenticità, sviluppando a partire da un punto di vista interno (l’autrice è coetanea delle protagoniste) un discorso sulla rappresentazione femminile che rifiuta le compartimentazioni tradizionali e mette al centro i corpi delle tre attrici e il loro sguardo sul mondo senza filtri, imbarazzo o inibizioni, guidato da un female gaze che porta le spettatrici a identificarsi e gli spettatori a vedere il mondo con altri occhi.

Netflixation

L’ultimo esempio di questa “netflixation” della romantic comedy è Always Be My Maybe, uscito alla fine di maggio per intercettare l’enorme fetta di pubblico di origine asiatica della piattaforma (oltre che tutti gli altri spettatori), sull’onda dell’enorme successo al cinema di Crazy Rich Asians, film che ha dimostrato all’industria hollywoodiana che non solo si può scommettere su una commedia con protagonisti asiatici ma soprattutto che un tentativo del genere, se ben progettato e venduto, può portare ottimi risultati. Always Be My Maybe è un altro caso di un’autrice televisiva che esordisce alla regia cinematografica grazie a Netflix: Nahnatchka Khan infatti è stata la creatrice e produttrice di Don’t Trust the B*** in the Apt. 23 e di Fresh Off the Boat, una delle prime serie con protagonisti asiatico-americani dei network. Il film è una commedia brillante scritta è interpretata da Ali Wong e Randall Park, che vede nel cast anche Keanu Reeves che interpreta in maniera esilarante se stesso. Always Be My Maybe funziona non solo perché è scritto, diretto e interpretato da persone di grande talento, ma anche perché inserendosi nel solco della commedia romantica ne riscrive le regole, esaltando le qualità classiche del genere ma adattandole a una sensibilità contemporanea che parla con orgoglio la lingua della diversità e dell’inclusione.
A due anni da quando Netflix ha deciso di investire seriamente sulla romantic comedy è possibile trarre alcune conclusioni sul progetto, i suoi risultati, le sue principali peculiarità e le prospettive future. Oltre al plauso critico ottenuto da alcuni titoli e alla capacità di intercettare target molto diversi e trasversali, va sottolineata una questione tutt’altro che banale, forse il vero punto di forza del progetto. Il fatto che Netflix sia attiva nella produzione e nella distribuzione sia di film sia di serie televisive consente una permeabilità tra le due forme espressive, che nel caso specifico delle rom-com ha significato la possibilità (e il coraggio) di affidare a figure autoriali giovani e talentuose provenienti dalla serialità televisiva la responsabilità creativa di alcuni film, i più interessanti e innovativi. Alla luce di questo risultato non è semplice immaginare scenari futuri, soprattutto perché l’ingresso di player come Apple e Disney potrebbe cambiare (e non di poco) gli equilibri; non c’è dubbio però che se Netflix vuole continuare a essere incisiva l’unica strada è sfruttare il proprio potere economico facendo investimenti coraggiosi, come ha dimostrato con le commedie romantiche.


Attilio Palmieri

È dottore di ricerca presso l'Università di Bologna, si occupa da anni di serialità televisiva e ha pubblicato saggi sulla tv e sul cinema nordamericano in diversi volumi accademici. Scrive di critica televisiva e cinematografica per riviste sia cartacee sia web come Segnocinema, Seriangolo, Esquire Italia, Point Blank e Best Movie.

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