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Immaginari seriali

Napoli colonna sonora

A partire da La vita bugiarda degli adulti e oltre, esploriamo alcuni sentieri attraverso cui il suono di Napoli riesce a dominare gli schermi televisivi. In bilico, oggi più che mai, tra passato e futuro.

Se è vero che attraverso la musica si può suggerire una visione più profonda di quello che sta accadendo sullo schermo, è altrettanto importante il modo in cui certi brani sono posizionati nella vicenda narrata. Sarà pure scontato, ma ha senso ripeterlo. Le parole di una canzone, talvolta, hanno il compito di guidarci tra i tendini e le ossa della sceneggiatura: come un monologo in controluce tra le pieghe della messa in scena, replicando le funzioni che aveva il coro nel teatro greco di tanto tempo fa. Pare aver risposto proprio a queste sollecitazioni la colonna sonora della serie Netflix La vita bugiarda degli adulti, tratta dal libro di Elena Ferrante e diretta da Edoardo De Angelis. Alle quattordici composizioni di Enzo Avitabile, la cui intensità descrive bene l’adolescenza affilata della protagonista, si accompagna una scelta di suggestioni sonore che spazia da Edith Piaf ai Morphine, passando per Gianna Nannini, Franco Califano e i ritmi in levare di Dawn Penn. Non è un caso il ricorrere di Rosa Balistreri e della sua “Cu ti lu dissi”, le cui liriche hanno un significato ben preciso nel dipanarsi della vicenda, sebbene sia la musica partenopea e non quella siciliana a fare da protagonista assoluta. Come è giusto che sia, dal momento che La vita bugiarda degli adulti è quasi interamente ambientata nella Napoli degli anni Novanta: poetica, brutale, immaginifica come i sogni che sopraggiungono durante le notti di febbre. 

Chi conosce l’approccio dietro la macchina da presa di Edoardo De Angelis, sa in che modo la sua visionarietà riesca a fotografare il reale in modo inconsueto. Pensiamo all’episodio “Magnifico shock” del film Vieni a vivere a Napoli (2016), in cui già l’elemento musicale costituiva il perno della narrazione fungendo quasi da scenografia. La vita bugiarda degli adulti compie un passo in avanti mostrando gli artisti nell’atto di esibirsi: i 99 Posse con “S’addà appiccià”, ma anche Raiz degli Almamegretta insieme agli Zezi, e ancora Teresa De Sio con “Mi votu e mi rivotu” (altro titolo associato indelebilmente a Rosa Balistreri). La colonna sonora attinge con intelligenza nell’enorme serbatoio del Vesuvio, accodandosi alla scia di un rinnovato interesse per la musica e la lingua napoletana che dura da qualche anno. 

Attenzione rinnovata

Non parliamo di quelle attenzioni dei media che di solito si spengono con deboli fiammate tra un Sanremo e l’altro, e nemmeno dell’ennesimo tormentone su TikTok. Potremmo dire piuttosto che è un felice mescolarsi di generi, epoche e contaminazioni ad attirare spettatori molto diversi per età e gusti, mostrando la naturale tendenza di certi suoni a valicare confini sia discografici sia televisivi. Vi è capitato, per esempio, di sentire l’ultima sigla di Domenica In? Si intitola “Un giorno eccezionale” ed è stata scritta e interpretata da Franco Ricciardi e Andrea Sannino, due nomi decisamente noti dell’area al confine tra la scena neomelodica e il pop mainstream. Definizioni che valgono poco, se consideriamo che Ricciardi ha alle spalle due David di Donatello grazie alle collaborazioni cinematografiche con i Manetti Bros e una credibilità che lo ha portato a essere uno degli artisti italiani più accostabili all’immaginario dell’America nera. Non perché sia un rapper o un cantante soul, ma perché rappresenta in pieno quello che il critico Federico Vacalebre si domanda da tempo a proposito della scena neomelodica: “Possibile non capire che questo mondo popolare è lo stesso – proprio lo stesso – da cui in Algeria è nato il rai, nei ghetti neri il rap, a Kingston il reggae?”. “Un giorno eccezionale” non ha velleità di sorprendere, limitandosi a intrecciare strofe in italiano e accenni di napoletano per tre minuti ruffiani al punto giusto, praticamente perfetti per un contenitore come Domenica In. E va bene così. A guardare bene, il ridestarsi dell’interesse da parte del grande pubblico per l’universo partenopeo scorre su binari che non hanno necessariamente a che fare con la musica in senso stretto; ma è come se non possano prescindervi neanche un momento. Tentiamo allora una breve ricognizione, senza pretesa di completezza.

Vi è capitato, per esempio, di sentire l’ultima sigla di Domenica In? Si intitola “Un giorno eccezionale” ed è stata scritta e interpretata da Franco Ricciardi e Andrea Sannino, due nomi decisamente noti dell’area al confine tra la scena neomelodica e il pop mainstream.

Sono molti i canali che, soprattutto grazie alle piattaforme in cui guardare (e recuperare) contenuti in streaming, stanno dedicando sempre più spazio ai vari Assunta la regina del mare, Lady Maria Consiglio: lo chic in cucina, Le neomelodiche show, e Chiamatemi Tony King, accanto all’ormai classico Il castello delle cerimonie. Senza contare le tre stagioni de I bastardi di Pizzofalcone, le due di Mina Settembre e le sei puntate sulle indagini del commissario Ricciardi, tutti personaggi usciti dalla penna di Maurizio De Giovanni. Stiamo volutamente tralasciando l’universo delle soap opera, e mettendo da parte molti altri titoli che hanno a che fare con Napoli ma che hanno ormai concluso o messo in pausa il proprio arco narrativo, come Gomorra. Una cosa però salta all’occhio: non tutte le produzioni citate possono contare su una colonna sonora consacrata interamente alla dimensione napoletana, sebbene siano quasi sempre musicalmente affini a quel tipo di sonorità, o ne ripercorrano le fascinazioni. Nel farlo pescano tra partiture e arrangiamenti che hanno reso grande la canzone partenopea del passato, altre si affidano a una voce singola come quella del già citato Raiz. Il quale non solo rappresenta un vincolo di “continuità musicale” grazie alla militanza negli Almamegretta – il loro ultimo album, uscito nel 2022, è bellissimo – ma ha ormai una sua riconoscibilità anche attoriale (basta pensare al ruolo di Don Salvatore Ricci nella serie Mare Fuori, ambientata in un Istituto di Pena Minorile ispirato al penitenziario di Nisida). 

Ferrante e dintorni

E se nella colonna sonora de Il commissario Ricciardi l’unico appiglio forte alla lingua napoletana è la sigla iniziale, una struggente “Maggio se ne va” di Pino Daniele, la prossima fiction di Canale 5 con Massimo Ranieri vedrà al centro dell’intera vicenda la gestione dell’immaginaria casa discografica “Parthenope”. Nel cast de La voce che hai dentro, trova infatti spazio anche Carola Moccia, artista trap che con il nome de plume di La Niña sta da qualche tempo provando a mettere insieme fantasmi digitali e “’O surdat ’nnamurato”. All’incrocio di atmosfere sintetiche e repertorio tradizionale è anche l’approccio scelto per dipingere i suoni de L’amica geniale, altro adattamento da Elena Ferrante. Qui le composizioni ibride di Max Richter si intervallano ai classici d’epoca: quasi stralci di una vita perduta, fotografie da ricolorare.

Se nella colonna sonora de Il commissario Ricciardi l’unico appiglio forte alla lingua napoletana è la sigla iniziale, una struggente “Maggio se ne va” di Pino Daniele, la prossima fiction di Canale 5 con Massimo Ranieri vedrà al centro la gestione dell’immaginaria casa discografica “Parthenope”.

Per tornare da dove eravamo partiti, proviamo ad unire un ultimo punto. Tra i brani che si ascoltano lungo i fotogrammi de La vita bugiarda degli adulti, c’è anche l’insospettabile “Gennarino ’O Sioux”: si tratta di un brano disco-funk del 1979 firmato Tonica & Dominante, un duo riemerso dalle brume del tempo grazie al fermento nato attorno al progetto discografico Napoli segreta. Da una serie di dj set in cui i collezionisti Gianpaolo Della Noce e Lorenzo Sannino hanno iniziato a recuperare il patrimonio di quella Napoli dimenticata è nato “qualcosa” in grado di influenzare la scena musicale di oggi; e da lì i contorni dell’identità partenopea sul grande e piccolo schermo. In che maniera? Avreste mai sospettato che un programma come Pazzi di pizza, condotto dalla “voce di Napoli” Sal Da Vinci e rivolto a una platea volutamente generalista, potesse essere accompagnato da ritmi afro, jazz-funk e balearic spalmati su testi rigorosamente in napoletano? Sono i Nu Genea, gli esponenti più noti di questo new neapolitan sound che conquista ascoltatori di mezzo mondo. Insomma, il fatto stesso che “Gennarino ’O Sioux” sia finito nella colonna sonora della serie di De Angelis è un segnale non trascurabile: fa supporre che studiare il passato per rivitalizzarlo, come si fa oggi nei dischi di Pellegrino, Capinera o Banda Maje, guarda (paradossalmente?) dritto a una nuova idea di futuro. Un cambio di prospettiva che forse può arricchire anche il modo in cui la tv guarda alla musica napoletana contemporanea, scenario sfaccettato e meravigliosamente imprevedibile. Altro che “colazione neomelodica”…


Carlo Babando

Giornalista, scrittore e docente di letteratura italiana e storia. Ha collaborato con Mucchio Selvaggio, Mucchio Extra e dal 2014 firma recensioni e retrospettive sulle pagine di Blow Up, curando una rubrica mensile interamente dedicata alla cultura afroamericana. Lavora a vario titolo nel campo della musica, della radio e della televisione. È autore di Marvin Gaye. Il sogno spezzato (2016) e Blackness (2020).

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