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Cinema

Il nuovo teen movie italiano e le sue star

Negli ultimi anni, tra sale cinematografiche e on demand, c’è una rinnovata attenzione anche italiana per le storie di adolescenti. Non più accessori ma protagonisti, anche se spesso senza il lieto fine.

Prima o poi doveva accadere: che qualcuno dei nostri produttori più smart, stanco di galleggiare nella morta gora del cinema italiano di oggi – dove, al netto di qualche autore da festival, si è commedia o non si è – si prendesse la briga di guardare oltre le ovvietà del box office e notasse che, negli ultimi anni, c’è stato un piccolo fenomeno interessante ai piani medi della classifica dei film (non italiani) più visti.

Doppiamente interessante, viene da aggiungere: per le cifre ottenute al botteghino, ma anche per il tipo di pubblico richiamato in sala. Il fenomeno è quello del teen-weepie, che, proprio qui un anno fa, si provò a definire e, prima, a perimetrare, a partire da quell’etichetta nata dal combinato disposto di teen (come in teen-movie, i film con e per gli adolescenti) e weepie (come da espressione colloquiale, e un po’ snob, a definire i film strappalacrime nell’industria hollywoodiana). Insomma, i film per teen che fanno piangere a dirotto gli stessi teen, ormai rari esemplari per il mercato della sala cinematografica. Però, quel target (la sua componente femminile soprattutto), pur se piuttosto refrattario alla fruizione su grande schermo (al netto di pochi titoli evento di franchise e affini, come quelli Marvel/Disney o Warner), invece, s’è presentato puntuale all’appello per ogni teen-weepie, dal capostipite del filone, Colpa delle stelle (J. Boone, 2014), fino agli ultimi epigoni (nell’estate 2020 Endless di Scott Speer, già regista di un altro caposaldo, Il sole a mezzanotte – Midnight Sun), quasi tutti propiziati da precedenti best-seller editoriali. 

Dagli Stati Uniti all’Italia

Nelle ultime stagioni, insomma, non è mancata la dose annuale di lacrime teen, con grande soddisfazione di alcune distribuzioni leste a puntarci (soprattutto Warner Bros. Italia e Eagle Pictures). Magari con qualche punto di tangenza con il fenomeno After, nel suo proporsi come succedaneo delle Cinquanta sfumature di grigio per adolescenti. Non è il caso di tornare più di tanto su titoli e dati del filone d’oltreoceano, anche se è piuttosto facile individuare i tratti riconoscibilissimi attorno ai quali si è coagulato: il primo amore che è anche l’ultimo, la coppia teen che si fa mondo contro tutto e tutti (soprattutto i genitori, spesso veri antagonisti), la malattia (di lei, generalmente) quanto mai bizzarra e rara, ma sempre anche metaforica (non potersi toccare, non poter uscire, non poter esporsi alla luce del sole), un gesto, oltranzista e folle, che non salva la vita (no happy end here, sorry), ma lascia un ricordo indelebile in chi resta (e in chi guarda, con il ciglio umido e la vista annebbiata dalle lacrime).

Il primo amore che è anche l’ultimo, la coppia teen che si fa mondo contro tutto e tutti (soprattutto i genitori, spesso veri antagonisti), la malattia (di lei, generalmente) quanto mai bizzarra e rara, ma sempre anche metaforica (non potersi toccare, non poter uscire, non poter esporsi alla luce del sole), un gesto, oltranzista e folle, che non salva la vita (no happy end here, sorry), ma lascia un ricordo indelebile in chi resta (e in chi guarda, con il ciglio umido e la vista annebbiata dalle lacrime).

Ora, provate a rintracciare questi elementi nel piccolo caso Sul più bello (A. Filippi, 2020), uscito in sala a fine ottobre, prodotto e distribuito da Eagle Pictures, fortemente voluto dal patron Roberto Proia (che figura anche come co-sceneggiatore): sullo sfondo di una Torino raramente così magica, dove tutto è davvero possibile, lei (Ludovica Francesconi, un mix tra Amélie e le dame dal lungo collo di certa pittura rinascimentale), liceale peperina, con rara malattia genetica, orfana (ma circondata da un mondo di affetti bizzarri, come la coppia di amici gay-lesbo che sta insieme e vuole un figlio…), si innamora di lui (Giuseppe Maggio, già bad boy in Baby), universitario annoiato bonazzo e ricco rampollo della upper society sabauda, e lo conquista contro ogni buon senso e previsione. Di più, dopo i consueti tira e molla del caso, lo porta pure all’altare e il film s’interrompe lì, come nel titolo, Sul più bello, e si può rintracciare qui forse un certo spirito italiano che non indulge fino in fondo nel weepie e nella sua chiusa funerea, ma preferisce lasciare appunto le cose in sospeso. Quindi, un perfetto teen weepie corretto all’italiana, con una certa ironia preziosa di fondo, ma che – e qui si ha la prova del fatto che nasca da un’osservazione diligente e attenta del filone d’oltreoceano – passa anche attraverso il predisporsi su più media come gli originali, tra editoria e colonna sonora ad hoc per quel pubblico. Sul più bello era anche un romanzo sviluppato in parallelo, ma pubblicato prima (da Rizzoli), scritto da Eleonora Gaggero (ex-divetta del mondo Disney Italia e affermata autrice di teen-novel, presente in un ruolo secondario nel film) ed esibiva nella soundtrack pure un pezzo omonimo esclusivo di Alfa, rapper molto amato dai nostri teen.

Non gli mancava nulla, quindi, per essere un piccolo grande successo, il primo che consentisse al pubblico adolescente nostrano di appassionarsi a una storia in tutto e per tutto italiana, senza i soliti compromessi con mondi e culture non perfettamente sovrapponibili. E, dopo una presentazione alla Festa del Cinema di Roma, nel weekend di uscita in sala, a fine ottobre 2020, ha parlato forte e chiaro nei risultati (in testa al box office, più di 300mila euro di incasso), accolto con entusiasmo dal pubblico d’elezione, salvo poi trovarsi, suo malgrado, a fare i conti con il secondo lockdown delle sale, che ha costretto a una sorta di congelamento sulla rampa di lancio del film, poi riemerso su Prime Video a gennaio 2021. Di nuovo, con successo, verrebbe da chiosare, a giudicare dall’annuncio, qualche settimana dopo, dell’entrata in produzione non di uno, ma di ben due sequel girati in contemporanea, con un’operazione che ricorda quella di Smetto quando voglio di qualche anno fa.

Il filone continua

Appena un paio di mesi dopo, a fine marzo 2021, questa volta direttamente su Netflix, è stata la volta di Sulla stessa onda, film d’esordio di Massimiliano Camaiti. Lorenzo e Sara (Christian Roberto ed Elvira Camarrone) si incontrano a una scuola di vela a San Vito Lo Capo, ma continuano una storia d’amore sempre più importante a Palermo, alle prese con la malattia degenerativa di lei, prima tenuta nascosta a lui e pronta a far sbandare la coppia, che però trova un collante fortissimo nella partecipazione a una regata, un gesto insieme incosciente e lucidissimo contro ogni rassegnazione imposta dalla vita. Anche qui è riconoscibilissimo l’imprinting del teen weepie, ma colpisce che se ne faccia una declinazione altra rispetto a Sul più bello, con un tono più realista, fermo, meno sopra le righe, coerentemente – piace pensare – con l’impronta produttiva della Cinemaundici di Luigi Musini (qui con Mediaset), dietro a tanto bel cinema d’autore anche negli ultimi anni (da Olmi ai Taviani), fino al piccolo grande exploit di Sulla mia pelle proprio per Netflix.

Resta da capire se la nostra industria audiovisiva, magari giocando di sponda tra sala e piattaforme, in futuro possa esprimere una produzione regolare di teen movie, più articolato e diversificato, oltre il carattere funereo di fondo dei vari Sul più bello e Sulla stessa onda, riscattando gli adolescenti italiani dal paradosso per cui, una volta protagonisti, tendono a non sopravvivere alla fine dei loro stessi film.

Anzi, anche l’approdo alla piattaforma Ott – in un secondo tempo per Sul più bello (che, lecitamente, nasceva per la sala e intendeva sfruttare un passaggio potenzialmente remunerativo) e da subito per Sulla stessa onda – è un fattore importante per l’operazione industriale che si intravede formarsi dietro questi primi due titoli. Lì, su Netflix, ci sono le praterie sconfinate di quel pubblico teen che si vuole attrarre, e spesso, ormai, anche una line-up di titoli seriali (Summertime, Baby, Curon, Skam: quasi tutte le produzioni italiane della piattaforma guardano a quel target…) dai quali, insieme a quelli di una certa fiction generalista evoluta, attingere, anche in termini di cast. Infatti, è innegabile che l’innesco di un neo-teen movie non potrebbe darsi davvero senza quel retroterra garantito da un’offerta seriale che, prima di tutto nei servizi Ott, ma insieme ormai anche nel mondo generalista (da La compagnia del cigno a Mare fuori, per restare alle ultime stagioni), si è un po’ emancipata dal classico caveat dei nostri produttori sulla non sostenibilità dei titoli only for teen. E, per inciso, forse più che di un innesco, sarebbe corretto parlare di un re-innesco: c’è una lunga tradizione di titoli italiani a destinazione teen che parte dagli anni Ottanta, con Sposerò Simon le Bon e le Vacanze in America vanziniane, in un gioco di sponda con la nascente fiction Mediaset (da I ragazzi della 3 C a College) e riemerge, carsicamente con ricorrenza periodica, a partire dai 2000, tra Tre metri sopra il cielo, tutto il moccismo di ripiego e i tentativi più recenti fin troppo sofisticati, da Slam. Tutto per una ragazza a Un bacio. Per tacere di Braccialetti rossi su Raiuno e Bianca come il latte rossa come il sangue al cinema che il lacrima movie per ragazzi, forse, un po’ l’avevano già anticipato.

Una filiera in progress

Infatti, a riprova di questa filiera nel tempo non così evidente, non si può non citare il terzo titolo ideale che nell’ultimo anno induce a sperare in una produzione di teen movie italiano consolidata e continuativa: Sotto il sole di Riccione (You Nuts, 2020), strenna estiva di Netflix (dentro il pacchetto di film co-prodotti con Mediaset), figlio (il)legittimo del Sapore di mare vanziniano accoppiato in vitro con il mondo musicale di Tommaso Paradiso (come neo-Gino Paoli in colonna sonora e in cameo), è corale e ampio, nel cast assemblato da pezzi di Baby, Skam Italia, La compagnia del cigno (e oltre), da accogliere dentro di sé persino un pizzico di teen weepie (il ragazzo cieco che inizia una storia sofferta con la coetanea), però con uno spirito ottimista e una vocazione all’happy end che vanno in tutt’altra direzione rispetto al filone lacrimevole qui preso in considerazione. Ancora, Genitori vs Influencer (M. Andreozzi, 2021), il film Sky Original di Pasqua 2021, uno dei titoli Vision prima previsti per la sala e oggi riconvertiti ai palinsesti della pay, fa scivolare spesso la commedia di conflitto generazionale tra prof umanista anti-social (Fabio Volo, di ritorno al cinema) e figlia adolescente aspirante influencer (Ginevra Francesconi, sorella della Ludovica di Sul più bello) verso modi e situazioni del teen movie.

Ma questi ultimi due titoli rischiano di far tornare alla vecchia abitudine produttiva italiana degli adolescenti “ospitati a pigione” nelle storie di adulti e di famiglie, escludendone il vero protagonismo. Dicono però di un’attenzione rinnovata al target, soprattutto nei cast, in grado di esprimere un divismo plausibile, più femminile che maschile (qualche nome? Le sorelle Francesconi, Fotinì Peluso, Lorenzo Zurzolo, Ludovico Tersigni, Federica Martino, Benedetta Porcaroli, Alice Pagani…), anche se effimero e rapidissimo a bruciarsi come l’età che rappresenta. Resta da capire se la nostra industria audiovisiva, magari giocando di sponda tra sala e piattaforme, in futuro potrà esprimere una produzione regolare di teen movie, più articolata e diversificata. Magari anche in direzioni spericolate e per noi inedite, come l’atteso teen-fantasy Non mi uccidere, opera seconda di Andrea De Sica, che con il mondo degli adolescenti ha già dimostrato un buonissimo feeling ne I figli della notte (e pure nella serie Baby) e può ora tentare, guarda caso per Warner Bros. Italia, una sorta di Twilight italiano, dai romanzi ado-goticheggianti di Chiara Palazzolo, addirittura il Gianni Romoli di Fantaghirò (e di Ozpetek!) tra gli sceneggiatori. A pensarci bene, una storia di adolescenti non-morti può essere un buon modo per superare il paradosso secondo il quale i nostri teen, una volta diventati protagonisti dei loro film, tendono a non sopravvivere al loro finale.


Rocco Moccagatta

Critico e studioso di cinema, televisione e new media, analista dei media e insegna Storia del cinema delle origini e classico e Modelli e scenari televisivi e crossmediali nazionali e internazionali presso l’Università IULM di Milano. Da sempre si occupa di generi popolari e di cinema italiano del passato e contemporaneo. Scrive o ha scritto su FilmTv, L’Officiel Homme, Duel/Duellanti, Segnocinema, Comunicazione politica8 ½ , Marla, Nocturno Cinema. Ha appena pubblicato un libro sul cinema dei fratelli Vanzina. È stato ribattezzato “Giancarlo Cianfrusaglie” da Maccio Capatonda e ne va orgoglioso.

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