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Cultura digitale

La reinvenzione della nostalgia

Si può provare la mancanza di qualcosa avvenuto pochi anni prima. E si può dare un nuovo senso alle immagini del passato, colorate e rese vicinissime. La linea temporale digitale si è accartocciata.

La linea del tempo non esiste più. Ammesso che sia mai esistita, ovviamente, e che non fosse un banale miraggio con cui davamo ordine alle nostre vite. Comunque sia, la pandemia ha fatto svanire questa e altre illusioni, conducendoci in un mondo in cui il tempo si è fatto liquido, personale e soggettivo, ad Einstein piacendo. Per farsi un’idea e scandagliare gli abissi di un tempo sbriciolato, consigliamo di fare una capatina nell’hashtag #Nostalgia di TikTok, per visitare un pezzo di social network popolato da giovani e giovanissimi – anche se noi trenta-quarantenni siamo anche lì oramai –, alle prese con la loro idea di nostalgia. È qui che troviamo video in cui i primi anni Dieci del Duemila sono celebrati come fossero i roaring twenties o i giorni della swinging London, o video in cui il 2016 è rivissuto da membri della Generazione Z con gli occhi lucidi.

The Dictionary of Obscure Sorrows, un sito che crea definizioni e termini per concetti indefinibili, ha coniato una parola che potrebbe tornarci utile per questo caso: Anemoia, “nostalgia per tempi che non si sono mai vissuti”. Ecco, nuotare nella #nostalgia di TikTok è il miglior modo per scoprire le profondità della anemoia, sentimento complesso e raro, ma sovra-stimolato dai meccanismi dei social media. Nel pieno della prima ondata di Covid-19, Vox scriveva di come “l’estetica di Tumblr del 2014” fosse ammirata – e replicata – dai giovani americani, e Vincenzo Marino nella newsletter Zio ha descritto la fascinazione degli “zoomer” italiani per il 2016, anno imprescindibile per la trap nostrana, già rimpianto.

Per farsi un’idea e scandagliare gli abissi di un tempo sbriciolato, consigliamo di fare una capatina nell’hashtag #Nostalgia di TikTok. È qui che troviamo video in cui i primi anni Dieci del Duemila sono celebrati come fossero i roaring twenties o i giorni della swinging London, o video in cui il 2016 è rivissuto da membri della Generazione Z con gli occhi lucidi.

Il tempo passa velocemente, lo sappiamo, ma 2014 e 2016 rimangono distanti a noi meno di dieci anni. Pare quindi che il ciclo della nostalgia si sia velocizzato, stravolgendo le dinamiche decennali – o quasi – del Novecento. La pandemia ha avuto un ruolo accelerante, lo dicono in molti: ogni evento di questo tipo, secondo gli storici, prende lo status quo e lo scaglia nel futuro, noncurante degli equilibri umani. Quella che stiamo attraversando, però, è stata una pandemia diversa dalle altre: universale, digitale, iperconnessa. Non è solo il virus ad aver giocato con i potenziometri della Storia; la tecnologia ha aiutato a rottamare la nostra illusoria linea del tempo.

Corti circuiti temporali

È stato proprio alla fine del 2020 che su internet si è diffuso un video che in qualche modo rappresenta al meglio il corto circuito temporale che stiamo vivendo. Lo ha pubblicato l’utente YouTube Dmitriy Badin (il cui profilo è stato nel frattempo chiuso per “ripetuti o gravi violazioni delle norme” del sito – e forse anche ai danni del continuum spaziotemporale?) e mostra una battaglia di palle di neve avvenuta nel 1896 a Lione. Sono immagini iconiche, riprese dai fratelli Lumière, padri del cinematografo, ma hanno qualcosa che non va: il video è a colori, non in bianco e nero. Badin o chi per lui l’ha colorato digitalmente. Le nuove tecnologie nel campo delle reti neurali hanno aperto una sterminata frontiera di possibilità per quanto riguarda la colorizzazione delle immagini in bianco e nero. Non solo: servizi come Hotpot Design sono in grado di restaurare e modificare immagini in pochi clic. Il video dei Lumière è uno dei frutti di questo Eldorado che rende possibile con poco sforzo imprese che fino a qualche anno fa necessitavano di ore di certosino lavoro. Basta andare sul subreddit “History in Color” per carpire le possibilità ammalianti di queste tecniche e apprezzarne la capacità di giocare con il nostro senso del tempo.

Cosa succede alla storia quando può essere portata in Technicolor da un amatore in pochi minuti? Finisce per sembrarci più vicina oppure per assumere un’aura spettrale, lontana? Entrambe le cose, pare. L’effetto più immediato è di confermarci che, sì, quelle persone in bianco e nero, sfocate e a bassa definizione, erano davvero persone come noi: possiamo quasi toccarle, eppure sono Storia.

Cosa succede alla storia quando può essere portata in Technicolor da un amatore in pochi minuti? Finisce per sembrarci più vicina oppure per assumere un’aura spettrale, lontana? Entrambe le cose, pare. L’effetto più immediato è di confermarci che, sì, quelle persone in bianco e nero, sfocate e a bassa definizione, erano davvero persone come noi: possiamo quasi toccarle, eppure sono Storia. Parlando della clip dei Lumiére sul New York Times, Sam Anderson ha notato come anche i nostri antenati “vivevano, come noi, nella palpitante tasca nervosa del presente. Erano ansiosi e insicuri, annoiati e scemi. Nulla di ciò che sarebbe successo alle loro vite era ancora successo”. 

Un effetto secondario può essere lo straniamento, un mal di mare temporale causato da un’esperienza assurda e – teoricamente – impossibile come vedere il passato, nel presente. È su questo sottile filo emotivo che si basa la nostalgia espressa che si respira sui social. Oltre al caso di TikTok, c’è anche la fascinazione dei più giovani per l’estetica dell’era d’oro di Tumblr (2012-2014), o, ancora meglio, quella per i mall americani anni Novanta, che hanno ispirato la “mallwave”. Sono tutti fossili, pur essendo nuovi di zecca. A un utente ventenne di TikTok, abituato a un feed algoritmizzato e a potentissimi filtri facciali dati per scontati, quell’internet così goffo, colorato, artigianale, potremmo dire, sembra assurdo e vicino allo stesso tempo. Dimostra che il mondo non è poi cambiato così tanto, anche se la nostra realtà è del tutto diversa da quella d’allora: come una battaglia di neve alla fine dell’Ottocento. È quello che il citatissimo Mark Fisher definiva “il fascino dell’eerie”, quanto c’è di “strano” all’interno del “familiare”.
La clip colorizzata dei Lumière non poteva che diffondersi alla fine del 2020, l’annus horribilis in cui il tempo si è fermato, ma anche allungato e contratto fino allo strappo definitivo, avvenuto per colpa del Covid ma soprattutto dei social media, che hanno sfibrato la linea del tempo universale in favore di uno scarabocchio in continuo svolgimento, una rete infinita di tempo (e di tempi) in cui ognuno ha il proprio continuum personale. E chi vuole vivere immerso nella nostalgia del tempo recente può farlo, ben sapendo che ora anche il passato può avere colori nitidi.


Pietro Minto

Nato a Mirano, in provincia di Venezia, nel 1987; vive a Milano. Collabora con Il Foglio, Il Post e altre testate. Dal 2014 cura la newsletter Link Molto Belli.

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