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Immaginari

L’estate inattesa di Morbius

Come può un film ridicolo e sgangherato raccogliere attenzioni ed entusiasmi degni di miglior causa? È uno dei tanti misteri della cultura di internet, e con questo brutto film di supereroi è successo ancora.

Ci sono film che con il cinema hanno a che fare soltanto incidentalmente: alcuni entrano nella leggenda, altri segnano intere generazioni o periodi storici, altri ancora creano stili di vita e modi di dire. Da tempo, poi, ci sono anche quelli che diventano meme, prendendo il sentiero secondario per la vetta dell’eternità artistica offerto dall’epoca dei social network. Dal Willy Wonka di un Gene Wilder con la testa a riposo sul dorso della mano al Ron Burgundy/Will Ferrell di Anchorman e il suo “well, that escalated quickly”, negli ultimi 15 anni il formato memetico ha conquistato e ri-codificato il nostro rapporto con il cinema. Dalla fine del primo decennio dei Duemila abbiamo assistito alla “memizzazione” integrale di saghe come quella de Il cavaliere oscuro, di popolarissime trilogie come quella de Il signore degli anelli (Sean Bean, alias Boromir, ha commentato direttamente la diffusissima immaginetta che lo vede protagonista – quella di “one does not simply…” – spiegando “sarà probabilmente la mia eredità involontaria”) e di film d’animazione come quelli di Shrek, ri-assemblati in un catalogo infinito di reaction gif. Alcuni titoli, come Il superpoliziotto del supermercato e i Cattivissimo me, sono noti per la produzione memetica a cui hanno dato l’abbrivio almeno quanto per il loro impatto nelle sale.

Ma finora nessuno aveva osato volare là dove ha volato Morbius. Che cos’è Morbius? Oh, è presto detto: è un filmaccio. Attualmente fermo al 16% su Rotten Tomatoes, la pellicola diretta da Daniel Espinosa non è piaciuta praticamente a nessuno, e la stessa Sony, casa produttrice del film, non ha fatto molto per nascondere che si trattasse di poco più di un modo per mantenere i diritti d’uso del marchio Spider-Man acquisiti da Marvel. Il suo anti-eroe, l’antagonista meno carismatico che abbia mai combattuto contro l’Uomo Ragno, è un biochimico greco nato con una rara malattia del sangue, che vince un premio Nobel per le ricerche sulla sua malattia, ma dovrà presto scegliere tra la strada della virtù e quella della distruzione planetaria. Il suo approdo nelle sale lo scorso primo aprile – persino la sua data di pubblicazione concorre a renderlo uno scherzo – è stato un successo insperato: solo la sua prima uscita al cinema – ce n’è stata una seconda, a giugno, per il mercato americano – ha incassato 163 milioni di dollari nel mondo, di cui 74 negli Stati Uniti, a fronte di un budget di realizzazione di 75 milioni. Proprio questa fama imprevista ha però garantito il successo dell’hashtag #MorbiusSweep, una divertente collezione di parodie dell’oggettiva bruttezza del lungometraggio: cliccandoci su, ci troverete incredibili meme che prendono in giro l’attore protagonista, il povero Jared Leto, già proveniente da un Joker detestato dai fan; immagini ritoccate di classifiche del box office che vedono Morbius in testa con un fantastiliardo di incassi; ironie rituali sul possibile – e improbabile – sequel.

Fuori e dentro Twitter

Più Morbius diventava una cosa vera nel mondo fuori da Twitter, più le sue memificazioni parodistiche create su Twitter (e su Reddit e Discord) conoscevano una seconda giovinezza virale. L’onnipresenza e la diffusione dei contenuti dei, ehm, “fan” è stata tale da far credere a Tyrese Gibson, uno degli attori del film, che Martin Scorsese si fosse complimentato con la pellicola, e a ringraziarlo personalmente (ma si trattava, com’è presumibile, di un fake creato da quei ragazzacci dei social). È la prima volta, nella lunga e prestigiosa storia del cinema, che la fama di un film è la conseguenza diretta di una dissonanza cognitiva: quella fra un film mal concepito e mal realizzato, dedicato a un personaggio senza una vera fanbase, che però arriva nelle sale e fa sfracelli al box office. 

Più Morbius diventava una cosa vera nel mondo fuori da Twitter, più le sue memificazioni parodistiche create su Twitter (e su Reddit e Discord) conoscevano una seconda giovinezza virale. L’onnipresenza e la diffusione dei contenuti dei, ehm, “fan” è stata tale da far credere a Tyrese Gibson, uno degli attori del film, che Martin Scorsese si fosse complimentato con la pellicola, e a ringraziarlo personalmente (ma si trattava, com’è presumibile, di un fake creato da quei ragazzacci dei social).

Il giornalista Ryan Broderick ha commentato estasiato il fenomeno di “una finta campagna fan per un film che nessuno voleva e che a nessuno interessa che per qualche ragione ha fatto un sacco di soldi, probabilmente perché le persone sono disperate e vogliono fare qualcosa, qualsiasi cosa per uscire di casa”, nel frattempo ribattezzato con la formula felice di “The Summer of Morbius”. Se state pensando di recuperarlo in versione digitale – a metà maggio Sony l’ha reso disponibile per lo streaming – fatelo a vostro rischio e pericolo, perché Morbius è un film maledetto: le cronache ci dicono che Jared Leto era così determinato a voler entrare nel personaggio che nelle pause pretendeva di andare in bagno usando le stampelle in dotazione a Michael Morbius, costringendo la produzione ad attenderlo così a lungo da rischiare di compromettere la riuscita del film (alla fine, come ha confermato lo stesso regista, è stato trovato un compromesso: un volonteroso assistente avrebbe spinto Leto in bagno su una carrozzina a ogni interruzione). In ogni caso, alla fine il film è stato girato, è uscito e – almeno alla prima tornata al cinema – è stato un discreto successo. Ma all’inizio di giugno un’ingolosita Sony ha fatto uscire nelle sale Morbius per un secondo round di applausi: operazione deludente, con la media sala più bassa dei film della top 20, ma pur sempre in top 20.

Verso la leggenda

Poco importa perché nel frattempo Michael Morbius e la sua brutta trasposizione cinematografica avevano già varcato i cancelli che separano il transeunte dal leggendario: @RANK10YGO, un utente su Twitter, ha postato una battuta da 110mila like che recita più o meno: “La parte migliore di Morbius è quando dice ‘It’s morbin’ time’ e am-Morba tutti quei tizi”. E così facendo si è meritato una voce su Know Your Meme e un posto nella storia commentato con umiltà (“«pare che abbia avviato inavvertitamente un movimento culturale. Scusate”), oltre che una citazione da parte dell‘account ufficiale di Sony che, avendo scoperto di non poter battere quelli che trollano il suo film ventiquattr’ore al giorno, si è unita a loro. Che una major si trovi obbligata a incorporare nel suo piano marketing dei contenuti che sminuiscono le sue produzioni è… curioso, no?

Morbius era diventato un film parodiato perché aveva una fanbase che ne apprezza la realizzazione approssimativa, le scene d’azione fiacche e il finale deludente. Era, insomma, diventato un cult movie a pieno titolo. Secondo Umberto Eco, che ne ha scritto in relazione a Casablanca, “per diventare un oggetto di culto, un film deve essere intrinsecamente sgangherato, vacillante e sconnesso”. Tutte qualità che alla pellicola con Leto non mancano di certo.

Anche i meme sul film, in realtà, hanno seguito una certa evoluzione: se nei giorni del primo arrivo nelle sale la produzione satirica era incentrata sull’idea stessa di un film su un cattivo di serie C, senza fan né attrattiva, e sulle recensioni sempre più magre raccolte dalla pellicola, in un secondo momento – coinciso più o meno con l’approdo di Morbius sulle piattaforme di streaming – anche internet ha deciso di fare il grande passo e guardarlo: e allora sul palcoscenico social sono emersi nuovi focus (tra cui le inevitabili accuse virali a Jared Leto per certe vecchie voci sul suo conto), ma soprattutto un nuovo atteggiamento. Ora Morbius era diventato un film parodiato perché aveva una fanbase che ne apprezza la realizzazione approssimativa, le scene d’azione fiacche e il finale deludente. Era, insomma, diventato un cult movie a pieno titolo. Secondo Umberto Eco, che ne ha scritto in relazione a Casablanca, “per diventare un oggetto di culto, un film deve essere intrinsecamente sgangherato, vacillante e sconnesso”. Tutte qualità che alla pellicola con Leto non mancano di certo. Sorte bizzarra, per un film che David Rooney sull’Hollywood Reporter aveva descritto come segue: “Morbius sorprende per quanto è noioso. Esempio significativo: dopo che le cattive azioni di Michael ottengono risonanza sui media, i notiziari locali lo chiamano ‘L’assassino vampiro’, un soprannome poco ispirato che funge da microcosmo per tutto ciò che Morbius è: non necessario, stranamente non originale e ben presto dimenticabile”.

Eppure questo brutto anatroccolo è diventato un cigno. E a internet per un paio di mesi del 2022 è sembrato di aver vinto una di quelle battaglie insensate e senza scopo che gli piace tanto combattere.


Davide Piacenza

Scrive di attualità e cultura. Ha lavorato nelle redazioni di Rivista Studio, Forbes e Wired. La sua newsletter Culture Wars racconta e analizza ogni settimana i casi in cui i nuovi codici sociali e i discorsi intorno al politicamente corretto riplasmano il mondo in cui viviamo.

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