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Musiche

Il richiamo musicale del nord

Scorrendo i titoli di coda di film e serie tv contemporanee, colpisce il numero di figure responsabili della colonna sonora di provenienza scandinava. Piccolo viaggio alle radici di questo successo.

In un reportage del 2019, curato dal Journal of Scandinavian Cinema, incentrato sull’analisi della musica nordica in relazione all’evoluzione della colonna sonora nel cinema contemporaneo, veniva constatato che sebbene molti compositori scandinavi avessero contribuito fin dalla metà del Novecento alla formazione di una nuova via sonora, la loro musica era rimasta a lungo un aspetto nascosto e trascurato a livello accademico e internazionale rispetto al grande successo su scala mondiale di registi nordici come Ingmar Bergman, Lars von Trier, Nicolas Winding Refn e Ruben Östlund. “Il lavoro di compositori nazionali e internazionali riconducibili ai paesi nordici rimane in gran parte inesplorato, una svista problematica a causa delle complesse storie di innovazione musicale di questi Paesi. Allo stesso modo, il ruolo del suono così come della voce rimane un campo che è stato trascurato negli studi cinematografici in generale, ma è stato importante nella produzione cinematografica nordica”.

Oggi la situazione è cambiata, e l’influenza dei compositori scandinavi a Hollywood sta aprendo una nuova discussione sull’incrocio di culture e metodi sonori differenti nel cinema contemporaneo, in particolar modo sul ruolo fondamentale che l’identità nordica sta giocando nella costruzione estetica sonora tra musica e narrativa odierna. Di conseguenza, la musica da film, come riportato da Kathryn Kalinak, che ha teorizzato come la sua evoluzione abbia tracciato come nessun’altro elemento il segno della globalizzazione nel cinema: “l’influsso di compositori da un paese all’altro, la diffusione delle tecniche musicali che si portavano dietro” ci permette di comprendere bene come le culture audiovisive siano sempre più integrate tra loro – proprio come si può osservare rispetto all’influenza della cultura musicale scandinava, che ha visto affermarsi sempre più compositori autoctoni nell’élite del cinema e del linguaggio seriale odierno come Jóhann Jóhannsson, candidato per la migliore colonna sonora originale in The Theory of Everything nel 2014 e Sicario nel 2016 , Ludwig Göransson, premio Oscar per Black Panther nel 2019 e nuova voce sonora di Star Wars con The Mandalorian, e Hildur Guðnadóttir, premio Oscar per Joker nel 2020 e Grammy Awards per Chernobyl sempre nello stesso anno. 

Le ragioni di una popolarità globale

Ma perché tutto ciò sta avvenendo proprio adesso? Culturalmente, e specialmente in relazione alle distinte storie musicali che contraddistinguono la regione scandinava, la strutturazione e formazione compositiva nordica è sempre stata all’avanguardia. Partendo dalla trasmissione orale della mitologia norrena, risalente all’epopea vichinga, le composizioni che accompagnavano il racconto erano realizzate seguendo schemi sperimentali basati su elementi musicali antichi come l’uso delle quinte parallele (si ha una successione di quinte quando due voci, a distanza di quinta procedono in moto retto o contrario, portandosi su un intervallo di quinta) nella musica islandese o quello dei quarti di tono nelle canzoni folcloristiche, conferendo alla musica scandinava un suono straniante rispetto ai canoni occidentali. Le determinate tipologie di composizione, utilizzate sia per tramandare vocalmente le gesta degli dei nordici che i canti popolari legati alla vita quotidiana (kulning, kveding, visa/vise) tendevano a mettere in risalto gli aspetti principali su cui si concentrava e si concentra attualmente la cultura scandinava.

Questi elementi non hanno mai abbandonato la strutturazione culturale e musicale nordica tanto che ne conosciamo la formazione proprio per la commistione tra strumentazioni e tecniche antiche avvenuta nel panorama musicale scandinavo verso la fine degli anni Novanta. In un articolo del giornalista islandese Atli Bollason, Profeti in patria e fuori, ci è mostrato come in Scandinavia e principalmente in Islanda musicisti come Bjork, Sigur Ros e lo stesso Jóhannsson abbiano contribuito a mantenere intatta la morfologia del territorio e della cultura narrativa attraverso la rilettura del rimur (esibizioni vocali a cappella di poemi epici metrici interpretate con un recitativo tra la canzone e il discorso e un uso peculiare della voce), che ha permesso alla musica nordica attuale di esprimersi in un numero notevole di varianti. Come la performance femminile di innocenza e purezza, percepita in idilliaci scenari estivi o invernali, come illustrato in varie fasi di carriera di artisti come gli Abba, o la meditazione introspettiva di ricerca dell’anima accompagnata da una natura deserta e fredda, coltivata nelle tradizioni delle ballate.

“Lavorando da una tavolozza musicale multiforme i compositori di film nordici sono noti per la loro capacità di fare tutto il necessario per raccontare la storia; tutto ciò che serve per servire il film. Si può dire che i compositori nordici fanno vincere i loro film e i registi.”

Ciò che è interessante constatare è che nonostante questa corrente sia arrivata ai più attraverso gli artisti sopracitati, la sua primordiale fruizione ed evoluzione sia avvenuta proprio nei prodotti audiovisivi: “Lavorando da una tavolozza musicale multiforme i compositori di film nordici sono noti per la loro capacità di fare tutto il necessario per raccontare la storia; tutto ciò che serve per servire il film. Si può dire che i compositori nordici fanno vincere i loro film e i registi”, come recita il documento del Journal of Scandinavian Cinema. È infatti il cinema di Bergman a darne la prima visione a livello internazionale. Nel saggio di Charlotte Renaud sul rapporto di Bergman con la musica, oltre ad analizzare il ruolo indispensabile che questa ha avuto sulla sua filmografia, in quanto uno dei primi registi a usare il canone classico, da cui in seguito prenderà spunto Kubrick, ci mostra una delle figure più importanti fino ad allora poco menzionata, che ha contribuito a costruire il suo immaginario sonoro prendendo parte a ben diciassette film: il compositore svedese Erik Nordgren. La sua sapienza compositiva, che ben prima del suo legame con Bergman lo aveva portato a dirigere l’area musicale della Svensk Filmindustri, sancì l’inizio dell’influenza musicale scandinava in Europa e America (due dei tre film per cui Bergman vinse il premio Oscar per miglior film, La fontana delle vergine e Come in uno specchio, videro la presenza musicale di Nordgren) in particolar modo in relazione al racconto sensoriale e spirituale del cinema bergmaniano composto da: “sonate, urla e silenzio”. Con il suo uso evocativo di strumenti medievali, Erik Nordgren raggiunse l’apice nella produzione di musica da film, diventando oggi un punto di riferimento per il cinema scandinavo contemporaneo. Questo si può vedere nella musica originale di Joker di Hildur Guðnadóttir incentrata nel racconto psicologico e nell’angoscia vitale dell’individuo presenti nelle partiture di Nordgren, che ne sfrutta anche l’impostazione musicale nordica per mettere in risalto le similitudini tra la figura di Joker e il Dio dell’inganno, Loki: “Erik Nordgren e Bergman miravano a melodie medievali stilizzate insieme a una colonna sonora più moderna. Attraverso il silenzio mortale, la musica e i paesaggi sonori di questi film evocano una profonda risonanza per un pubblico moderno”.

Sottofondi globali

Dunque, nel panorama audiovisivo e più in generale nel mondo dell’intrattenimento odierno stiamo assistendo sempre di più a una crescente contaminazione tra generi musicali, soprattutto da parte della corrente nordica, derivata anche dalla presenza di alcuni titoli come Vikings, la cui colonna sonora è stata composta dalla band folk norvegese Wardruna, Midsommar e The Northman. Ma uno degli aspetti più interessanti e meritevoli di attenzione è come questa influenza sia entrata prepotentemente in progetti che non avevano alcun legame con la cultura scandinava, come per esempio il mondo di Star Wars, nel caso di The Mandalorian, legato strettamente alla storia compositiva hollywoodiana, o in prodotti di animazione come I Mitchell contro le macchine (The Mitchells vs the Machines), film d’animazione più visto di sempre su Netflix e candidato nella categoria miglior film d’animazione agli Oscar 2022, la cui colonna sonora è composta in buona parte da brani celebri dei Sigur Rós.

In un cinema e mondo seriale che punta sull’iper-realismo dato da una visione sempre più nitida, tesa a mantenere intatta la veridicità di quanto deve essere mostrato, la percezione musicale e sensoriale si sta concentrando sempre di più sulla verosimiglianza d’immagine verso un’ipotetica realtà, elementi alla base della composizione scandinava. Il viaggio eroico di un uomo solitario come in The Mandalorian diventa il pretesto per Gorasson per utilizzare gli strumenti a fiato, come fossero vento o come il fruscio di un albero, che si scontrano con la modernità delle ambientazioni. Natura e high tech, come teorizzato dai musicisti scandinavi contemporanei: “Il primo passo per creare la colonna sonora è stato aggiungere tutti questi strumenti organici: chitarre, basso, pianoforte, flauti, flauti dolci, perché sapevo che quello era un elemento importante da portare in questo mondo, è il sentimento umano organico”.

Elementi che ritroviamo anche nelle partiture dalla violoncellista Hildur Guðnadóttir. La sua musica è stata celebrata per la sua abile commistione di sonorità classiche ed elettroniche in grado di generare una risonanza tempestiva ai personaggi e agli ambienti. Per Chernobyl , la miniserie sul disastro nucleare sovietico del 1986, Guðnadóttir ha sfruttato la sua abilità con suoni non tradizionali e ha costruito una colonna sonora completa senza musica. Per evocare l’atmosfera cupa e opprimente del tempo e luogo del film, ha visitato l’impianto nucleare dismesso e ha chiesto a uno specialista della registrazione di catturare sul campo i suoni in cui si era imbattuta, come il tintinnio ritmico dei macchinari, per dimostrare anche come la musica nordica sia in grado di fondersi con il sound design contemporaneo.

La percezione musicale e sensoriale si sta concentrando sempre più sulla verosimiglianza d’immagine verso un’ipotetica realtà, elementi alla base della composizione scandinava. Il viaggio eroico di un uomo solitario in The Mandalorian diventa il pretesto per usare gli strumenti a fiato, come fossero vento o il fruscio di un albero, che si scontrano con la modernità delle ambientazioni. Natura e high tech.

Ma in questo scenario uno dei precursori è stato Jóhann Jóhannsson, di cui è stata allieva Guðnadóttir, ribaltando del tutto la visione di una musica per il cinema legata strettamente ai grandi temi da dedicare ai main character ma spingendo la visione cinematografica e di conseguenza lo spettatore verso nuove realtà narrative e sonore mai esplorate. In particolar modo la sua stretta collaborazione con Denis Villeneuve è stata fautrice di un’impronta musicale assolutamente senza precedenti. Il giornalista Peter Debruge nel ricordarlo in un articolo su Variety, dopo la sua prematura scomparsa nel 2018, diceva: “la musica di Jóhannsson ci prepara a ogni evenienza. Non indica una terrificante invasione extraterrestre, come nel caso di Arrival, ma apre le nostre menti. Gran parte della collaborazione con Villeneuve dipende dalla volontà del pubblico di approfondire, di spendere l’energia mentale extra considerando ciò che il film inizia solo a suggerire, e qui la colonna sonora diventa uno strumento essenziale”. La musica di Jóhannsson ha aumentato la tensione non suscitando falsamente la nostra ansia, ma facendo un passo indietro e lasciando che la nostra immaginazione potesse scorrere negli scenari peggiori della possibile soluzione del mistero. E la musica originale di Dune, di Hans Zimmer, premio Oscar nel 2022, si basa proprio su questi concetti largamente anticipati da Jóhannsson.

Costruire passo dopo passo

Il merito di questo cambiamento però non è attribuibile solo alle motivazioni sopracitate ma è il risultato di una programmazione che va ben oltre il panorama cinematografico odierno. In Scandinavia, come illustrato nel report redatto nel 2013 da Kim Forss (esperto e teorico delle politiche per la ricerca e lo sviluppo) per conto del Ministero delle finanze svedese, la formazione musicale è da sempre al centro delle politiche sociali. Le prime scuole di musica sono state avviate negli anni Quaranta, con il cosiddetto “Modello nordico” che portò alla costituzione di orchestre professionali che si estendevano per tutta la regione. Era il principio del nuovo progetto sociale del dopoguerra in cui tutti avrebbero potuto avere accesso alla musica classica dal vivo, ovunque vivessero. Oggi, secondo il report del 2013, 284 delle 288 amministrazioni locali svedesi hanno una scuola di musica. L’obiettivo è che tutti i bambini e i ragazzi che desiderino imparare uno strumento possano farlo a costi contenuti. Nel 1997 hanno partecipato 340.000 studenti, ovvero il 30% di tutti i bambini delle scuole primarie. E anche la Danimarca e la Norvegia hanno un’educazione musicale simile.

Poco più della metà delle orchestre sinfoniche in Norvegia e Danimarca suona in splendidi auditorium aperti negli ultimi 15 anni, e questo ha avuto un effetto comprovato sull’aumento dell’interesse generale e della partecipazione popolare come si può vedere anche dall’istituzione del Nordic Film Music Days, manifestazione incentrata sulla valorizzazione della musica per il cinema scandinava che premia ogni anno i compositori che si sono affermati nel cinema nazionale e non: “La disponibilità di denaro statale ha influito enormemente sul settore discografico. L’etichetta danese Dacapo, non estranea ai premi internazionali, ha il compito di registrare musica danese e collaborare con le ensemble professionistiche del paese, i cui stipendi  sono pagati dallo stato. Per i compositori, significa che è più probabile che la loro musica venga registrata, distribuita, ascoltata e programmata in un’epoca in cui l’industria discografica classica globale va sul sicuro. Non c’è da stupirsi che il mondo musicale, in particolar modo America e Gran Bretagna, finisca per commissionare più musica a compositori nordici”.

In risposta a un mercato cinematografico scandinavo sempre più al centro dei festival, come dimostrato dalla rosa dei candidati agli Academy Awards 2022 che vedeva presenti il documentario d’animazione danese Flee con 3 candidature e il norvegese La persona peggiore del mondo con 2, e non ultima dalla seconda vittoria della Palma d’oro a Cannes per il regista svedese Ruben Östlund, i Paesi nordici stanno vivendo la loro età d’oro musicale proprio in questo momento. E come dice il critico musicale Andrew Mellor, autore di The Northern Silence: Journeys in Nordic Music and Culture: “la metà delle volte che leggerai di un premio per la composizione, sarà un compositore nordico a vincerlo; la metà delle volte che leggerai di un’orchestra che nomina un nuovo direttore, sarà un direttore nordico ad avere il lavoro”.


Federico De Feo

Federico de Feo lavora come music supervisor presso Soundreef. Collabora con testate come Esquire e con lo IED di Roma.

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