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Intervista a Laurence Herszberg, direttrice di Séries Mania

Come si costruisce un grande evento dedicato alle serie tv? E cosa succede se, per fattori esterni come il virus, la macchina si inceppa? Ne parliamo con chi dirige l’evento più importante d’Europa.

L’inizio dell’intervista è sempre – come capita di questi tempi – un po’ surreale. Dovevo essere a Séries Mania anche quest’anno, dico al telefono a Laurence Herszberg, la direttrice generale del festival. Séries Mania è il più importante festival europeo di serie tv, nato nel 2010, prima a Parigi e dal 2018 a Lille. Ha una parte rivolta al pubblico, con proiezioni, eventi, feste e incontri, e un forum professionale, fatto di workshop, convegni, dibattiti, incontri di coproduzione. Negli anni, il festival ha ospitato attori, attrici e showrunner europei, americani, da tutto il mondo. Ci sono andata due volte (2013 e 2018), componente di una delle giurie, quella formata da giornalisti stranieri intenti a premiare le migliori serie francesi. Ai primi di marzo ho però disdetto l’albergo prenotato da mesi a Lille: l’emergenza che stavamo iniziando a vivere in Italia difficilmente mi avrebbe permesso qualche movimento. E come avevo immaginato, da lì a qualche settimana, anche Séries Mania, dopo il MipTv e altri eventi, era annullato causa coronavirus. Cannes ha resistito qualche giorno di più, ma poi è toccato a tutti, persino alle Olimpiadi. Eppure alcuni festival hanno cercato di andare avanti, nonostante tutto. La chiacchierata doveva riguardare in generale l’evoluzione dei festival di serie tv, ma non si può iniziare che da qui, da come riorganizzare gli eventi di fronte all’impossibilità del qui e ora.

“Abbiamo cercato di contrattaccare”, mi spiega subito, battagliera. Avendola vista in azione, so quanto sia entusiasta e puntuale. Classe 1958, si occupa da anni di eventi culturali nell’ambito dello spettacolo dal vivo, dell’audiovisivo e del cinema. Dal 2002 al 2017 è stata direttrice del Forum des Images, istituzione culturale parigina dedicata al cinema e all’audiovisivo, luogo delle prime edizioni di Séries Mania. “Abbiamo dovuto cancellare il festival solo dieci giorni prima della sua data prevista: un anno di lavoro perso. Così abbiamo subito pensato a cosa potessimo salvare. La parte rivolta al pubblico era impossibile: il festival è fatto degli incontri con i talent, del poter fare loro delle domande, dell’essere tutti nella stessa stanza nello stesso momento, del vivere tutti la stessa esperienza. Quando non hai tutto questo, il contatto umano, allora è come stare di fronte a una piattaforma online. Non è lo spirito di un festival. Per la parte industry invece siamo rimasti sorpresi dalla reazione dei professionisti. Molti ci hanno chiamato dicendo che erano interessati a vedere la nostra selezione di titoli e di pitch, per poter trovare le serie da produrre nel futuro. Ci hanno chiesto così se potevamo fare qualcosa online, in modo da portarsi avanti ed essere pronti quando l’industria tornerà a muoversi. Abbiamo cercato di capire cosa salvare dal forum professionale. Naturalmente non i meeting e le round table, ma la parte dedicata a trovare nuovi sceneggiatori e progetti sì: abbiamo chiesto a chi gestiva i diritti di adattare per l’online i pitch che dovevano presentare al festival di persona. Dal 25 marzo al 7 aprile abbiamo mantenuto online le sessioni co-pro pitching, in cui 16 progetti, selezionati tra 400 internazionali, sono presentati dai loro produttori di fronte a possibili finanziatori; i progetti legati agli sceneggiatori di UGC Writers Campus; i progetti nati dalla drama series co-writing residency tra Israele e Francia. E abbiamo mantenuto il buyer showcase, le grandi serie internazionali da noi selezionate, con contenuti unici e inediti, dando a chi accede online l’opportunità di contattare i produttori e i detentori di diritti. È un vero mercato online sui contenuti. Abbiamo fatto tutto questo in dieci giorni”.

L’Italia ha avuto dal 2003 al 2010 il Telefilm Festival a Milano e dal 2007 al 2017 il Fiction Fest a Roma: ci avevamo visto lungo, ma le due esperienze si sono arenate. Negli ultimi due anni c’è stato un ritorno in auge della formula con il FeST e SeriesCon, entrambi a Milano, ma non abbiamo saputo portare avanti la tradizione che c’era. Al contrario Séries Mania ha una storia lunga, dal 2010 a oggi, sia culturale sia professionale. Due anni fa il trasferimento a Lille ha coinciso con la volontà del governo francese di investire di più su un solo festival e creare un appuntamento unico, in stile Cannes. Insomma, il festival è cresciuto. Come è cambiato in questi anni, tra pubblico e industria?

All’inizio il festival era solo per il pubblico. Volevamo mostrare agli spettatori serie da tutto il mondo: nel 2010 infatti si guardavano i titoli del proprio Paese o degli Stati Uniti, non il resto del panorama. E noi volevamo mostrare al pubblico francese cosa si stava muovendo nel mondo. Oggi è tutto cambiato, tutti conoscono serie globali. Quindi il nostro compito è quello di selezionare le serie migliori che fanno davvero la differenza. La selezione è diventata più importante. Poter guidare il pubblico e dire: “Questo titolo viene dalla Corea ed è eccezionale”. Il nostro team di sei persone si occupa di visionare in sei mesi più di 400 titoli per sceglierne 24. Il festival è diventato un evento a cui ti affidi, in cui credi perché sai che ti mostrerà le cose migliori. Poi, è cambiata anche la parte professionale. Il forum e il pitching internazionale per le coproduzioni sono diventati, da quando le abbiamo create sei anni fa, il “place to be” per trovare progetti interessanti. Chi viene al festival sa che troverà nuove idee, nuovi sceneggiatori, nuovi produttori. Riceviamo molte mail che ci dicono che in questi incontri si stringono alleanze e si trovano partner di contenuti e produttivi. E ne siamo orgogliosi.

Il festival insomma è un mix fra due anime, e anche una piattaforma di lancio per la creatività europea…

È anche di più. Séries Mania ha tre anime. Gli eventi pubblici, con cui soddisfiamo e alimentiamo le curiosità del pubblico e la sua capacità di valutare la creatività: siamo una guida. I professionisti sono quelli che ci supportano, ci danno le anteprime mondiali, perché sanno che vincere premi qui aiuta a vendere il titolo a livello internazionale. La seconda parte è il focus sugli incontri professionali e sulla scrittura perché sappiamo che c’è una carenza da questo punto di vista, soprattutto in Europa. La terza anima è Lille Dialogues, un ciclo di incontri in cui riuniamo i policy maker, i ministri della cultura, i commissioner per discutere le differenze tra Europa e Stati Uniti. Ma quello che dici è vero: Séries Mania è una piattaforma di lancio per la produzione europea. È un festival internazionale, è il festival europeo. Fornisce i trend dell’Europa e anche del mondo.

Che differenza c’è tra un festival di serie e un festival del cinema? Mi sembra che la missione sia più pop e popolare…

In un certo senso sì. Tutti i festival del cinema che conosco sono perlopiù rassegne di film indipendenti. Non abbiamo i festival dei grandi blockbuster: non serve. I festival del cinema sono focalizzati su film edgy. Per le serie è diverso, perché il medium sa attrarre persone di diverse età e categorie sociali. Per questo siamo totalmente inclusivi. Lavoro in campo culturale da molti anni, e per la prima volta grazie a Séries Mania riesco a catturare un’audience così grande. In primo luogo portando qui le star delle serie più popolari. Ma questo permette di attrarre persone che poi vanno a vedere cose più particolari. Si pensi a Il trono di spade: tutti lo guardano, vecchi, giovani, studenti, intellettuali. Le serie raccontano un mondo e sanno andare in profondità nel costruire i personaggi. E su questo principio lavoriamo.

Quali sono i trend che avete scoperto quest’anno?

Questa edizione era la più internazionale di sempre. Siamo passati da 19 a 24 Paesi. Tutti con serie che possono essere proposte oltre il proprio Paese. La lotta tra le piattaforme per acquistare fette di mercato può portare a cercare più un pubblico mainstream e a tenersi strette le proprie serie, e quindi potremmo avere meno accesso di una volta a certi titoli. Per questo abbiamo cercato di mettere in piedi un vero e proprio tour intorno al mondo attraverso le serie. Le tendenze sono interessanti anche perché sappiamo che gli sceneggiatori tra loro non si parlano, e dunque quando qualcosa di comune emerge ha valore. Una tendenza è il ritorno dei nazisti, che sia una distopia o una serie storica. Bisogna interrogarsi su questo: se i nazisti ritornano sullo schermo significa che qualcosa di quel periodo lo vedi riflesso nella tua società. L’altra tendenza è il post metoo: come gli sceneggiatori hanno reagito? Le risposte sono diverse: alcuni denunciano che nulla è cambiato, altri che i confini non sono netti, altri dipingono donne forti, infine qualcuno si domanda come mai si creda alle donne e non agli uomini. Tutti cercano di capire i rapporti tra uomo e donna, ma con sfumature e reazioni differenti. E poi abbiamo molte serie politiche: più del cinema la televisione è la migliore via per esplorare la società.

Il virus ha fermato gli eventi quest’anno. Non sappiamo ancora cosa ci riserva il futuro… Come cambieranno i festival?

Dobbiamo imparare dalle crisi. È nella natura umana. Per cercare di migliorarci. È quello che abbiamo voluto fare offrendo parte del festival online: imparare e non perdere il lavoro. Dall’altra, dopo questo confinamento, le persone vorranno parlare e incontrarsi. Vorranno avere un contatto personale. Non penso e non voglio che il nostro festival sia online. Non sarebbe un festival. Non ci sarebbe l’atmosfera, non ci sarebbe quella possibilità di scambio che hai in presenza, propria della natura umana. Ma certo qualcosa è cambiato, e per i professionisti è interessante avere più opportunità online. Impareremo anche da tutto questo.

Chissà come racconteranno questo momento le serie tv…Alcune serie già si sono cimentate con l’idea del virus. Come Cordon (Olanda), The Rain (Danimarca), The End of The World (Corea), The Counted (Russia). E alla fine tutte raccontavano la stessa cosa: la capacità di resilienza e la solidarietà umana. Forse dovremmo riflettere su questo.


Stefania Carini

Si occupa di cultura, media e brand. Collabora con Il Post, la Radio Svizzera Italiana, Corriere della Sera, Il Foglio. Ha realizzato podcast (Da Vermicino in poi per Il Post) e documentari per la tv (Televisori, Galassia Nerd, L'Italia di Carlo Vanzina). Tra le sue pubblicazioni, Il testo espanso (2009), I misteri de Les Revenants (2015), Ogni canzone mi parla di te (2018), Le ragazze di Mister Jo (2022).

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