immagine di copertina per articolo Ficarra e Picone. Come Franco e Ciccio, oltre Franco e Ciccio
Mediaset e il cinema italiano

Ficarra e Picone. Come Franco e Ciccio, oltre Franco e Ciccio

Collocare i film dei due comici siciliani nell’alveo del cinema di cassetta è decisamente riduttivo. Da una parte, c’è una crescita costante negli obiettivi e nelle ambizioni. Dall’altra, un modello produttivo che garantisce una forte autonomia.

immagine rivista

Questo articolo è apparso per la prima volta su Mediaset e il cinema italiano - Film, personaggi, avventure.

Vedi pubblicazione

Quando esce il nuovo film di Ficarra e Picone? Se c’è una cosa che ci ha insegnato la loro filmografia, tutta o quasi tutta costruita dentro Medusa-Mediaset, come la loro attività di comici televisivi, è che ogni film è una sorpresa e un passo avanti. Di solito i comici, anche i grandi comici, dopo una serie di successi tendono a sedersi, a ripetersi, a non ricercare più niente. La parabola di Ficarra e Picone, invece, sembra l’opposto. Non hanno mai smesso di sperimentare, di trovare nuove strade, di crescere, di cambiare percorsi, di costruire storie e situazioni in maniera sempre più indipendente, di cercare collaborazioni sempre più alte, magari nel cinema d’autore, che in Italia è sempre stato così lontano dal cinema comico. A costo, anche, di sbagliare, di non arrivare esattamente dove volevano arrivare. Ma le sette (co-)regie, compresa la serie tv per Netflix Incastrati, che altro non è che un lungo film, parlano per loro. E lo stesso vale per gran parte dei loro film da attori diretti da altri registi. Più diventano indipendenti nella produzione (con la loro società Tramp), più potere contrattuale hanno, più riescono a fare scelte che portano a una qualità cinematografica e narrativa maggiore, senza per questo perdere nulla in comicità e popolarità. Anche perché sanno che la loro forza è appunto nel giusto equilibrio tra la grande popolarità che si sono guadagnati da conduttori-comici di un programma come Striscia la notizia e la sperimentazione delle storie prese dalla realtà e assolutamente non banali e mai ripetitive che sviluppano nei loro film. E ognuno di questi ha una costruzione artistica e autoriale precisa e molto forte. Attenzione, però, questa non è una strada che i due comici palermitani affrontano casualmente. Fa parte di una lunga e sofisticata ricerca che cresce di film in film, ma che Ficarra e Picone hanno iniziato a mettere in atto fin dagli esordi.

Non hanno mai smesso di sperimentare, di trovare nuove strade, di crescere, di cambiare percorsi, di costruire storie e situazioni in maniera sempre più indipendente, di cercare collaborazioni sempre più alte, magari nel cinema d’autore, che in Italia è sempre stato così lontano dal cinema comico.

Tutti ci siamo accorti, all’uscita di Andiamo a quel paese nel 2014, film scritto, diretto e interpretato da loro in cui si muovono da Palermo verso la Sicilia orientale (per un palermitano un passo davvero azzardato), che c’era una maturazione di grande livello e una scrittura comica del tutto originale. Se ne accorse il pubblico e se ne accorsero anche i critici. Solo i film di Checco Zalone diretti da Gennaro Nunziante potevano vantare una simile attenzione nel panorama della commedia italiana degli ultimi anni. Al punto che, da vecchio critico, mi ero pentito di non averli capiti prima, di non aver intuito la loro serietà e la loro preparazione. Da lì, hanno costruito anche i loro film successivi, L’ora legale (2017), dove il tema è la legalità e come arrivarci nell’Italia così frastornata e arruffona di oggi (“Vota Patanè senza chiederti il perché”; “Questa è una giornata bellissima per la nostra martoriata Sicilia! Yes, weekend!”), e Il primo Natale (2019), dove dietro il viaggio verso il senso più profondo del Natale è nascosta una parabola sull’accoglienza e sull’immigrazione, con la consueta attenzione e voglia di raccontare storie importanti attraverso un tipo di cinema comico e popolare. Ma va detto che già nei primi film, nell’esordio di Nati stanchi (2002) diretto da Dominick Tambasco, l’unico loro titolo finora non Medusa, e poi in Il 7 e l’8 (2007), in La matassa (2009), co-diretti da Gianbattista Avellino, in Anche se è amore non si vede (2011), il primo che dirigono da soli, c’era un’attenzione sia alla comicità tradizionale siciliana, con la presenza di grandi volti come Pino Caruso, Tuccio Musumeci, Tony Sperandeo, Gigi Burruano, Leo Gullotta, Nino Frassica, sia alla scrittura comica più originale, sia alla ricerca di soggetti non banali tratti dalla realtà italiana. Non a caso, nel corso degli anni, Ficarra e Picone hanno scelto bene i loro collaboratori più stretti. Un percorso che va da Francesco Bruni, di fatto uno dei migliori sceneggiatori italiani in assoluto, passando per Nicola Guaglianone, Ugo Chiti, Massimo Gaudioso, fino a Edoardo De Angelis, regista ori ginale di una generazione lontana dal comico, che ha scritto con loro Andiamo a quel paese e L’ora legale, i due film più legati alla realtà del Paese; e che loro hanno ricambiato coproducendo i suoi film (Perez. e Indivisibili). Senza dimenticare Daniele Ciprì come direttore della fotografia o Carlo Crivelli come autore delle musiche o Francesco Frigeri come scenografo. Ma Ficarra e Picone hanno osato di più.

Difficile, parlando di coppie comiche siciliane, anzi palermitane, non fare un confronto con Franchi e Ingrassia. […] Ficarra e Picone, seppure più intellettuali e meno ruspanti, nei loro continui battibecchi da palermitani e nell’eccesso comico teatrale non possono non riprenderli in qualche modo. E, quando lo fanno, lo fanno sempre con grande rispetto e divertimento.

Hanno sostenuto con la loro presenza il Belluscone, piccolo capolavoro comico-realistico di Franco Maresco, con cui hanno un rapporto di sincera stima e amicizia. Hanno interpretato in ruoli separati Baarìa di Giuseppe Tornatore, kolossal Medusa-Mediaset, forse non il successo sperato, ma l’affresco di una Sicilia “cinematografica”. E quello è forse il film dove Ficarra e Picone, benché separati, sono davvero usati come icone alla Franco e Ciccio. Difficile, parlando di coppie comiche siciliane, anzi palermitane, non fare un confronto con Franchi e Ingrassia. Certo, nessuno sarà mai più come loro, perché non esiste più né quel dopoguerra né quella Sicilia che li ha costruiti comicamente. Però Ficarra e Picone, seppure più intellettuali e meno ruspanti, nei loro continui battibecchi da palermitani e nell’eccesso comico teatrale non possono non riprenderli in qualche modo. E, quando lo fanno, lo fanno sempre con grande rispetto e divertimento. I personaggi dei due baristi attivisti politici all’italiana di L’ora legale, per esempio, sono molto legati al mondo dei film di Franco e Ciccio, con Salvo che fa il doppiogioco continuamente (“Io non salgo sul carro del vincitore, lo guido proprio”), lavorando sia per il pessimo Patanè di Tony Sperandeo che per l’onesto cognato (“Usa legalità come intercalare, come noi usiamo minchia”). Del resto anche i loro esordi in tv – a Raitre ai tempi di Gnu e a Raidue ai tempi di L’ottavo nano – erano popolari ed elegantissimi. E politici. Quando capiscono di esagerare, Ficarra e Picone frenano per non strafare. Il comico sa che meno fa, meglio è, diceva Enzo Cannavale. Anche alla conduzione di Striscia la notizia, del resto, hanno sempre mantenuto distacco ed eleganza. Perfetti. Ma credo che Ficarra e Picone possano adattarsi a qualsiasi situazione, come Franco e Ciccio, senza mai perdere il loro funzionamento comico e la loro identità. Ben sapendo, però, a differenza di Franco e Ciccio, alle prese con la vera fame che avevano patito in gioventù e con le mille produzioni sgangherate e truffaldine del tempo, che ci si salva soltanto se si riesce a controllare ogni tassello del proprio lavoro, sia artistico che produttivo. Questo Ficarra e Picone sembrano averlo capito fin dai primissimi tempi. E il loro rapporto con Medusa (e Mediaset) negli anni appare davvero esemplare.


Marco Giusti

Critico cinematografico, saggista, autore televisivo e regista italiano. Inizia la sua carriera da giornalista in Rai, dove realizza diversi programmi televisivi, tra cui Carosello. Nel 1974 è tra i fondatori della rivista Il Falcone Maltese. Nel 1996 inizia ad organizzare eventi e mostre, come quella su Carosello e la retrospettiva Italian kings of the B’s – Storia segreta del cinema italiano per la Mostra del cinema di Venezia. Oltre ad aver scritto numerosi saggi e biografie, collabora regolarmente con L’Espresso e Il manifesto, ed è autore della rubrica settimanale di cinema su Dagospia.

Vedi tutti gli articoli di Marco Giusti

Restiamo in contatto!

Iscriviti alla newsletter di Link per restare aggiornato sulle nostre pubblicazioni e per ricevere contenuti esclusivi.