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Music Biz

Concerti. Ripresa, mancanza e nostalgia

Il motore dell’industria musicale si è inceppato, e i concerti dal vivo dopo una lunga sospensione stanno lentamente ripartendo. Tra cambi di regole, cuori oltre l’ostacolo, speranze e attese. Per tornare presto a cantare e sudare insieme.

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Questo articolo è apparso per la prima volta su LINK Numero 27 - Music Biz. Come reinventare un mercato del 26 ottobre 2021

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“Questo concerto è stato pazzesco. Mi sa che ho preso un pugno sul naso perché non riesco più a sentire gli odori”. È un commento sarcastico comparso su YouTube sotto il video di un live del gruppo punk hardcore Madball a Tompkins Square Park, un parco di New York. Era il 24 aprile 2021 e per Manhattan era il primo concerto dal vivo senza distanziamento sociale dopo lo scoppio della pandemia. Peccato fosse, seppur all’aperto, un evento illegale: in un momento in cui New York stava allentando le restrizioni anti-Covid, gli organizzatori erano riusciti a ottenere i permessi facendolo passare per una manifestazione in sostegno dei pompieri newyorkesi per cui era sì prevista musica, ma in diffusione e non dal vivo. Fatto sta che quando mi sono imbattuto su Instagram nelle immagini di quel live con tutti gli usi e costumi del caso – dunque stage dive e slam dance, corpi sudati uno contro l’altro come una royal rumble del wrestling – sono rimasto stordito come se avessi davvero preso un pugno: non capivo se fosse un vecchio video riesumato per nostalgia di un mondo che non c’è più, o uno scellerato evento contemporaneo (chissà se i presenti erano tutti vaccinati, ho forti dubbi al riguardo). 

Ero scioccato perché quel tipo di concerto era una realtà che conoscevo bene prima della pandemia, ma impensabile nella scorsa primavera e fantascientifico ancora oggi, mentre scrivo, nell’estate del 2021. New York ha poi festeggiato ufficialmente la rinascita della musica dal vivo il 20 giugno 2021 con il concerto dei Foo Fighters al Madison Square Garden, tornato a ospitare un live dopo 466 giorni di silenzio. E lo ha fatto in pompa magna, sfruttando tutta la capacità del palazzetto: 15.000 persone senza mascherine e senza distanziamento sociale perché tutte pienamente vaccinate. C’è un breve documentario che racconta l’evento, il titolo è The Day The Music Came Back ed è commovente: Dave Grohl e i Foo Fighters che suonano felici sul palco del Madison Square Garden e davanti a loro un muro di gente che canta e si abbraccia. Tuttora, guardato dall’Italia pure questo sembra fantascienza.

Ultimi concerti

Ognuno di noi ricorda il suo ultimo vero concerto prima del disastro coronavirus. Per me è stato un live dei Mugwumps, un piccolo gruppo punk rock austriaco, al Ligera, un locale ormai storico di Milano: storico perché, come tanti club di piccole-medie-grandi dimensioni, dopo anni di gloriosa attività non ha retto l’onda d’urto della pandemia e ha chiuso per sempre. Era il 24 gennaio 2020 e nessuno dei presenti – nessuno dei presenti a qualsiasi ultimo concerto di quelle settimane, conosco decine di persone che il 16 febbraio erano al Forum di Assago per Liam Gallagher – poteva immaginare quello che sarebbe accaduto di lì a poco, ossia l’addio alla musica dal vivo come ce la siamo sempre goduta: tutti in piedi, uno appiccicato all’altro – talvolta uno sopra l’altro – urlandoci addosso strofe e ritornelli sotto fontane di sudore, saliva e birra altrui. L’industria dei live è stata la prima a fermarsi e sarà l’ultima a ripartire a pieno regime, perché un vero concerto altro non è che una gioiosa condivisione fisica delle emozioni con amici e perfetti sconosciuti, quindi un assembramento: schiacciati ai cancelli per entrare prima degli altri, schiacciati in coda per una birra annacquata al bar, schiacciati sotto le transenne o sotto palco per difendere la prima fila conquistata a fatica, sgomitando e scalciando. 

Con le timide riaperture legislative della primavera-estate 2020 chi organizza i concerti e i musicisti che li fanno hanno dovuto rivedere forma e sostanza dei live e così, per andare avanti a misura di Covid, tutti quanti noi abbiamo avuto l’occasione di vivere tante nuove esperienze, tante prime volte. Dopo la scorpacciata di live trasmessi da balconi, cucine e camerette in diretta su Facebook e Instagram, gli artisti e le agenzie hanno cominciato a ragionare sull’eventualità di concerti in streaming a pagamento: show più professionali rispetto alle schitarrate casalinghe, produzioni in location esclusive con scalette e arrangiamenti scritti appositamente, scenografie e regie pensate per un’occasione unica, come unica deve essere l’esperienza del live. Così, da cronista, mi sono ritrovato praticamente da solo nel padiglione ferroviario del Museo Leonardo Da Vinci di Milano, unico spettatore dal vivo di un live di Venerus accompagnato dal producer Mace e dal maestro Enrico Gabrielli: è stato il primo concerto in diretta web a pagamento in Italia, sulla piattaforma Dice, il biglietto per seguirlo da casa costava 5 euro. 

Restrizioni e cambiamenti

Da allora, eravamo a maggio 2020, tutti ci siamo convinti che i concerti nativi digitali e la loro fruizione in remoto potrebbero diventare un format complementare alla più canonica attività concertistica dal vivo, e magari una consuetudine per i teenager del prossimo futuro. Abbiamo perso il conto degli eventi musicali in diretta streaming per cui bisogna comprare un biglietto, che sia in Italia o all’estero non fa più differenza: alcuni sono concerti memorabili, altri più che trascurabili, ma la strada è segnata. La vera nuova normalità della musica dal vivo dell’ultimo anno e mezzo, però, è il concerto, medio o piccolo che sia, con il posto a sedere assegnato per garantire il distanziamento sociale – quindi con la formula due sedie occupate e tre vuote e la prenotazione online che diventa una partita a battaglia navale – e, magari, l’obbligo di mascherina, al chiuso o talvolta anche all’aperto, a seconda dalle normative vigenti. Guardiamo un paio di lati positivi della cosa: la mascherina è un buon alleato contro le zanzare e ci permette di cantare, senza alcun timore, canzoni di cui ignoriamo le parole, tanto non ci vede nessuno.

Il motore dell’industria musicale si è inceppato, e i concerti dal vivo dopo una lunga sospensione stanno lentamente ripartendo. Tra cambi di regole, cuori oltre l’ostacolo, speranze e attese. Per tornare presto a cantare e sudare insieme.

Le location scelte per eventi più intimi e raccolti sono spesso insolite e suggestive. In questo senso, la mia prima volta è stata un semi-secret show di Samuel dei Subsonica in un hotel di Torino, un concerto per poche decine di fan nel giorno di riapertura degli eventi dopo il primo lockdown, il 15 giugno 2020. La possibilità di seguire lo show dai balconi delle singole camere dell’albergo, a piccoli gruppi affacciati sulla corte interna dove si esibiva Samuel, rendeva lo spettacolo ancora più coinvolgente, peccato che un temporale abbia costretto l’artista a smettere di suonare dopo neanche tre canzoni. Certo, non c’è niente di più normale che un concerto annullato per pioggia, ci siamo passati tutti, ma la ripartenza così no, maledizione. Da semplice fan ho prenotato un posto a sedere con mascherina per un concerto pomeridiano di Lucio Corsi a Bologna, in una location che per ottimizzare costi e benefici la sera stessa ospitava un secondo evento live per tutt’altro pubblico (gli Psicologi, amatissimi dagli adolescenti). Un’altra prima volta degna di nota è stato il Punk Rock Raduno dell’estate 2020, un festival di culto a Bergamo, a cui ho assistito sì in piedi, ma all’interno di un perimetro tracciato con il nastro attaccato a terra per rispettare le distanze di sicurezza: potevo saltare sul posto, ma non a destra e a sinistra. 

Che siano sedie ancorate al suolo con la combinazione posti presi-posti vacanti oppure separé di plexiglas o linee tirate con il gessetto, restrizioni di questo tipo frenano inevitabilmente un’esperienza come quella del live, che dovrebbe essere liberatoria. Abbiamo letto tutti dell’idea dei concerti drive-in, forse nessuno c’è mai stato: per garantire il distanziamento, il pubblico siede nelle auto parcheggiate davanti al palco. A parte Alessandra Amoroso e il suo show per i lavoratori dello spettacolo, non mi pare ci siano stati in Italia altri casi e la formula non ha sfondato neanche all’estero. La logistica è complessa per questioni di spazio – d’altronde è sempre difficile trovare parcheggio –, visibilità e resa sonora: i finestrini puoi anche abbassarli, ma il parabrezza no (infatti, nei video dei concerti drive-in negli Stati Uniti della stella del country Keith Urban si vedono i fan seduti sui tetti delle auto).

Ma c’è un’interessante variante sul tema: lo stesso Samuel dei Subsonica e Salmo hanno organizzato concerti in mare. Il palco montato su una grande barca o una piattaforma galleggiante in acqua, e il pubblico su tante barche più piccole, motoscafi e gommoni. Samuel l’ha fatto a giugno 2021 con l’Eolie Music Fest a cui hanno partecipato, tra gli altri, Colapesce e Dimartino, Willy Peyote, Coma_Cose e gli stessi Subsonica. Salmo è invece il padrone di casa del Water World Music Festival in programma a fine luglio alla Cala dei Sardi, insieme a Coez e Bob Sinclar. Il prezzo base per un posto in gommone con kit beverage e vista su artista e mare è 200 euro, non esattamente alla portata di tutti considerato anche il volo o il traghetto per raggiungere Olbia.

Precarietà e sostenibilità

Nel momento in cui nella primavera 2021 tutta Italia è tornata in zona bianca ed è stato possibile ripartire con gli eventi dal vivo secondo le regole del momento, la mia casella di posta è stata invasa da comunicati stampa che annunciavano date e tour di artisti italiani, concerti che hanno registrato un sold out dopo l’altro considerata la sete di live e le capienze ridotte delle venue (ricordiamo il provvisorio limite di 1000 spettatori per gli eventi all’aperto). I Ministri, per esempio, hanno fatto tutto esaurito per il loro concerto al Magnolia di Milano in 100 minuti. Così, per permettere a più fan di godersi lo spettacolo, hanno annunciato un secondo show per la stessa sera. (En passant, l’evento è stato poi disgraziatamente posticipato per pioggia). Ho avuto il piacere di assistere alla prima data del loro Cronaca Nera e Musica Leggera Tour: al Porte Aperte Festival di Cremona c’erano 900 paganti, tutti educatamente seduti, e faceva tenerezza il giovane capellone che ogni tre per due si alzava con la scusa di andare al bar oppure in bagno per concedersi un po’ di sano headbanging e solitario pogo. Il resto dei comunicati ricevuti tra la primavera e l’estate del 2021, invece, ha continuato ad annunciare il posticipo delle tournée degli artisti internazionali all’autunno di quest’anno o, più frequentemente, all’estate 2022. Perché nell’ultimo periodo non sono certamente mancati i live, ma sono mancati e continuano a mancare i grandi festival, gli assembramenti nei palazzetti e negli stadi per le superstar nostrane e straniere in grado di riempirli. 

Guardiamo il lato positivo: la mascherina ai concerti ci permette di cantare, senza alcun timore, canzoni di cui ignoriamo le parole, tanto non ci vede nessuno.

L’idea di comprare un biglietto da centinaia di euro per un concerto dei Guns N’Roses a San Siro nel luglio 2022 genera ansia forse solo al sottoscritto perché, dando un occhio alla scarsa disponibilità di posti, i fan sembrano non preoccuparsi di un eventuale ulteriore rinvio della data, da non escludersi del tutto considerata la precarietà di questi anni, tra norme che variano da un giorno all’altro determinando l’apertura a fisarmonica di attività, locali e, soprattutto, confini tra un Paese e l’altro. 

Sia chiaro: i promoter vendono i biglietti per i concerti dell’autunno 2021 e dei grandi eventi del 2022 dando per scontata la piena capacità di locali, palazzetti e stadi. È un azzardo, ma devono essere per forza di cose ottimisti perché non c’è alternativa. Le parole che mettono d’accordo tutti – gestori di locali, agenzie, management e artisti – sono due: precarietà e sostenibilità. Precarietà perché tutto può cambiare da un momento all’altro. Tra zone bianche e zone gialle-arancio-rosse, il settore naviga a vista in una perenne zona grigia: non è detto che un concerto fattibile oggi lo sia anche domani, oggi ci sono determinate restrizioni o concessioni in Italia, domani in Inghilterra chi lo sa. La situazione Covid e le regole interne a ogni Paese rendono impossibile per un artista impegnarsi in un tour europeo. Mentre scrivo questo pezzo, il Todays Festival di Torino ha annunciato uno dei cartelloni più ricchi dell’estate 2021 con numerosi nomi britannici – Arlo Parks, The Comet Is Coming, Shame, Black Midi – che vengono in Italia per una data secca, show ad alto rischio cancellazione per ovvi motivi. Una cosa è certa però: un concerto o un tour a capacità ridotta con tutti i costi aggiuntivi delle misure anti-Covid (pensiamo semplicemente a termometri, gel, mascherine, tamponi per chi lavora) non è sostenibile economicamente, anche perché i cachet degli artisti internazionali nell’ultimo anno e mezzo non sono affatto calati, anzi. Prepariamoci insomma a vedere lievitare ulteriormente il prezzo dei concerti. 

Tanto si è parlato degli esperimenti live ben riusciti durante la scorsa primavera, ma un concerto senza distanziamento sociale e senza mascherine come quello dei Love of Lesbian fatto a Barcellona nel marzo 2021, con oltre 5mila persone tamponate e risultate negative prima dello show, è stato possibile perché organizzato in collaborazione con le istituzioni che hanno finanziato l’evento. Il palazzetto ospitava meno di un terzo delle persone che potrebbe contenere e, comunque sia, un test del genere non è ancora stato fatto in Italia. Nel 2022, quindi, sarà davvero possibile vedere un concerto insieme ad altre 80mila persone in uno stadio italiano? E, quando accadrà, che effetto ci farà stare pressati sul terzo anello di San Siro o in mezzo al prato, tutti insieme appassionatamente? Alla fine del 2020 ho avuto la fortuna di intervistare, rigorosamente a distanza, Tommy Lee, il batterista dei Mötley Crüe. Nell’estate 2021 la band sarebbe dovuta partire per l’ennesimo reunion tour negli stadi degli Stati Uniti; naturalmente, nonostante tutti i buoni propositi della campagna vaccinale americana, la tournée è stata rinviata all’anno prossimo. Pensando a quel che sarebbe potuta essere una ripartenza in grande stile, Tommy Lee mi ha detto: “Vi immaginate quando sarà sicuro per tutti stare in un enorme stadio? Vi immaginate l’energia in quel cazzo di stadio? Per tantissimo tempo non abbiamo potuto fare una cosa e poi, all’improvviso, è di nuovo ok. Sarà un’esperienza impagabile. Sarà forse qualcosa che non ho mai provato nella mia vita, nessuno di noi”. 

E allora aspettiamo di vivere anche questa prima volta, tornare ai veri concerti negli stadi, nei palazzetti, nei piccoli club che saranno sopravvissuti alla pandemia. Tutti sudati, incollati uno all’altro e pronti a sbraitare senza mascherina, senza paura di prendere il Covid e senza alcun timore di essere sgamati dal nostro vicino o dal nostro artista preferito mentre cantiamo parole totalmente a caso, ma cariche d’amore per la musica dal vivo.


Michele Bisceglia

Classe 1979, scrive da sempre di musica, entertainment e lifestyle. Collaboratore di Rolling Stone Italia, è autore di speciali musicali per il canale televisivo VH1 Italia e fa parte del team di autori di GF Vip Party e Isola Party su Mediaset Infinity. Vive a Milano, il suo gruppo preferito sono i Ramones.

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