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Intelligenza artificiale

L’ufficio del futuro comincia con Alexa

Non solo case: Amazon apre la strada per l’intelligenza artificiale in ufficio. E il cambiamento potrebbe essere ancora più radicale. Analisi di un fronte in espansione.

Amazon le chiama “skills”, competenze. Sono le funzionalità aggiuntive di Alexa, l’assistente digitale creato da Jeff Bezos e dai suoi luogotenenti. In particolare, su questa innovazione che presto cambierà il modo con cui lavoriamo in ufficio (prima in quelli di lingua inglese, e poi a seguire per il resto del mondo), al centro della scena c’è la divisione Amazon Web Services, conosciuta con la sigla AWS.

Il solo prodotto di AWS è in buona sostanza il cloud computing, venduto come servizio sia alle divisioni interne di Amazon sia a tutte le imprese del pianeta. Su AWS “girano” le attività di aziende che poi a loro volta offrono i loro servizi alla clientela, da Dropbox a Salesforce.com e Spotify, da Netflix a BMW e Airbnb. È un grossista grande come il pianeta, che fa da abilitatore a interi settori della digitalizzazione economica che spesso diamo per scontati. Le funzionalità offerte da AWS vanno dalla semplice capacità di calcolo remota (un’infrastruttura venduta come servizio) alla gestione completa dei server sui cui personalizzare funzionalità precaricate (piattaforma e software come servizio) quali la posta elettronica, le directory aziendali, i database, sino ad arrivare agli assistenti intelligenti.

In pratica, spendendo solo per quello che si usa, senza alcun investimento di capitale in server e servizi di gestione delle tecnologie, con la garanzia di un’affidabilità e continuità di servizio pressoché assolute, una micro azienda di tre persone o una multinazionale con decine di migliaia di dipendenti possono affidarsi mani e piedi ad AWS (o a uno dei suoi principali concorrenti: Google Business e Microsoft Azure) e accedere a un vero paese di Bengodi fatto tutto di funzionalità e potenza di calcolo.

È all’interno di questo quadro che arriva la versione business di Alexa, che ovviamente dev’essere qualcosa di più e meglio, oltre che maggiormente personalizzabile, del “semplice” assistente digitale che si può usare con gli altoparlanti smart di Amazon per comprare cose nuove nello store online o per sapere che tempo farà in città domani. E, infatti, è molto di più.

Competenze in più

Il motivo per cui nascono gli skills di Alexa versione B2B è consentire ad aziende e terze parti di creare funzionalità specifiche per i propri servizi (Salesforce.com lo fa già per le aziende sue utenti), vendibili a terzi. Questo si traduce in alcune magie, che almeno per ora possono essere sperimentate solo negli uffici che parlano inglese, e capiremo tra poco il perché. Una volta che Alexa ha accesso ai dati aziendali e alla topografia dei luoghi di lavoro, si possono chiedere cose all’apparenza semplici, se l’interlocutore fosse umano, ma strabilianti, considerando che si parla a una macchina.

Prendiamo una richiesta tipo e analizziamola: “Alexa, organizza un meeting con il team per l’inizio della prossima settimana, trova la sala riunioni giusta, manda la presentazione al proiettore, prepara un report sulle vendite dell’ultimo trimestre rispetto agli anni passati, condividilo con i partecipanti e prendi nota di quel che viene detto nella riunione, fai un riassunto e manda anche quello a tutti i partecipanti”.

Alexa è un assistente intelligente, un software molto sofisticato: non è magia, ma potrebbe sembrarlo. Utilizza un sistema di machine learning, branca dell’intelligenza artificiale, per riconoscere il linguaggio naturale e poi ha bisogno di “talenti” specifici per riuscire a capire cosa viene detto. Nell’esempio, l’obiettivo di Amazon è fare in modo che con Alexa sia ridotto al minimo l’attrito nell’organizzazione delle attività tipiche di un ufficio. Una forma di efficientamento che elimina compiti faticosi e inutili.

Alexa ha dunque le skill per capire quando bisogna fare la riunione, sa chi fa parte della squadra di lavoro e chi no (guardando i nomi appartenenti al gruppo registrato nella directory aziendale), conosce quali momenti liberi ci sono nel calendario di ciascuno per trovare il match perfetto (e mandare a tutti l’invito alla riunione), può trovare una stanza adatta, caricare la presentazione nella memoria del giusto proiettore, collegare chi non si trova fisicamente in ufficio con il sistema di videoconferenza, addirittura abbassare le tapparelle e sfumare la luce quando le è richiesto, grazie alla domotica di ufficio.

È all’interno degli Amazon Web Services che arriva la versione business di Alexa, che ovviamente dev’essere qualcosa di più e meglio, maggiormente personalizzabile, del “semplice” assistente digitale che si può usare con gli altoparlanti smart di Amazon per comprare cose nuove nello store online o per sapere che tempo farà in città domani. E, infatti, è molto di più.

Dati e operazioni

Poi c’è la parte sui dati: con l’accesso ai dati aziendali e le skill giuste (come quella offerta da Salesforce.com ai suoi clienti), Alexa trovare e riassume i dati che le sono chiesti. Con altri talenti di terze parti può “ascoltare” e trascrivere le riunioni (un po’ come si fa per i sottotitoli dei video su YouTube) e usare un’altra competenza basata su sofisticati programmi di analisi semantica per preparare il riassunto, occupandosi poi di spedirlo ai partecipanti o a chi altri deve riceverlo.

Alexa può anche interagire in tempo reale durante il meeting, come Jarvis di Tony Stark in Iron Man: un maggiordomo (o per meglio dire: un assistente) disponibile a svolgere lavori di routine per la squadra, come stampare documenti, indicare ai partecipanti altri dati, cercare informazioni supplementari, azionare gli attuatori della domotica. Non fa il caffè, almeno per ora, scherzano gli ingegneri di Amazon, ma fino a un certo punto: permette, se non altro, di ordinarlo e le prime macchine per il caffè americano “intelligenti” sono già in arrivo…

Amazon sta quindi aprendo la via al nuovo fronte delle funzionalità smart per l’ufficio. Da un certo punto di vista, è logico che succeda: la casa può essere resa intelligente fino a un certo punto, perché è più complicata da gestire, ne esistono troppe varianti. Invece gli uffici sono luoghi progettati in maniera razionale e funzionale secondo gli obiettivi di business. Anziché la smart home, nel mirino di Apple e di una miriade di aziende cinesi, oltre a Google e Microsoft, è lo smart office il bersaglio grosso sia per valore sia per rapidità di esecuzione. Un numero relativamente basso di funzionalità progettate attorno a una serie di attività lavorative molto ritualizzate dalla nostra società permette di andare più in fretta sul mercato a innovare. Anzi, nell’intenzione di Amazon, consentirà di fare disruption, cioè rivoluzionare senza soluzione di continuità un settore che, dai tempi dei feuilleton di Charles Dickens e del Monsù Travet di Vittorio Bersezio, è cambiato davvero molto poco.

Con gli assistenti intelligenti, i big della tecnologia sperano di rivoluzionare il lavoro di ufficio, trasformandolo in smart, vale a dire da attività seriale e solitaria (in cui le pratiche documentali passano da un dipendente all’altro) a sport di gruppo, collaborativo e flessibile. Un’agilità richiesta dai tempi sempre più serrati del progresso che, secondo Amazon e tutti gli altri, può essere raggiunta con una performance dopata dalle pillole smart. E si vedrà presto se funziona.


Antonio Dini

Giornalista e saggista. Scrive di informatica e negli ultimi anni ha pubblicato libri e articoli sia per la carta stampata sia online. Dal 2002 ha un blog, Il posto di Antonio.

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