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Immaginari

Addentrarsi nella montagna delle meraviglie Marvel

C’è una persona che ha letto tutti, ma proprio tutti, i 27 mila fumetti della Marvel, e ha deciso di raccontare questa impresa. Uno sguardo inedito su un pezzo importante di cultura pop.

Riportiamo qui alcuni stralci dell’introduzione di Eroi, mutanti, mostri & meraviglie. Un viaggio mai tentato prima al cuore dell’universo Marvel, il libro di Douglas Wolk appena pubblicato in edizione italiana da Utet.

Con gli oltre ventisettemila fumetti pubblicati a partire dal 1961, la Marvel Comics ha creato l’opera di fiction ininterrotta più lunga di sempre, che a oggi può vantare più di mezzo milione di pagine e il contributo di migliaia di autori e artisti. Ogni settimana, circa venti albi spillati di una trentina di pagine si aggiungono al corpus di un’unica, enorme storia: per una scelta precisa, ciascun episodio può agganciarsi agli eventi di un qualunque episodio precedente, e tutti sono più o meno coerenti gli uni con gli altri. Ogni bambino saprebbe riconoscere i protagonisti delle storie Marvel: Spider-Man, l’Incredibile Hulk, gli X-Men. Diciotto dei cento film campioni d’incassi di tutti i tempi, da Avengers: Endgame a Black Panther, da Captain America: The Winter Soldier a Guardiani della Galassia, sono basati su pezzi di quest’unica storia, che ha profondamente influenzato anche molti altri film: Star Wars, Avatar o Matrix non sarebbero mai esistiti, senza la Marvel.

I personaggi e i loro simboli si trovano su t-shirt, cuscini da viaggio, guinzagli per cani, flaconi di shampoo, cassette da pesca, puzzle e persino buste di insalata. (Molti fan di questa grande storia, infatti, amano circondarsi di oggetti che gliela ricordino, o magari identificarsi con un particolare personaggio.) Alcune espressioni idiomatiche sono filtrate dagli albi a fumetti all’uso comune, in inglese (e non solo): “sensi di ragno”, “non ti piacerei da arrabbiato”, “dicoti no”, “fattore rigenerante”, “no, spostati tu”, “morso da un ragno radioattivo”, “piccoli uomini”, “eroe o minaccia?”, “true believers”, “’nuff said”. Parti della storia sono state trasformate in serie tv, cartoni animati, romanzi in prosa, libri illustrati, videogame, attrazioni nei parchi di divertimento, e perfino in un musical di Broadway. Senza esagerare più di tanto, potremmo dire che, per chi vive nella società di oggi, avere una qualche familiarità con l’immaginario Marvel può essere utile tanto quanto, per chi vive in una società giudaico-cristiana, conoscere almeno a grandi linee le storie narrate nella Bibbia: la sua iconografia e la sua influenza, infatti, sono onnipresenti. 

[…] La grande epica della Marvel è un labirinto di specchi in cui si riflettono gli ultimi sessant’anni di storia americana, dal terrore atomico della Guerra fredda alla tecnocrazia e al pluralismo dei giorni nostri: una narrazione turbolenta, tragicomica e splendidamente intricata che parla di potere e di etica, ambientata in un mondo trasformato da eventi straordinari. Nei suoi cunicoli più profondi, è un’opera d’arte che può intimidire, sconcertare e sopraffare; in superficie, invece, le storie sono così facili da capire e amare che si potrebbe leggere un qualunque numero di The Unbeatable Squirrel Girl a un bambino di cinque anni e capirebbe tutto. Nemmeno coloro che raccontano la storia l’hanno letta tutta, ma va bene così: non è stata concepita per essere letta tutta. Non è così che va vissuta. E invece è proprio quello che ho fatto io. Ho letto tutte le oltre 540 000 pagine che compongono la storia e che sono state pubblicate fino a oggi, da Alpha Flight a Omega the Unknown. Raccomanderei a qualcun altro di fare lo stesso? Mio Dio, assolutamente no. Sono contento di averlo fatto? Certo che sì.

Ho trascorso alcuni dei miei giorni più felici esplorando la Montagna delle Meraviglie e ho provato a capire meglio che cosa nascondesse, in modo da aiutare i viaggiatori curiosi a trovare la loro via di accesso e le loro aree preferite (ci ho pensato io a strafare, così che non doveste farlo voi; se vi è piaciuto un film degli Avengers e volete leggere qualcuno dei fumetti basati sui suoi personaggi, o se avete letto gli X-Men da adolescenti e volete sapere come si sono evoluti da allora, sono qui per aiutarvi). Ma il mio obiettivo era anche riuscire a interpretare la narrativa Marvel come un’unica opera: un ciclo epico tra gli altri, Marcel Proust moltiplicato per Doris Lessing moltiplicato per Robert Altman, elevato alla potenza del Mahābhārata

Ho letto tutte le oltre 540 000 pagine che compongono la storia e che sono state pubblicate fino a oggi, da Alpha Flight a Omega the Unknown. Raccomanderei a qualcun altro di fare lo stesso? Mio Dio, assolutamente no. Sono contento di averlo fatto? Certo che sì. Ho trascorso alcuni dei miei giorni più felici esplorando la Montagna delle Meraviglie e ho provato a capire meglio che cosa nascondesse.

Essendo composta da una notevole quantità di linee narrative sovrapposte che si dipanano in parallelo, questa storia ha un approccio al tempo e alla successione degli eventi molto diverso da quello della maggior parte delle opere letterarie. Innanzitutto, non c’è un vero inizio – ovvero, c’è, ma è evidente a tutti che l’inizio canonico della storia, a metà del 1961, non possa essere considerato il primo punto di accesso per un lettore, e del resto non era stato pensato per esserlo. Al contrario, la storia Marvel fornisce tutti gli strumenti utili per immaginarsi il contesto indipendentemente dal punto d’ingresso, permettendo al lettore di procedere non solo in avanti, ma anche di risalire la corrente verso le storie più datate o spostarsi orizzontalmente tra quelle pubblicate nello stesso periodo. Ogni singolo elemento, preso da solo, è divertente – coinvolgente, emozionante, bello da vedere – o, comunque, pensato per esserlo; ma esiste anche un altro tipo di divertimento, che consiste nel mettere insieme tutti i pezzi della storia più grande.

[…] Ovviamente non li ho letti in ordine: sarebbe stato insostenibile. Ho scelto, piuttosto, di brucare qua e là: leggevo Spider-Man per un po’, poi passavo a una miniserie di Iron Man, poi ad alcuni fumetti disegnati da Leonardo Manco, poi alle varie comparse dell’enorme e mostruoso drago Fin Fang Foom, poi a qualche fumetto rosa dell’inizio degli anni settanta e poi, magari, a qualche numero nuovo acquistato quella settimana. Come li ho letti? In ogni modo possibile: sul divano, nei bar, sul tapis roulant. Li ho letti su albi ingialliti che avevo comprato all’epoca della loro uscita, o che mi ero aggiudicato da ragazzino a una piccola vendita di quartiere, o che avevo trovato da adulto nell’angolo delle occasioni durante qualche convention. Li ho letti sulle pagine lucide di volumetti brossurati dagli angoli sbeccati, in biblioteca; dopo averli presi in prestito da alcuni amici che proteggono i loro tesori con buste e cartoncini; in costose ristampe “remaster” in cartonato e in file .cbz di losca provenienza; da fragili pile di carta che in passato avevo letto e riletto con amore fin quasi a disintegrarle. Ne ho letto alcuni da una pila di arretrati che qualcuno aveva dimenticato sul tavolo accanto al mio quando lavoravo da Starbucks e che, combinazione, includeva un numero di Power Man and Iron Fist che cercavo da tempo. Ne ho letto una quantità spropositata su tablet, o nelle edizioni economiche “Essential” in bianco e nero, che Marvel ha pubblicato tra il 1996 e il 2013, o in malconce edizioni settimanali inglesi degli anni Settanta. Li ho letti da bizzarre raccolte in cd-rom pubblicate dalla Graphic Imaging Technology a metà degli anni duemila, in cui figuravano edizioni di Amazing Spider-Man e Ghost Rider di bassa qualità.

E mi sono divertito un mondo. I migliori tra loro, nuovi e vecchi, sono esattamente il meglio di ciò che l’intrattenimento pop ha da offrire in quanto a emozioni e capacità di stupire. Ma ho trovato anche una certa abbondanza di materiale immaturo e retrogrado, pubblicato di corsa per accontentare ragazzini creduloni e nostalgici assetati di sangue. Ero spesso consapevole del fatto che mi stavo ingozzando di contenuti concepiti per essere assaporati e letti un po’ per volta, cedendo alla parte peggiore dell’impulso del collezionista, ovvero quella che dà priorità alla completezza piuttosto che al godimento. Per fortuna, quando ormai mi ero avventurato troppo a fondo nelle pile di Nightstalkers e Skull the Slayer e Marvel Double Feature: Thunderstrike/Code Blue per sperare di poter fare ritorno, qualcosa dentro di me è cambiato.

Come li ho letti? In ogni modo possibile: sul divano, nei bar, sul tapis roulant. Li ho letti su albi ingialliti che avevo comprato all’epoca della loro uscita, o che mi ero aggiudicato da ragazzino a una piccola vendita di quartiere. Li ho letti sulle pagine lucide di volumetti brossurati dagli angoli sbeccati, in biblioteca; dopo averli presi in prestito da alcuni amici che proteggono i loro tesori con buste e cartoncini; in costose ristampe “remaster” in cartonato e in file .cbz di losca provenienza.

Mi sono accorto di essere in grado di trovare qualcosa di bello in qualunque albo, nuovo o vecchio. A volte si trattava di un dettaglio che si collegava a un altro sulla tela di una trama perennemente in espansione. (È un dato di fatto che nei fumetti di supereroi nessuno muoia una volta per tutte, ma è ancora più vero che nulla sparisca per sempre. Qualunque personaggio, marchingegno o evento mai apparso nella narrativa Marvel potrà tranquillamente essere ripreso da ciascuno dei narratori a venire; inevitabilmente, con due o tre decadi di ritardo, qualcuno tirerà fuori una trama in cui Crystar il Guerriero di Cristallo o Arcanna Jones o l’Amplificatore delle onde cerebrali del Capo potranno servire a qualche scopo, e sarà un’esperienza ancora più significativa per il lettore in grado di riconoscere quello stesso elemento dalla prima volta che lo ha incontrato.) Altre volte, invece, ritrovavo un senso di bellezza nel linguaggio particolare usato dallo scrittore. Chi legge fumetti da tempo sa bene che una delle gioie di seguire alcuni personaggi lungo il corso degli anni sta nell’osservare i momenti in cui questi agiscono in character e fanno qualcosa di inaspettato ma comunque del tutto coerente con ciò che sappiamo di loro; bene, osservare i fumettisti lasciare un marchio preciso della loro arte è un piacere molto simile: capita, per esempio, quando si riconosce una battuta o un tratto d’inchiostro che non può venire da nessun altro. 

Molte volte, però, ciò che ai miei occhi nobilitava anche i vecchi fumetti non proprio eccelsi era il modo in cui ciascuno rifletteva il tempo in cui era stato creato. Prima di diventare oggetti da collezione, i fumetti seriali erano venduti insieme ai giornali e concepiti per essere buttati via insieme a loro; in un certo senso, ne erano una versione metaforica e più colorata. I fumetti mettono in scena i conflitti culturali e le paure del loro tempo, e questo tipo di sottotesto risulta spesso più comprensibile e trasparente nei fumetti brutti o noiosi che in quelli esteticamente più appaganti. Persino l’impianto narrativo che ruota intorno alle singole storie fa luce sul loro contesto storico. (Si può imparare tantissimo sulle questioni razziali o di genere degli anni settanta e ottanta leggendo le lettere all’editore pubblicate in Hero for Hire o The Punisher o Ms. Marvel, o anche solo guardando gli inserti pubblicitari che interrompono le storie.) 

[…] A ogni modo, il fatto che i fumetti Marvel siano sempre stati il frutto di un’impresa commerciale vuol dire che quelli che hanno avuto più successo sul mercato, in qualunque periodo e a prescindere da chi ne fosse l’autore o il disegnatore, rispondevano a un qualche desiderio specifico del loro pubblico di quel momento storico. I primi passi della storia Marvel erano spudoratamente improntati a infantili fantasie di potere; man mano che lo stile narrativo dei fumetti di supereroi è cresciuto e si è raffinato insieme al suo pubblico, però, i sottotesti più problematici di quelle stesse fantasie si sono manifestati e sono stati messi sotto esame. Osservando attentamente i circa sessant’anni di Spider-Man o Captain America, si può vedere l’ascesa e il declino di determinate aspirazioni culturali e dei relativi modi di raccontarle. Chi esplora la storia della Marvel vi ritrova un altro mondo che può considerare suo, in costante espansione e ricco di meraviglie incompiute. Non è possibile esaurire tutte le possibilità di questo mondo, così come è impossibile farlo con quello reale (credetemi, ci ho provato). Trascorrere molto tempo in questa realtà può renderci più preparati a vivere meglio in quella vera: più curiosi di capire come sistemi diversi riescano a funzionare insieme; più desiderosi di esplorare ciò che ancora non comprendiamo; più speranzosi anche di fronte alle catastrofi; e, infine, più consapevoli del fatto che anche se la vita può pesare come un macigno sulle nostre spalle, è solo parte di un quadro molto più ampio.


Douglas Wolk

Autore e critico con sede a Portland, ha scritto di fumetti e musica popolare per diversi giornali, tra cui The New York Times, Rolling Stone e The Washington Post. Ha pubblicato quattro libri tra cui Eroi, mutanti, mostri & meraviglie (2023).

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