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Sorrentino e la trilogia della Chiesa Cattolica

The New Pope ha completato una traiettoria già accennata ne La grande bellezza e poi cominciata in The Young Pope. Ad aiutarci nella sintesi di un testo stratificato e complesso, una lettura d’autore.

The New Pope e The Young Pope fanno parte di un’ideale trilogia che ha il suo esordio nel capolavoro di Sorrentino, La grande bellezza. La versione che ha circolato nelle sale e ha procurato l’Oscar all’autore è infatti stata amputata di tutta la parte in cui il protagonista cerca risposta alle sue domande esistenziali nel contatto con la Chiesa cattolica. Privato di questa parte, il film è ridotto alla banalità di una love story, in cui il male di vivere si consuma nella frustrazione di un amore impossibile. La versione originale, completa di un’esplorazione in direzione della fede, assume invece un significato a tutto tondo. 

Gambardella, è a modo suo uno “straniero”, un Roquentin nauseato della mondanità, che cerca disperatamente di dare un senso ad una vita che, citando Vasco “Un senso non ce l’ha”. Ma, come Sorrentino, è anche un esteta irrimedibilmente attrato dalla bellezza.

La Roma che fa da sfondo alla storia ha quella bellezza esagerata, barocca, ridondante che già incantava Fellini. Ma nella ripetizione dei riti e delle abitudini sottostanti, questa bellezza rischia di rivelarsi priva di senso. In realtà, la bellezza di cui ancora godiamo è frutto di altre epoche, di altri contesti culturali e di diversi obiettivi. Il barocco ha creato bellezza per commuovere e convertire alla fede. Oggi i resti di questa bellezza sono una scenografia elegante che permette ai sedicenti intellettuali di occupare i salotti senza sembrare meschini o ridicoli, senza cadere nel cafonal. La vita mondana trae legittimazione dall’occupazione di questi spazi intrisi di arte. 

Bellezza e religione

Dato che è stata la Chiesa la matrice di tutto, la presenza della Chiesa è ovunque. Senza di essa non esisterebbe la storia dell’arte, come ricorda Sharon Stone nel suo colloquio con Giovanni Paolo III. Tutto nasce con la figura del Cristo, il Dio fatto uomo, il Verbo che si fa carne, secondo la definizione di San Paolo. Tutte le religioni monoteiste sono aniconiche, perché l’immagine umilia la trascendenza divina, la rende materiale e ne fa un idolo, come il mitico vitello d’oro. Solo la religione cattolica può rappresentare il suo Dio perché si è fatto uomo, e a partire da Gregorio Magno la raffigurazione della storia sacra entra a far parte della missione di proselitismo della Chiesa. La bellezza è stata per la Chiesa propaganda, manipolazione, seduzione. Oggi la bellezza di quello che è stato uno strumento di conversione sopravvive comunque alla perdita del suo fine. Seduce senza produrre risultati. È ancora una volta una bellezza depotenziata, privata della sua vitalità.

Con l’ennesima delusione di Gambardella si chiude La grande bellezza, ma stranamente il tema religioso, anche se vissuto dall’esterno, sembra aver impressionato indelebilmente l’immaginario di Sorrentino, tanto che torna sull’argomento non una ma due volte, con The Young Pope e The New Pope.

Era inevitabile che Sorrentino si avvicinasse a un mondo di subisce il fascino. Ma non poteva che descrivere il vuoto di emozioni che sottende. Due sono gli incontri di Gambardella nella sua esplorazione della fede cattolica: il cardinale mondano e la suora ascetica. Entrambi si rivelano deludenti. Il cardinale mondano, interpretato da Roberto Herlitzka, è la metafora del distacco della Chiesa dai bisogni spirituali dei fedeli. Interrogato su problemi religiosi, risponde in automatico recitando ricette di cucina come nel migliore dei Masterchef possibili. La suora santa invece, rinchiusa nel suo misticismo e quindi irrimediabilmente separata dalla vita reale e da ogni forma di corporeità, si consuma nel suo masochismo autoreferenziale: si nutre di radici, dorme sul pavimento, sale le scale in ginocchio, ma è incapace di empatia. Sorrentino si vendicherà facendo sopprimere la sua controfigura dal young Pope Lenny Belardo che, con la preghiera, ottiene la sua morte direttamente da Dio. Entrambi dimostrano l’inaridimento della fede. Perché se Cristo è uomo non può mancare di empatia e di amore. 

Il tema religioso prosegue…

Con l’ennesima delusione di Gambardella si chiude La grande bellezza, ma stranamente il tema religioso, anche se vissuto dall’esterno, sembra aver impressionato indelebilmente l’immaginario di Sorrentino, tanto che torna sull’argomento non una ma due volte, con The Young Pope e The New Pope. Il tema del primo sequel è: “Cosa succederebbe se in un universo ermeticamente chiuso come il Vaticano si introducessero, o meglio reintroducessero, due elementi costitutivi della cristianità cattolica come la corporeità della guida spirituale – il Papa come reincarnazione di Cristo – e il mistero – credo quia absurdum?”. Il secondo invece si chiede: “Se Gesù si è fatto uomo, può il capo spirituale della Chiesa esibire la sua umanità, nel senso di fragilità?”. 

L’Avvenire definisce The New Pope un “fantasy papale”. E, cosa prevedibile per una testata confessionale, il giudizio è negativo: “un altro colpo basso alla Chiesa”. La causa è il contenuto provocatorio, identificato con “il corpo seminudo del Papa giovane” e le “novizie in sottoveste”, cioè la corporeità che la Chiesa tende a rimuovere, come sinonimo di sessualità. Ma è proprio questa rimozione che provoca il male maggiore della pedofilia a cui, forse, il male minore delle nozze tra ecclesiastici potrebbe porre rimedio, come ritiene il nuovo Papa. Ma non è questo il punto che mi interessa di più. Trovo incantevole invece proprio la dimensione del fantasy, in cui gli eventi perdono consistenza reale per galleggiare in una dimensione di puro straniamento. Il Vaticano di Sorrentino ha qualcosa di utopico anche prima della bonifica di Pio XIII che spazza via gli affaristi e i preti cattivi.

Alle trame di palazzo si contrappone un’aura di fede e grazia infantile. L’immagine della fede è impersonata dalla beata Juana che ispira Pio XIII. Sempre a contatto con i bambini, Juana schiacciava le bucce di mandarino per profumare l’aria. La beata Juana, a sua volta, è l’alter ego della suora che ha fatto da mamma adottiva a Lenny, crescendo nell’amore generazioni di orfani. I bambini sono al centro dell’attenzione di Pio XIII, che non esita a interpellare Dio ogni volta che li percepisce in pericolo. I bambini sono sempre benvoluti, anche quando figli del peccato e anche quando irrompono a sorpresa sulla scena come il piccolo Pio, che impersona nel finale una citazione di Shining. La santità che non si esprime attraverso i bambini, lo fa nei “poveri di spirito”. Voiello celebra solennemente in Vaticano le esequie di Girolamo, ragazzo handicappato con cui ha mantenuto un dialogo unilaterale per tutta la storia, dichiarandolo modello inarrivabile di santità e promovendolo santo tra tutti.

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Paolo Sorrentino sul set di “The New Pope” (Sky) – Fotografia di Gianni Fiorito

Lo spazio magico

Come un fortino circondato da integralismo e fanatismo, il Vaticano è nella fiction uno spazio magico in cui, secondo le parole del cardinale Gutierrez che confessa Giovanni Paolo III, Dio è presente per perdonarci e amarci. Perdono e amore devono rimanere i capisaldi, i punti di riferimento e di differenziazione rispetto all’integralismo delle altre religioni monoteistiche. Insomma, il Vaticano di Sorrentino non è solo, come scrive Avvenire, “un covo di cardinali perfidi, oltre che brutti e quantomeno equivoci”. In un’epoca che ha scordato la commozione, la serie di Sorrentino è capace di commuovere.

Reintroduce la dimensione del Sacro e del Mistero. Tutta tesa a combattere irrazionalità e possibili ciarlatani, la Chiesa Cattolica ha sacrificato queste due dimensioni. Ma può sussistere una religione senza mistero? Piano piano, puntata dopo puntata, The New Pope reintroduce il mistero, l’irrazionale, insomma i presupposti della fede, che non è frutto di ragione ma di slancio emotivo. Non esistono veri motivi di scandalo nella descrizione di un Vaticano che, più che realista, si rivela surreale.

Più che scandalizzare, The New Pope stupisce con una serie di infrazioni prive di significato, ma sorprendenti perché estranee all’iconografia tradizionale della chiesa. Il papa giovane fuma e beve cherry diet coke. Fumano tutte le suore, tra cui quella nana che si candida a icona del manierismo sorrentiniano. Il Papa incede in spiaggia in costume, tra gli sguardi ammirati dalle donne. Il Papa è bello e sa di esserlo, capisce l’effetto del suo incedere e strizza l’occhio al pubblico. La presunta blasfemia alla base della strage alla redazione francese di Charlie Hebdo nasceva dalla rappresentazione del Profeta vietata dall’Islam. In una cultura basata sull’immagine, la blasfemia, o meglio l’irriverenza, nasce invece dalla violazione di codici iconici consolidati di rappresentazione. Il Papa tradizionale è vecchio. Non fa l’occhiolino, non fuma, non beve diet coke. Le suore non si mostrano spogliate, non si truccano, non fanno sciopero. Niente di grave, ma tutto inconsueto. 

Trovo incantevole invece proprio la dimensione del fantasy, in cui gli eventi perdono consistenza reale per galleggiare in una dimensione di puro straniamento. Il Vaticano di Sorrentino ha qualcosa di utopico anche prima della bonifica di Pio XIII che spazza via gli affaristi e i preti cattivi.

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“The New Pope” (Sky) – Fotografia di Gianni Fiorito

Il paragone che mi viene in mente sono le avanguardie: la Madonna che sculaccia il bambino Gesù di Max Ernst, la Madonna che ride di De Dominicis, il papa colpito dal meteorite di Maurizio Cattelan, non a caso introdotto dallo stesso Sorrentino nella sigla di The Young Pope. Immagini di vita quotidiana inconciliabili con le immagini sacre. Se però andiamo al di là dell’immagine, vedremo che il messaggio dei due Papi di Sorrentino è tutt’altro che secolarizzante, e tende anzi a riportare la Chiesa ai suoi valori tradizionali.

“Io non sono nuovo”, dice il papa giovane, “sono antico”. Le suore non vinceranno il loro sciopero per inserirsi nel mondo come i preti. Al contrario, saranno i preti a ritornare all’ascetismo. Il povero papa Francesco, omonimo del papa attuale, coinvolto in problematiche terrene più che spirituali, è ucciso dal giovane Papa in coma, con l’impercettibile movimento di un dito. Il Papa giovane è in grado di fare miracoli e per questo è stato inviato tra noi. Forse è la chiusura di questa nostra epoca, la ripetitività delle sue regole e dei suoi riti, l’inviolabilità dei suoi regolamenti, a farci immaginare per qualsiasi problema una soluzione che non viene dall’uomo, come la rivoluzione, ma dal miracolo divino.

Un Papa cresciuto

Già mi aveva ammaliato Ammaniti con la sua Madonna che piange. Qui ci incanta invece il sorriso e la leggerezza di un papa bellissimo. È lui il miracolo. Ma chi è lui? Nessuno lo sa e, come pedina gestita da Dio, è lo stesso Pio XIII a chiederselo nel discorso finale che elenca le possibili letture del suo personaggio. È Cristo o non è Cristo? Si è svegliato o è risorto della morte? È il Messia o non è il Messia? Queste domande non possono avere risposta perché lui stesso non ne ha una, ma la bellezza delle domande senza risposta è che solo Dio la conosce. La figura del giovane Papa è molto cresciuta nella seconda serie. Nella prima Lenny ha difficoltà a mostrarsi al pubblico, intuisce il suo potere, ma non lo comprende sino in fondo, ne sembra quasi spaventato. Dopo il coma acquista lucidità e consapevolezza sia del suo potere sia della sua missione di riscatto della Chiesa.

La sua umana fragilità gli va ormai stretta. Sorrentino recupera l’umanità con lo sdoppiamento dei Papi. A parte l’inadeguato Francesco II, tolto di mezzo immediatamente, due Papi complementari si fronteggiano e si integrano: uno incarna il mistero, la forza, la lucidità; l’altro incarna la sensibilità, la fragilità, l’eleganza dei riti e della Chiesa. Insieme, porteranno a termine la missione di dare alla Chiesa nuova vita. Come in una favola. Tutte le brutture sono spazzate via dal regno dal Vaticano. I cardinali assetati di potere sono allontanati in sedi irraggiungibili, e comunque esiliati dallo spazio della scena. I faccendieri che reggevano in modo opaco la banca dello Stato sono puniti. Persino il capo dei servizi segreti sposa la escort e si ritira a vita privata per mancanza di lavoro in uno Stato che ha recuperato trasparenza e valori. Ma la vera missione del giovane Papa non è solo ripulire il Vaticano, quanto aiutare la Chiesa a sgominare l’aggressività montante delle altre religioni. Combatte la fede con la fede, il mistero con il mistero. Rappresenta per questi culti un motivo di inquietudine perché, in virtù della sua presunta resurrezione, può diventare centro di attrazione per le folle prive di certezza e alla ricerca di fanatismo. Un piccolo culto integralistico si concretizza già in seno al cattolicesimo stesso, nel commando che rapisce i bambini di Ventotene. Ma Pio XIII è venuto a combattere tutto questo.

A sua volta il nuovo Papa ha la missione di ricostruire il dialogo tra la Chiesa e il suo popolo, attraverso quella fallibilità che è il contrario del fanatismo. Si ritiene inadatto al ruolo, fragile come porcellana. Fallisce la sua prima conferenza stampa. Ma proprio la sua debolezza è il veicolo di ricongiunzione tra Chiesa e fedeli. Oggi siamo tutti perdenti, spauriti, soli, ma la Chiesa (ecclesia, assemblea popolare) in quanto somma di debolezze costruisce una forza. Compiuto il suo ruolo, si ritira a vita privata lasciando la scena al Papa giovane. La sua fragilità, prima vissuta come colpa, è il punto di partenza per una vita ricca di sentimenti, umana anziché istituzionale. Per la prima volta dalla morte del fratello i genitori lo accolgono con affetto. Sofia, la donna che ama e da cui è riamato in silenzio, lo raggiunge per iniziare (forse) una vita insieme, e noi spettatori ci congediamo da lui con l’immagine della carezza di lei. 

Opposto il destino di Pio XIII, segnato fino in fondo dalla sua eccezionalità. Compiuta la missione il suo corpo è depositato dalle suore ai piedi della Pietà di Michelangelo, che più volte Sorrentino aveva inquadrato nei momenti più commoventi del serial. Qui il bellissimo corpo del Papa rivela la sua natura ricongiungendosi al bellissimo corpo di Cristo. Un’ultima nota sulla capacità di figurazione di Sorrentino, capace di creare arte da arte, bellezza da bellezza. La sua macchina fissa sulla scena sfrutta le luci per creare storia e temporalità, come le inquadrature della cattedrale di Rouen di Monet.


Carlo Freccero

Nella sua lunga carriera televisiva, è stato responsabile del palinsesto di Canale 5 dal 1979 al 1983, quando è passato a Italia 1 e poi a Retequattro. Nel 1985 assume la direzione di La Cinq. È direttore di Italia 1 dal 1987 al 1992, poi torna in Francia come responsabile di France 2 e France 3. Nel 1996 dirige Raidue e poi lancia Rai 4; infine torna a Raidue nel 2018. È stato consigliere d'amministrazione della Rai dal 2015 al 2019.  Insegna presso l’Università di Genova.

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