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Charlie Brooker

Odiare tutti, odiare tutto. E cercare, nel frattempo, di far ridere. Storia di un hater geniale.

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Questo articolo è apparso per la prima volta su LINK Numero 14 - Vizi Capitali del 03 giugno 2013

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L’unica vera grande lezione che possiamo carpire dai media italiani – insegnamento trasversale, che scheggia tendenze politiche, canali generalisti o satellitari, situazioni con pretese culturali o meno – è non criticare. La tv italiana sembra infatti angosciata dal seguire pedissequamente quel vecchio modo di dire da nonna preoccupata per il nipotino vivace con tendenze anti-sociali: “Se non hai nulla di buono da dire, non dire nulla”. I pochissimi spazi di critica sopravvissuti sono un risplendere di aggettivi agiografici – il libro imperdibile, lo scrittore ispirato e geniale, l’ennesimo album capolavoro, l’automobile impeccabile, l’incredibile e attesissimo ritorno della rockstar con la prostata debole. Il risultato, quando letteralmente non esiste nulla di brutto, illeggibile, inutilizzabile e inguardabile è un coagulo di mediocrità che rende la televisione sempre più distante, anacronistica e finta rispetto alla vita comune. Rispetto al web. Il contrasto è ancora più evidente quando si seguono le trasmissioni, come sempre più spesso si fa, tramite Twitter. Il tappo buonista e represso televisivo esplode sul web in insulti, satira in tempo reale e sfoghi distruttivi e liberatori verso conduttori, temi e ospiti. Come nel caso di una coppia costretta dalle circostanze a convivere nonostante non ci sia più nulla da dire. Se fra le migliaia di battute di Villaggio pronunciate nella sua carriera quella che si ricorda più spesso è il giudizio del suo Fantozzi su La corazzata Potemkin, che dopo 40 anni ha ancora la forza di una bestemmia in una chiesa, il motivo è perché semplicemente non si fa.

Benvenuti nell’era della stupidità

Charlie Brooker, comico satirico inglese di 42 anni diventato poi giornalista, autore e sceneggiatore, è il risultato di questa frustrazione che si vive sul web nei confronti dei manierismi televisivi. È cinico, irascibile, misantropo; guarda con condiscendenza tutto ciò che è stupido e banale, promuove orgogliosamente un sentimento impossibile da esprimere normalmente in tv: la lucida arrabbiatura insofferente. È l’anti-anti-intellettualismo fatta persona. Nei suoi programmi, in cui decostruisce i cliché televisivi, lo si vede letteralmente urlare insulti verso il proprio schermo, seduto nel salotto buio di casa, da solo. Una scena che rimanda alle nostre frustrazioni e al nostro quotidiano rapporto di odio inascoltato verso la tv.

Nonostante il crescente successo degli ultimi anni questi programmi, Screen Wipe e Weekly Wipe, mantengono ancora l’abbrivio iniziale della critica piallatrice e pungente tipica del web. Del resto, la carriera di Charlie Brooker, nasce proprio sulle rete grazie al sito TvGoHome, realizzato tra il 1999 e il 2003 come satira della programmazione televisiva inglese. Il sito utilizzava il layout del Tv Sorrisi & Canzoni britannico per inventarsi settimanalmente programmi e sinossi surreali che si prendevano gioco dei veri canali televisivi d’oltremanica. Un odio represso impossibile da veicolare in edicola che finalmente scavalcava la censura della carta stampata sulla rete. “Nathan Barley”, scriveva Charlie Brooker colmo di disprezzo per il reality sui proto-hipster Cunt, “creativo della medio-alta borghesia di Londra che lavora nei media e merita un punteruolo sulla guancia, ritorna. Questa settimana: dopo aver sniffato cocaina nel gabinetto di un club insieme a un tizio egocentrico di un magazine di design, Nathan si ritrova a scrivere una rubrica semianalfabeta in cui recensisce siti web alternativi. Nathan comincia quindi a credere che tutto ciò lo renda un essere umano speciale e superiore, invece di un cadavere che cammina con capelli e pantaloni più alla moda dei tuoi. Se ci fosse una qualche giustizia nella vita sarebbe ora incatenato a una colonna di una piattaforma petrolifera del Mare del Nord con funzione di raccoglitore di liquidi seminali di 200 grossi bastardi con la schiena pelosa nel mezzo della più violenta tempesta che il mondo abbia mai visto. Sottotitoli in drum’n’bass a pagina 43 del televideo”.

Un paio di anni più tardi, nel 2005, riesce a portare il suo livore verso una generazione che si sente così autocompiaciuta e cool da TvGoHome al canale Channel 4, proprio con Nathan Barley. Brooker partecipa alla serie con il suo alter ego Dan Ashcroft, uno scrittore cinico e disincantato che finisce a collaborare con la rivista Sugar Ape, parodia della bibbia hipster VICE Magazine, come ultima sponda per sopravvivere grazie alla scrittura. Charlie Brooker si immagina il proprio protagonista vittima della sua stessa creatura, vessato infine da ciò che doveva salvarlo. Ashcroft scrive un articolo contro i Nathan Barley del mondo intitolato “The Rise of the Idiots”; dopo la sua pubblicazione su Sugar Ape tutti gli hipster lo eleggono come guida spirituale da ascoltare e imitare e fermare per strada.

“Gli idioti”, Brooker fa dire al suo protagonista, “sono dei consumatori schiavi autocompiaciuti, incapaci di comprendere il paradosso del loro uniforme individualismo. Pettinano i loro capelli in una informale perfezione. Indossano cinture sotto le palle. Ciarlano dentro macchine portatili di stronzate su quella fighissima email con la tizia inseguita da un lupo. Il loro amico figo l’ha scritta. È un idiota pure lui. Benvenuti nell’Era della Stupidità. Hail The Rise of the Idiots”.

La fine di Ashcroft è quasi la medesima di Bing, protagonista di 15 Milioni di Celebrità, seconda puntata di Black Mirror, serie che si ripropone di pensare a come sarebbe Ai confini della realtà oggi se al posto delle paure sull’annientamento nucleare del mondo e le invasioni di alieni/russi usassimo la tecnologia dei social network, l’oversharing e gli schermi di smartphone e pc come sottotesto strisciante di ansia e terrore. Bing è uno dei tanti schiavi produttori di energia di una società del futuro. L’unico modo per emanciparsi dal ruolo di pedalatore/dinamo risiede nella partecipazione vincente a un talent show di stampo Italia’s Got Talent. La ragazza di Bing partecipa, e invece di essere scelta per una carriera da cantante, come voleva il suo sogno, si ritrova a fare la pornostar per scelta dei tre giudici di gara. Bing cerca di rivederla partecipando anche lui alla trasmissione e finisce con un memorabile monologo finale recitato con un pezzo di vetro puntato alla propria gola. “Non ho preparato un discorso”, dice dopo aver interrotto la propria esibizione minacciando il suicidio. “Volevo solo venire qui e farmi ascoltare da voi. Costringervi per la prima volta ad ascoltare almeno qualcuno veramente, invece di far finta di farlo”. Ora la sua voce si fa ancora più disperata – urla. “Vi accomodate e noi ci mettiamo subito a cantare e ballare come dei pagliacci. Voi non ci vedete come degli uomini, ma come merce. E più siamo falsi e più vi piace, perché è la falsità l’unico valore, l’unica cosa che riusciamo a digerire. Anzi no, il dolore e la violenza; accettiamo anche quelli. Dovreste darci voi qualcosa di reale, ma non potete. Perché ci ucciderebbe”. La vittoria di Bing è quella di ricevere un’ovazione dai giudici e dagli avatar degli spettatori. Non per il suo messaggio, ma per lo spettacolo creato nel comunicarlo. Bing finisce a lanciare invettive contro tutto e tutti con un pezzo di vetro puntato al collo, per trenta minuti, due volte alla settimana.

Charlie Brooker è cinico, irascibile, misantropo; guarda con condiscendenza tutto ciò che è stupido e banale, promuove orgogliosamente un sentimento impossibile da esprimere in tv: la lucida arrabbiatura insofferente.

Dentro la macchina

Non è difficile vedere in questi due personaggi ansie personali di Charlie Brooker. Il tizio che recensiva videogiochi a vent’anni, passato a fare satira sul web contro tutta la macchina televisiva inglese e diventato ora uno dei personaggi di punta in Inghilterra proprio di quella macchina. Da columnist del Guardian ad autore di Dead Set e del pluripremiato Black Mirror.E poi serie BBC come How TV Ruined Your Life in cui descrive, passeggiando per i villaggi bucolici della campagna inglese, come la televisione abbia distorto la realtà per i propri scopi. Creare paura per fidelizzare lo spettatore. Creare aspettative e ambizioni senza che esista possibilità di riuscire a esaudirle. Ansie che diventano poi addiction. Fare lo stesso analizzando la retorica del giornalismo televisivo con la serie Newswipe. “Ogni volta che guardo un tg”, dice Brooker nel pilota del programma di BBC Four, “mi sembra di essere finito nell’episodio 389 della soap opera più criptica del mondo”. Mostrando l’esperto psicologo spiegare che per fermare le stragi nelle scuole e i massacri di massa bisogna evitare di parlare del numero dei morti, degli autori di queste stragi, di come le loro azioni disturbino la società. Mostrare poi tutti i telegiornali, rendicontare i morti, ricostruire tutta la vita degli assassini, narrare dello strazio e lo shock fra le persone. Quindi fare contro-cultura, dare sfogo anche in modo costruttivo e lucido alla propria ira ed esasperazione serve veramente a qualcosa? Parliamo ancora di anti-establishment? O è sempre la macchina che ha bisogno di un’apparente contrapposizione interna per dare la parvenza di funzionare? “Se lavorate nel marketing, uccidetevi”, diceva il comico Bill Hicks in uno spettacolo del 1991. “Se lavorate nel marketing so cosa state pensando in questo momento: oh, il mercato anti-marketing! È un ottimo mercato! Un sacco di soldi in quel mercato!”.

Ma l’ira di Brooker non è solo un comprensibile sfogo verso scelte di una società che premia con visibilità situazioni sempre più effimere e angoscianti. È un impressionante catalogo di tutto ciò che non funziona ora e che smetterà di funzionare nel futuro. Il fatto che questo manchi completamente nel nostro paese – perché a criticare non si fa una bella figura – è sintomo di corruzione. Ci hanno levato gli anticorpi e gli antibiotici e continuano a starnutirci addosso. E dire che sarebbe un ottimo mercato.


Matteo Lenardon

È un autore televisivo (The Voice, Sorci verdi, Top Gear). Ha scritto per Vice, L’Uomo Vogue, Rolling Stone, Wired e Studio.

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