Senza che ce ne accorgessimo, un posato divulgatore scientifico cinquantenne è diventato di botto uno dei sex symbol della rete. Genesi di un mito, tra sorpresa e ironia.
In principio era il verbo, e il verbo era Alberto Angela e, come riportato dalla prima regola delle tavole della legge del gruppo Facebook Angelers, “non avrai altro divulgatore all’infuori di lui”. Il consenso di cui gode Alberto Angela sui social network è simile a quello dell’amatissimo Gianni Morandi, solo che Alberto Angela non ha mai fatto del vero e proprio personal branding online. Morandi ha una pagina Facebook con bollino blu, un piano editoriale che prevede almeno un post al giorno con contenuti prodotti anche personalmente e rubriche riconosciute (le famose “foto di Anna”). Inoltre, lui e il suo staff fanno giornalmente social caring, rispondendo agli utenti che commentano. Alberto Angela invece ha solo una Pagina Fan Ufficiale senza neanche il badge di verifica blu, il posting non è regolare e serve a dare comunicazione della messa in onda dei suoi programmi. Il profilo Twitter, che conta comunque più di 200mila follower, serve a rilanciare automaticamente i post pubblicati su Facebook. Gianni Morandi comunica se stesso con un linguaggio e delle modalità in linea con quelle delle community dei social network, che lo apprezzano per questo. Non è invece Alberto Angela in sé a godere di ampio consenso e popolarità sui social network, ma Alberto Angela in quanto meme.
Il meme di Alberto Angelo non è tra i più sofisticati: il divulgatore scientifico subisce una trasfigurazione collettiva e diventa un amatore superdotato, un affascinante e irresistibile Don Giovanni. Rappresentazione lontanissima dal vero Alberto Angela, uno sposato con la stessa donna dal 1993 e che ha come ideale femminile la Monna Lisa, di cui apprezza soprattutto la compostezza. Il meme più rappresentativo è quello che gli fa dire «Io divulgo forte», gli altri sono la reiterazione di doppi sensi nati dal mix esplosivo tra terminologia scientifica e capacità amatoriali da pornoattore. Alberto Angela è, insomma, reso oggetto di battute volgari e sessiste, perlopiù di cattivo gusto, con un tono di voce molto più vicino alle pagine Facebook per quarantenni che a quello della divulgazione scientifica. Nei gruppi dei fan infatti si parla raramente di scienza, più spesso si commentano i nuovi meme, si condividono gif (ce n’è una con Alberto Angela subacqueo che emerge dalla spuma del mare circondato da cuoricini), si postano selfie con il loro eroe, come si farebbe con una rockstar. In un’intervista gli avevano chiesto se questa cosa gli creasse imbarazzo e lui si era dichiarato sorpreso della svolta sexy ma “se può servire alla cultura va bene, rimanendo nel buongusto e nel buonsenso”.
Gianni Morandi ha una pagina Facebook con bollino blu, un piano editoriale che prevede almeno un post al giorno. Non è invece Alberto Angela in sé a godere di ampio consenso e popolarità sui social network, ma Alberto Angela in quanto meme.
Viaggio all’origine del meme
Benché sia quasi sempre difficile risalire all’origine e all’autore di un meme, il primo dedicato ad Alberto Angela compare nel canale italiano di Reddit a marzo 2016, dove un utente dice di aver avuto l’ispirazione mentre guardava questo video su YouTube. Subito rilanciato su Facebook, diventa immediatamente mainstream. Secondo Google Trends, il primo picco anomalo riguardo l’interesse di ricerca degli utenti nei confronti di Alberto Angela avviene proprio tra aprile e giugno 2016, per poi raggiungere l’apice a dicembre dello stesso anno in concomitanza con la messa in onda di Stanotte a San Pietro, che è riuscito a ottenere il 25,4% di share durante le feste natalizie, impresa quasi titanica per un programma culturale. “Noi conduttori siamo azioni in borsa”, diceva Simona Ventura e così pure i meme. Il 2016 è stato un anno con numeri da record per i suoi programmi come Ulisse: il piacere della scoperta o gli Speciali condotti su Raiuno, sempre trending topic su Twitter, dove gli utenti lo adorano: Alberto Angela è il motivo per cui vale la pena pagare il canone.
Quasi un enigma capire il perché di tanto consenso. Saranno i pantaloni a vita alta color cachi, la folta chioma scompigliata dal vento e il sorriso di chi è in missione per conto della scienza. E poi il curriculum “lungo così”, gli anni di gavetta, l’amore per il proprio lavoro, l’estrema professionalità, tutte queste cose gli hanno permesso di planare serenamente pure sopra la maledizione del figlio d’arte. L’unica regola è quella di essere dalla parte degli scienziati per i contenuti e da quella del pubblico per il linguaggio. Eppure è rimasto umile: quando nelle interviste si cita l’episodio in Etiopia, dove era andato in spedizione alla ricerca di fossili preistorici, e lui e la troupe erano rimasti coinvolti in una sparatoria, sorride e fa spallucce. Così Alberto, privo della durezza accademica del padre Piero (nemico numero uno dei complottisti italiani), è diventato il re della divulgazione scientifica, incendiando i cuori di tutti, telespettatori e popolo del web. Ester Viola, seguitissima professionista dei cuori infranti su Twitter, propone “di sostituire alla dicitura ‘principe azzurro’ il meno generico ‘Alberto Angela’”, mentre Francesca Michielin ha postato una foto sulla sua pagina dove la si vede dormire avvolta nel piumone con sopra la sua faccia sorridente.
Nei gruppi dei fan infatti si parla raramente di scienza, più spesso si commentano i nuovi meme, si condividono gif (ce n’è una con Alberto Angela subacqueo che emerge dalla spuma del mare circondato da cuoricini), si postano selfie con il loro eroe, come si farebbe con una rockstar.
Da divulgatore scientifico a rockstar
Forse una parte del merito della costruzione del mito va a Neri Marcorè, quando nel 2001 ne fece una parodia esilarante all’Ottavo nano, imitando quel suo modo curioso di camminare tra le rovine di civiltà antiche, quel beccheggiare tra fossili e antichi vasi, con le mani che non gesticolano ma solfeggiano la scienza. Narrano le cronache dell’epoca che Piero Angela si fosse infuriato fino a chiedere spiegazioni a Carlo Freccero, l’allora direttore di Raidue. Alberto, invece, nelle interviste ammette sempre di avere apprezzato quella parodia. Tornando al meme, l’idea di questo articolo mi è venuta parlandone con due nati nel Duemila, studenti di un liceo scientifico. Non avevano mai visto Alberto Angela in televisione (perché la tv generalista non la vedono quasi mai), non conoscevano neppure Piero Angela, né SuperQuark. Il primo incontro con i divulgatori è avvenuto proprio attraverso il meme che usavano ironicamente nei loro gruppi Whatsapp per indicare che “anche un nerd può rimorchiare”. Ma poi si sono appassionati davvero alla saga degli Angela e quindi alla divulgazione scientifica. Evidentemente, non serve curare di persona la propria immagine online se sei Alberto Angela, che preferisce lasciar fare al suo alter ego sexy. D’altronde, se funziona che male c’è? Se può servire alla cultura, va bene.
Laura Fontana
Lavora da più di dieci anni come esperta di comunicazione digitale per brand nazionali e internazionali. Si occupa di società digitale e analisi del web. Scrive di internet e pop culture, influencer e creator economy su Rivista Studio e altri magazine.
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