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TeleMilano Story

Tensioni creative nella nascente tv commerciale

Alla scoperta dei cardini di TeleMilano, inizio della tv commerciale italiana: i programmi e generi, i palinsesti, la pubblicità e il legame con il pubblico.

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Questo articolo è apparso per la prima volta su LINK Numero 17 - TeleMilano 58 del 20 novembre 2014

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“Non è stato facile, e non è facile, credetemi, fare una televisione”: così, il 29 settembre 1978, Silvio Berlusconi decide di cominciare il suo breve discorso durante l’inaugurazione ufficiale di TeleMilano. Dal primo istante, la consapevolezza di stare in una  posizione di manifesta inferiorità – rispetto al mondo Rai, e, per il momento, alle altre televisioni private – si intreccia e si mescola con l’ambizione di cambiare qualcosa nel settore, e con la creatività necessaria per potercela fare. La rete è consapevole dei suoi punti di forza e delle sue grandi debolezze: ma proprio questi vincoli consentono di sviluppare prima, ed esercitare poi, una creatività potente, persino spregiudicata. Si parte dai margini, si comincia a lavorare ai fianchi nemici troppo grandi, e si sta a vedere l’effetto che fa, cercando – nei tempi giusti – di trasformare la marginalità in un punto di forza, in una specificità, in una palestra di quelle spericolate sperimentazioni e delle scelte più conservatrici che insieme vanno a costituire un plus, un valore, una distinzione in un panorama già affollato. Per citare ancora Berlusconi, “una televisione deve diventare grande con calma. Diciamo che è un bambino piccolo, e che avrà tutte le nostre cure per diventare grande nel modo migliore”. Certo, contano le idee, i progetti e gli scenari. E contano le professionalità degli addetti ai lavori, le prove ed errori, i tempi lunghi. Ma – e forse lì sta la novità, la differenza con gli altri, la radice dei molti successi futuri – TeleMilano è stata anche, proprio grazie alla sua posizione marginale e “di confine”, un grande campo di tensioni ideali, di contraddizioni irrisolte e persino rivendicate, di tentativi che procedono per accumulo. Alla ricerca di ciò che “funziona”: nella programmazione, come nella pubblicità, nei palinsesti e nel rapporto con il pubblico.

Generi ai margini

Una televisione è fatta, innanzitutto, dai suoi programmi. E quello che per primo colpisce degli archivi di TeleMilano, come delle liste scritte a mano recanti le scalette di emissione, è un’idea di varietà. Vale per i generi d’acquisto: i film, i telefilm, i cartoni animati e i documentari che riempiono ogni giornata di messa in onda. E a maggior ragione vale per le produzioni originali, pensate e sviluppate apposta per TeleMilano, certo più rade nel flusso dei programmi ma anche capaci di pesare di più, e di incidere in modo forte sull’identità della rete, sulla sua immagine proiettata anche lontano da Milano 2.

È una televisione fatta di eventi spettacolari: il cabaret (Cabarout, Frittomisto), la musica (Con noi stasera, GiroMike), i quiz e i giochi a premi (I sogni nel cassetto, Un bel giorno c’incontrammo), il teatro dialettale (con la sketch comedy El Tecoppa o gli aneddoti e le chiacchiere di Milan in ca’), il calcio (Milan-Inter Club). Ma è anche, e soprattutto, una televisione dalla programmazione feriale, quotidiana, familiare, che se non disdegna di mettersi ogni tanto un “vestito da festa”, poi in realtà concentra i suoi sforzi produttivi (un po’ per necessità, un po’ per andare a colmare un vuoto dei competitor) su produzioni correnti, minime, attente a piccole curiosità e necessità di tutti i giorni. TeleMilano è così anche, e soprattutto, una rete “di servizio”, che affronta un ampio ventaglio di temi tipici della tool television. Per fortuna oggi è vacanza è una “guida settimanale al tempo libero” con trucchi e consigli sulla pratica sportiva o sulle tecniche per attività all’aria aperta. Cielo! Cosa mi metto? racconta abiti e acconciature di “una moda disinvolta”, commentata nelle sue “finezze”, facile da riprodurre a casa e non troppo costosa (e il taglio di capelli in diretta finisce per anticipare tanta televisione degli anni Novanta o delle reti digitali). Bellissima dà consigli di salute, cosmesi e benessere più generale. Guarda un po’ cosa ho trovato! affronta antiquariato, collezionismo e altri temi curiosi, in un mercatino delle pulci (e delle idee) trasmesso via etere. E poi ci sono In cucina con Savina, Obiettivo donna, Professione genitore, gli animali de L’arca di Noè.

Una televisione, quindi, fatta “di argomenti”, segmentata secondo gli hobby, le passioni, le pratiche del quotidiano, o forse – ed è altrettanto importante – recante sottotraccia le categorie merceologiche degli investitori pubblicitari. I formati spesso brevi (un quarto d’ora, mezz’ora, un’ora al massimo) derivano certo da necessità produttive e segnano una modularità “americana” nei palinsesti, ma consentono anche di estendere la presenza di TeleMilano su più settori. Con attenzione non solo ai temi, ma anche ai pubblici di riferimento, ai target: giovani donne e signore più mature, appassionati di calcio oppure di musica da ballo, sportivi e sportivi da poltrona, anziani e casalinghe, tutti possono trovare il “loro” programma preferito entro l’offerta certo artigianale ma già debordante della rete. La conduzione di Claudio Cecchetto, la scenografia coloratissima e gli effetti video di Chewing Gum richiamano un pubblico giovane, interessato alle classifiche dei dischi più venduti; mentre Polvere di stelle, il magazine sui film – o meglio, la “trasmissione vitaminica per chi è malato di cinema” –, cerca con il montaggio serrato e i bruschi salti da un tema e da un registro all’altro di risultare raffinata, rarefatta, elegante. Per tutti i bambini c’è Allegri ragazzi, che alterna giochi da sagra di paese a quiz dal vago sapore educativo. Per i milanesi di nascita, e soprattutto quelli di adozione, c’è A Milan se dis inscì, corso di dialetto for dummies con Piero Mazzarella. Nei palinsesti di TeleMilano c’è persino un programma religioso, Non di solo pane, con don Ercole Gerosa che legge i Vangeli e li commenta con alcuni adolescenti molto giudiziosi: la novità delle reti private al sapore di America è così forte da costringere il sacerdote a salutare il suo pubblico, ogni volta, con un “Jesus loves you” recitato in un inglese tremolante, alla ricerca (vana?) dei teenager.

Tra i programmi si alternano così la moda, la cucina, il tempo libero, la salute, le curiosità più varie, lo sport, il dialetto, il cinema, la musica, persino il catechismo, le chiacchierate su temi controversi come il soprannaturale (L’uomo e l’ignoto) o le esperienze al limite della vita quotidiana (Tabù). Più le notizie, in una forma ancora incerta e “di risulta”, ma fondamentali nel completare l’offerta di una tv di servizio, comunque attenta alla dimensione locale. Contenitori vuoti, pronti a essere riempiti alla bisogna, sono le News TeleMilano, Processo a…, Parliamo di…, Incontro con…, e via di puntini di sospensione, fino alle tribune elettorali di E se votassi per…, con domande del tutto inattese quali “perché pensa che l’elettorato dovrebbe votarla?”. Un servizio al cittadino che trova spazio anche ne L’intervistatore mascherato di Giorgio Medail, con le interviste in strada e il lancio enfatico come “ghigliottina a 21 pollici”, “pungolo per i pigri” e “atomica dell’etere”. Ci vorranno un paio d’anni, ma esploderà (e continuerà su Canale 5).

Come racconta Mike Bongiorno: “Ci siamo dilungati un po’ a parlare degli sponsor, ma vi ho già spiegato tante volte che nelle emittenti private ci sono gli sponsor perché sono loro che pagano, e quindi di tanto in tanto anche questa sera faremo qualche menzione”.

La pubblicità diffusa ovunque

Non sono però solo i programmi gli unici contenuti di TeleMilano. Scorrendo i palinsesti, guardando le trasmissioni, emerge forte e chiaro come – fin dal primo istante – la rete si fondi anche sull’accumulo di prodotti, merci, brand più o meno noti. La lungimiranza del progetto passa attraverso un’applicazione “combattiva” del modello di tv commerciale, in un periodo nascente (e ancora privo di regole) in cui si può passare, senza soluzione di continuità, dal programma alla pubblicità. Le distinzioni e i confini sono appena accennati, saltano del tutto o addirittura si confondono, in un intreccio quasi inestricabile dove le réclame occupano ogni spazio disponibile, come l’erba che cresce tra le crepe dell’asfalto.

Ogni occasione è buona, infatti, per claim, video promozionali, o apparizioni in onda più o meno fugaci. Dalla bottiglia di spumante casualmente lasciata sul pianoforte nella sigla di Cabarout alla sigaretta e pacchetto di Marlboro nelle mani di Piero Mazzarella che spiega che A Milan se dis inscì, o alle confezioni di biscotti salati Ritz sparse sul set di Milan in ca’, marchi e prodotti commerciali si inscrivono negli arredi e nelle scenografie, diventano oggetti di scena, in un product placement che ancora non si sa chiamare come tale ma che già sorprende per l’ingenua sfacciataggine. L’attitudine pubblicitaria è tanto radicata da ribaltare le consuetudini della televisione maggiore: quando, ne L’intervistatore mascherato, una signora con la spesa in mano quasi si giustifica con Giorgio Medail dicendo “Non posso inquadrare questo, se no mi dicono che faccio pubblicità al Paulista”, il conduttore risponde esortandola con un placido “Faccia pure!”. Anche di qui passa la libertà delle tv private.

I brevi filmati degli inserzionisti non solo riempiono gli spazi tra un programma e l’altro, ma sono lanciati come importanti contributi all’interno delle trasmissioni: una clip, al massimo un paio, sempre abbondantemente commentate e spiegate prima e dopo il lancio. Più che un’interruzione, un bonus. Così lo spot di Brooklyn, “la gomma del ponte”, compare subito dopo la sigla di un programma che forse non a caso si chiama Chewing Gum. Ma il maestro, qui, è Mike Bongiorno, che ne I sogni del cassetto compila pazientemente ogni volta l’elenco degli inserzionisti prima di passare la linea alla regia, dà risalto continuo a marchi come Standa o la mitologica pellicceria Annabella di Pavia e, soprattutto, spiega ai telespettatori le ragioni del fondamentale contributo della pubblicità, accompagnandoli per mano nel mondo della tv commerciale nascente: “Ci siamo dilungati un po’ a parlare degli sponsor, ma vi ho già spiegato tante volte che nelle emittenti private ci sono gli sponsor perché sono loro che pagano, e quindi di tanto in tanto anche questa sera faremo qualche menzione”.

Lo step successivo è l’innesto delle merci nella materia viva del programma: il brand diventa occasione narrativa, protagonista assoluto di un segmento, riferimento diretto per prove, quiz e giochi. Gli sponsor mettono in palio i premi per i concorrenti dei quiz e per gli spettatori che chiamano al telefono, in cambio di inquadrature ad hoc e brevi spiegazioni. Claudio Lippi regala matite colorate della Pelikan, kit di montaggio GBC, utensili Black&Decker e altro ancora in ogni puntata di Sprolippio. E i bambini che partecipano ai giochi di Allegri ragazzi si trovano a fare slalom con i palloncini attorno alle confezioni di Kellogg’s Frosties – con la solerte conduttrice che ci tiene a sottolineare che “se cade una scatola dei nostri Frosties dovete tirarla su e ricominciare da capo” –, a scattare foto con la Polaroid 1000, o a seguire un clown senza nome nella dimostrazione di come sia facile preparare una granita con la macchina Dolceneve gentilmente messa a disposizione dalla Harbert.

Nei programmi di servizio, quotidiani e feriali, emergono poi mille occasioni per trasformare i consigli in consigli per gli acquisti, tanto che risulta difficile distinguere cause e conseguenze, e capire se è nata prima la volontà di affrontare un tema o l’esigenza commerciale dietro ai “suggerimenti”. TeleMilano non è mai disinteressata. Se dà consigli su come diventare Bellissima, per esempio sconfiggendo l’acne, mette in primo piano i prodotti Sans-Soucis, già provati e garantiti dalla conduttrice Roberta Marioni. Se Sabina Ciuffini mostra delle scarpe in Cielo! Cosa mi metto?, o varia chincaglieria in Guarda un po’ cosa ho trovato!, è ovvio che tutto questo si potrà facilmente trovare nei negozi di cui si intervista il proprietario, e che l’indicazione diventa subito “un indirizzo da segnare”. O ancora, se Per fortuna oggi è vacanza spiega i trucchi per andare in campeggio, non sarà certo possibile usare attrezzatura migliore di quella Fagor, ampiamente raccontata da uno dei suoi distributori. In una tensione che in fondo è tuttora irrisolta, la tool television è così utile sia per gli spettatori, sia per molti possibili investitori pubblicitari, locali e non.

Proprio il rapporto tra una pubblicità locale, vicina, e i big spender nazionali e persino internazionali è un ulteriore campo di tensioni costante, risolto con un approccio fieramente contraddittorio. Negli stessi programmi coesistono spesso uno spirito localistico – rafforzato dallo spazio presidiato e dal nome stesso dell’emittente, ma di cui comunque un po’ ci si vergogna in virtù delle ambizioni sul futuro – e un posizionamento con gli investitori direttamente concorrenziale alla Rai, che apre le porte ai grandi gruppi e riesce persino a dare alla rete un’impronta di forte americanizzazione. La compresenza dei due livelli porta a continui cambi di registro, con gli spot trasmessi che vanno dalle grandi campagne promozionali, curate nelle musiche e nei visual, alle schermate fisse del negozio sotto casa. Milan-Inter Club passa dalla Coca Cola (con bottiglie in primo piano, innesti filmati, persino sovrimpressioni sulle immagini delle partite) ai concessionari locali della Opel, o alle tessere dello Sporting Club di Milano 2 offerte in premio. Natale a TeleMilano mescola il whisky J&B ai biglietti del Teatro Manzoni. E in Un bel giorno c’incontrammo si passa dalla consolazione del “viaggio nel tunnel dell’amore delle giostre di via Legnano” ai più consistenti premi offerti da Cynar o dall’operatore turistico Unitour. Ne derivano effetti persino comici, che contribuiscono però all’immagine di multiforme ricchezza.

Un pubblico partecipe

La tensione tra una dimensione locale e un’ambizione nazionale si trova inoltre nel rapporto di TeleMilano con il suo pubblico. Ancora una volta, è una tensione irrisolta, contraddittoria, che in generale procede per accumulo. Si tenta di tutto, magari per poi abbandonarlo poco dopo. La domanda di partecipazione da parte della rete è insistita, ripetuta, sottolineata in ogni trasmissione, con forme più o meno dirette di coinvolgimento di uno spettatore che in ogni modo si deve affezionare al canale. Anche in questo caso, la televisione (locale, ma non troppo) è di servizio. Basta mandare le proprie domande, mediante lettere e cartoline postali, e Piero Mazzarella risponderà a ogni quesito sul dialetto milanese nel suo A Milan se dis inscì, magari lamentandosi del frequente anonimato di queste missive. O è sufficiente scrivere alla casella postale in sovrimpressione ne L’intervistatore mascherato, e Giorgio Medail “verrà da voi e vi farà parlare” (e, sottinteso, sfogare). Mentre i bambini che vogliono partecipare ad Allegri ragazzi devono convincere i genitori ad apporre una firma su una richiesta ad hoc.

Alla carta poi si aggiunge il telefono, strumento esibito da ogni programma trasmesso in diretta, con chiare connessioni al modello radiofonico, alle altre tv private e alla Rai ormai neotelevisiva. A volte il telefono è “aperto”, con possibilità di intervenire nel dibattito in studio, interagire con il conduttore, porre domande agli ospiti: è il caso di Per fortuna oggi è vacanza, come pure del late night in diretta di Sprolippio, fatto di chiacchiere più o meno in libertà e di frequenti sguardi all’orologio. In una puntata, è proprio uno spettatore al telefono che spiega a un velatamente beffardo Claudio Lippi come “per una televisione privata sono essenziali il colloquio con il pubblico e il programma in diretta”, in una strana (e imprevista) mise-en-abyme. In altri casi, la cornetta è il tramite per rispondere a domande e partecipare a giochi e quiz: tra Milan-Inter Club e Goal, gli spettatori possono indovinare il minuto in cui le squadre milanesi segneranno nella prossima partita, o cercare di prevedere quale calciatore farà rete e quale sarà il miglior goal; lo stesso Sprolippio, del resto, usa facili domandine a margine delle chiacchiere come scusa per assegnare i premi gentilmente offerti dagli sponsor.

Il pubblico, infine, è coinvolto direttamente negli studi della rete: assiste alle riprese di Cabarout e contrappunta le esibizioni dei comici con risate di sottofondo; costituisce la scenografia altrimenti vuota di Frittomisto sedendosi a terra; si alza dalle seggiole e partecipa ai giochi inseriti ad hoc nei quiz della rete. Spesso, gli spettatori di TeleMilano – o, meglio, alcuni loro rappresentanti – sono invitati ad apparire in prima persona: intervistati per strada, coinvolti sul palco, esortati in ogni modo a partecipare. Con interessanti commistioni: come i vincitori del quiz di Natale a TeleMilano, costretti a raggiungere lo studio e a travestirsi da Babbo Natale per ritirare il loro premio; o come gli aspiranti attori coinvolti nei provini di Polvere di stelle e le future annunciatrici della rete selezionate (attraverso la lettura di comunicati pubblicitari) nel corso di Sprolippio, valutati in entrambi i casi da altro pubblico ancora; infine, sempre in Sprolippio, i videoamatori pregati di spedire i loro filmati amatoriali “a patto che siano divertenti”, poi trasmessi e commentati nel corso della trasmissione, in una sorta di Paperissima molto ante litteram.

Una rete che scalpita ai margini, tra ingenuità e molte innovazioni. E che, nel giro di un paio di anni, o poco più, andrà a occupare stabilmente una posizione centrale nel panorama tv italiano. In senso figurato ma anche in quello concreto, nel mezzo dei tasti del telecomando.

Anche questo è però un campo di battaglia, un misto di tentativi in varie direzioni. E così è breve il salto dalla partecipazione del pubblico alla sola messa in scena di una (finta ma perfetta) interazione. Vuoi per carenza di mezzi e di materiale umano, vuoi anche per la necessità di emanciparsi da certe ingenuità e dai possibili imprevisti in direzione di una maggiore professionalità, ecco che tra il pubblico e tra i concorrenti di TeleMilano compaiono, mascherati o meno, svariati addetti ai lavori, capaci di portare i programmi nella giusta direzione: l’assistente scenografa Marika diventa l’oggetto dei consigli di Bellissima, ed è il produttore Gianni Cinus a fare il concorrente in una puntata di Un bel giorno c’incontrammo. È la televisione commerciale, bellezza: non serve il reale, basta il verosimile.

Un palinsesto in costruzione

Un ultimo aspetto di creatività “dal margine”, e insieme un ultimo campo di tensioni, è costituito infine dal contesto in cui programmi e pubblicità vanno a inserirsi, dalla sequenza ordinata degli elementi della rete costruita ogni giorno sia per valutazioni editoriali sia (e soprattutto) per le necessità dell’emissione. TeleMilano è una rete che si accende solo nel primo pomeriggio (anticipando via via l’ora di inizio), per proseguire fino a notte inoltrata, con una fine delle trasmissioni variabile che può arrivare alle due del mattino. Soltanto alla domenica, giorno del riposo per tutti, si comincia alle 10 di mattina. Ma al di là di questi orari – che prevedono sempre un minimo di elasticità, tra errori e problemi tecnici – è curioso notare come anche il palinsesto finisca per trovarsi al centro di spinte tra loro contrapposte. 
Da un lato, infatti, c’è il tentativo di inserire i contenuti televisivi entro una struttura rigida fatta di orari, gabbie fisse e appuntamenti tradizionali, che possano entrare nelle abitudini quotidiane del pubblico: e allora il lunedì sera c’è Milan-Inter Club, al martedì in tarda serata lo Sprolippio, al sabato Mazzarella. Dall’altro, però, e insieme, c’è anche l’infrangersi del tentativo razionalizzante contro modalità ancora artigianali di produzione e poi di messa in onda, contro il “bello della diretta”, contro le reazioni a catena di ogni piccolo imprevisto, contro le piccole pezzature e i numeri di puntate limitati delle produzioni originali. E allora Claudio Lippi ironizza costantemente sul mutare dell’orario di inizio del suo Sprolippio, legato a ciò che viene prima in palinsesto, o chiede ai tecnici mentre è ancora in onda cosa verrà trasmesso dopo il programma. Umberto Smaila, registrando Frittomisto, non si fa scrupolo a salutare così il pubblico: “Buon pomeriggio, buona sera, non so bene quando vada in onda questa trasmissione”. E persino il gran professionista Mike Bongiorno, alla guida del suo GiroMike – appositamente registrato negli studi di TeleMilano dopo un’estate in giro per le piazze italiane, a beneficio di tutte le emittenti private che hanno fatto richiesta di trasmetterlo –, non riesce a nascondere l’incertezza sulle altre puntate con un “Vi do appuntamento per la seconda parte che penso andrà in onda la prossima settimana”.

Oltre al ventaglio di generi e alle possibilità di interazione con il pubblico (o un suo simulacro), oltre al tentativo di trovare forme inedite di comunicazione pubblicitaria o di posizionamento in palinsesto, un’ulteriore questione fondamentale è data dalla necessità di promuovere se stessi. Di raccontare TeleMilano, i suoi volti, i suoi programmi. Di trasformare il canale nella “vostra emittente preferita”, secondo il mantra ripetuto da Claudio Lippi. Ma anche qui le cose non sono affatto semplici. Se la rete, a poco a poco, dà spazio e visibilità a conduttori e personaggi suoi, sviluppando un proprio star system destinato a durare, dall’altra offre spazio a professionisti che si sono fatti valere e conoscere altrove, in Rai specialmente, dando loro nuove opportunità e insieme sfruttando la notorietà già acquisita. Mike Bongiorno è l’emblema di questa ambiguità: da un lato è direttore artistico di TeleMilano, si spende in numerosi programmi, con la sola notizia del suo (parziale) spostamento regala alla rete un impatto fortissimo; dall’altro però non smette di fare costante riferimento alla sua storia in Rai e ai programmi che sta ancora portando avanti sulla tv nazionale, regalando il pupazzo di Lascia o raddoppia ai vincitori del gioco “Attenti al ritmo” di GiroMike o sottolineando, nella presentazione di un ospite a Milan-Inter Club, che “me lo avete già sentito nominare molte volte nelle mie altre trasmissioni televisive, a Scommettiamo, a Rischiatutto”. Discorso analogo per i Gatti di vicolo Miracoli o per i comici di Cabarout, o ancora per Massimo Inardi, noto concorrente di Rischiatutto che conduce L’uomo e l’ignoto.

La confusione danneggia, ma la connessione è utile. E l’insistenza non è certo un caso. Visto che i palinsesti non bastano, e che la collocazione rispetto alla Rai pare ancora incerta, ecco che allora TeleMilano comincia subito a servirsi di primordiali forme di autopromozione e immagine coordinata: usando i volti già di punta, le annunciatrici, le sigle; o incrociando programmi e personaggi all’insegna della cross-promotion più sfrenata, con i conduttori che diventano ospiti. Si va al risparmio, e insieme si crea una rete di connessioni e legami dove (si spera) lo spettatore finisca impigliato. Sprolippio dedica le sue puntate alle anticipazioni sui programmi, e arriva persino a raccontare in uno speciale il “dietro le quinte” dell’intera tv, con bloopers, dimostrazioni e interviste agli addetti ai lavori. I bambini di Allegri ragazzi gareggiano sullo sfondo di scenografie e con palloncini che recano i simboli del Biscione. E le dieci ore di Natale a TeleMilano, trasmesse il 25 dicembre 1978, sono in realtà la scusa per un lungo spot di Mike Bongiorno che accompagna spettatori (e potenziali inserzionisti) attraverso tutti i punti di forza della rete, in una scaletta che include film, puntate speciali, interviste ai personaggi e persino qualche anticipazione su programmi non ancora trasmessi. Come ricorda Mike, “Mi raccomando, non vi dimenticate che c’è questo canale 58…”. Una rete che scalpita ai margini, tra ingenuità e molte innovazioni creative. E che poi, nel giro di un paio di altri anni, o poco più, andrà a occupare stabilmente una posizione centrale nel panorama televisivo italiano. In senso figurato ma anche in quello concreto, nel mezzo dei tasti del telecomando. Ma è ormai Canale 5, e sarà tutta un’altra storia.


Luca Barra

Coordinatore editoriale di Link. Idee per la televisione. È professore associato presso l’Università di Bologna, dove insegna televisione e media. Ha scritto i libri Risate in scatola (Vita e Pensiero, 2012), Palinsesto (Laterza, 2015), La sitcom (Carocci, 2020) e La programmazione televisiva (Laterza, 2022), oltre a numerosi saggi in volumi e riviste.

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