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Tutti pazzi per i dabloons

Può una moneta inesistente, inventata tra i balletti e i gattini di TikTok, generare effetti reali? Per ora i dobloni passati di video in video sono solo un gioco, gestito però in modo piuttosto serio.

In una delle sue più celebri teorizzazioni, l’economista John Maynard Keynes arrivò a sostenere che anche se il governo di una nazione si mettesse a impiegare persone disoccupate a scavare buche lungo le strade per poi riempirle in un secondo momento, l’effetto finanziario globale sarebbe positivo: più persone con un reddito e disponibilità di spesa, e conseguenti stimoli per una ripresa economica. Non è dato sapere se e quanto TikTok mastichi i rudimenti del keynesismo, ma di certo di recente ha creato qualcosa di molto simile ai suoi dettami: il fenomeno dei dabloons – o dobloni, come la celebre moneta d’oro spagnola emessa a partire dal Cinquecento – come tante cose di internet non è semplice da fissare in un punto preciso dello spazio-tempo, ma il suo espandersi sulla piattaforma di proprietà cinese ha generato un enorme gioco di ruolo online che è anche una fantasiosa economia alternativa.

Il meccanismo alla base del trend è tanto semplice da causare sbadigli: un utente accumula dobloni imbattendosi in video – tipicamente che includono buffi gatti parlanti – che dichiarano di fargliene dono (o, attenzione, di rubarglieli), e può spenderli comprando oggetti fittizi in speciali botteghe. Con i dabloons si può comprare qualsiasi cosa: armi, vestiti, intere città, una zuppa o anche, volendo, uno squalo gigante con una testa di cavallo. Secondo il sito specializzato Know Your Meme, tutto è iniziato con un’immaginetta postata su Instagram nel 2021: un gattino nero che mostra la sua zampa e la scritta, allora ai limiti dell’esoterico, “4 dabloons”. Per qualche motivo – non chiediamoci quale: è internet – il meme ha fatto il giro dei sette continenti del web, e con la fine della scorsa estate il detto ironico “but it will cost you 4 dabloons” (“ma ti costerà 4 dobloni”) è diventato un tormentone popolare su TikTok, finché a novembre il trend è sfociato in una mania propriamente detta, con migliaia di account impegnati a postare video con gatti-banchieri (o gatti-ladri) e l’hashtag #dabloons capace di accumulare 500 milioni di visualizzazioni prima della fine del mese.

Dal meme alla realtà

Oggi i dobloni si possono – diciamo – risparmiare, investire e persino caricare su una carta di credito virtuale. È la dabloon economy, bellezza: e come ogni economia, prima o dopo ha dovuto piegarsi ai lacci e lacciuoli del sistema: se nella fase iniziale del doblonismo i profili TikTok partecipanti si limitavano a donare quattro dobloni o poco meno, presto la frenesia numismatica virale ha portato a vedere assegnazioni di migliaia di dabloon per video, innescando un’inflazione galoppante. E su TikTok una Federal Reserve capace di alzare i tassi, per fortuna o per sfortuna, non c’è. Così, quando alcuni utenti hanno iniziato a donare ammontare infiniti di dobloni, la misura è stata dichiarata colma: sono state istituite nuove leggi che impongono un limite massimo di 100 dabloon per video, e le transazioni inesistenti che superano questa quota saranno oggetto di accertamenti di un ente altrettanto inesistente, paragonabile a un’Agenzia delle Entrate di TikTok. Non solo: nell’universo fittizio del doblonismo si sono formate delle fazioni in lotta tra loro. Ci sono i resistenti fiscali da Lega dei primordi, utenti che hanno iniziato una rivoluzione dei gattini e si ribellano al frame legislativo della comunità, e dall’altro lato delle barricate meticolosi Padoa Schioppa tiktokiani che tengono traccia su fogli Excel di ogni acquisto e incremento di dabloon, o di chi non ripaga i debiti contratti con la sua carta virtuale.

Il fenomeno dei dabloons – o dobloni, come la celebre moneta d’oro spagnola emessa a partire dal Cinquecento – come tante cose di internet non è semplice da fissare in un punto preciso dello spazio-tempo, ma il suo espandersi sulla piattaforma di proprietà cinese ha generato un enorme gioco di ruolo online che è anche una fantasiosa economia alternativa.

Se tutto questo vi sembra poco altro che un fenomeno assurdo della rete, o direttamente un giochino puerile per giovani sfaccendati che non riescono a staccarsi dallo smartphone, probabilmente non conoscete l’ascesa del progetto di un tizio che si faceva chiamare Satoshi Nakamoto, il quale alla fine del primo decennio del Duemila si è messo in testa di creare una moneta parallela con transazioni regolate da una rete peer-to-peer. Va bene, i dobloni dei gattini di TikTok al momento non avranno necessariamente molto altro da spartire con la blockchain di Bitcoin, ma chi ci dice che dalla vitale inventiva a suon di meme della piattaforma non possa nascere qualcosa di più ambizioso?

Passatempo o investimento?

Per il momento, di certo, la vicenda dei dabloon ricorda più che altro lunghi pomeriggi di tempi lontani e oggetto di vari gradi di nostalgia, in cui a riempire le giornate c’erano fantasie inesauribili di tesori nascosti e pirati, di avventurieri e di briganti. Se togliamo gli algoritmi e il loro peso ineludibile, in effetti, il doblonismo somiglia anzitutto alla realizzazione digitale della fantasia di un bambino. Ma non c’è solo questo, perché i dobloni regalati dai simpatici gatti di TikTok in un certo senso richiamano ed esorcizzano pratiche dell’economia reale (l’inflazione, come abbiamo visto, ma anche l’accumulazione seriale, le frodi – nella community ci sono anche assicuratori – e le disuguaglianze figlie del capitalismo).

Quando alcuni utenti hanno iniziato a donare ammontare infiniti di dobloni, la misura è stata dichiarata colma: sono state istituite nuove leggi che impongono un limite massimo di 100 dabloon per video, e le transazioni inesistenti che superano questa quota saranno oggetto di accertamenti di un ente altrettanto inesistente, paragonabile a un’Agenzia delle Entrate di TikTok.

Secondo la cantante e influencer Loren Gray, che ha circa 55 milioni di follower su TikTok (ed è stata a lungo titolare dell’account più seguito al mondo), spiegare il doblonismo a chi vive fuori dalla piattaforma è un’impresa complicata: “L’Agenzia delle Entrate è alla mia porta e nessuno mi capisce”, si è lamentata Gray. Ma sui punti di forza di questa assurda finanza parallela anche lei, come tutti gli adepti del doblonismo, ha pochi dubbi: “Alla gente piace l’idea di poter influenzare questa piccola microeconomia. Sembra possibile riuscire a farne parte in modo molto meno stressante rispetto a quel che avviene con i soldi veri”. Com’era solito dire il commediografo di Broadway Neil Simon, “i soldi possono portare un po’ di felicità. Ma a un certo punto portano solo altri soldi”. Con i dobloni, invece, tutta un’altra musica.


Davide Piacenza

Scrive di attualità e cultura. Ha lavorato nelle redazioni di Rivista Studio, Forbes e Wired. La sua newsletter Culture Wars racconta e analizza ogni settimana i casi in cui i nuovi codici sociali e i discorsi intorno al politicamente corretto riplasmano il mondo in cui viviamo.

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