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Casa Vianello, il grande successo della sitcom all’italiana

“Che barba, che noia, che noia, che barba!”. Alzi la mano chi non ricorda la gag in camera da letto che concludeva ogni episodio di Casa Vianello. Un tassello importante della nostra memoria televisiva.

Pubblichiamo qui un breve estratto dal volume La sitcom. Genere, evoluzione, prospettive, uscito da qualche settimana per Carocci. Il libro ricostruisce i confini e le definizioni della situation comedy, ripercorre le vicende di questa forma seriale sulla televisione americana, da I Love Lucy a The Good Place, racconta lo scenario contemporaneo del genere. Un capitolo è dedicato alla storia avventurosa e difficile della sitcom “all’italiana”: nel tentativo durato vent’anni di adattare al nostro Paese un modello di comicità televisiva e un sistema produttivo e industriale differenti, il più grande successo è stato Casa Vianello.

Sandra fa esercizio fisico in salotto, ma è bloccata e costretta a letto da un incidente. Solo a quel punto dice a Raimondo di aver invitato a cena un’amica, Iolanda, a cui lui dovrà preparare il pasto: lei starà in camera, con un campanaccio da suonare in caso di emergenze. Iolanda ha però allargato l’invito anche a sua figlia, Anna, nella speranza che Sandra la convinca ad abbandonare il fidanzato, Lucio, attore e per questo inaffidabile. Alla vista della bella e giovane Anna, Raimondo cerca di stare solo con lei e di sedurla, ma i suoi piani sono sventati sia da Sandra, travestitasi nel frattempo da cameriera, sia dall’arrivo di madre e fidanzato che bloccano Anna poco prima di un bacio. Urlano tutti, stacco, e ora Raimondo e Sandra sono a letto, poco prima di dormire; lei si lamenta (“possibile che solo a noi non capiti mai niente?”) e sbatte i piedi sotto le coperte, nel silenzio espressivo di lui. In sintesi, è questa la trama del primo episodio (Invito a cena) di Casa Vianello (Canale 5, 1988-2004; Retequattro, 2005-07), trasmesso domenica 17 gennaio 1988 alle 19.10. 

Comincia in questo modo la storia della più significativa e longeva tra le sitcom “all’italiana”, uno dei pochi successi del genere, riferimento culturale che tuttora popola i ricordi di più generazioni. Casa Vianello è la versione italiana di I Love Lucy, decenni dopo, nell’intersecarsi tra pubblico e privato, nel confondersi dei due protagonisti tra personaggi e attori e nella capacità di fissare un modello sia di scrittura sia di realizzazione per la situation comedy nazionale. 

Tutto si dimentica, tutto ricomincia

L’alter ego di Sandra Mondaini è la moglie vivace e petulante, piena di idee e sempre in cerca di cambiamenti, dolce, svampita, impegnata a giocare a carte, chiacchierare con le amiche e partire per varie avventure. Raimondo Vianello è invece il marito scontroso e burbero, affilato e cinico, scontroso e talora crudele, misantropo, amante del calcio, votato alle avventure con donne giovani e belle ma rimesso sempre al suo posto prima che il sogno si concretizzi. La coppia passa varie tempeste ma non è mai messa in discussione: il punzecchiarsi rinfacciandosi i difetti reciproci fa parte dell’affetto, i malintesi sono destinati a sciogliersi, le urla e gli scontri alla fine di ogni puntata si sciolgono nella coda con il doppio tormentone dei piedi sbattuti e dell’insoddisfatto “Che barba, che noia, che noia, che barba!” mentre Raimondo legge la “Gazzetta dello Sport”.

Nella migliore tradizione della sitcom episodica, tutto si dimentica: come dichiara Vianello a La Stampa, “sono storie brevi che non lasciano il segno, soprattutto su di noi […]. Pensi che da 160 puntate tento di tradire mia moglie, ma non ci riesco mai. Sandra s’è convinta che anche nella vita sia così e finisco col crederci anch’io. Ma non mi prenda sul serio, non tradirei mai Sandra…”. Non c’è volgarità, solo leggere allusioni. Le storie si dispiegano tra salotto, cucina e camera da letto: come scrivono alcuni ricercatori nel volume collettivo La posta in gioco, curato da Milly Buonanno, “il conflitto nasce da banalità; come tutti i conflitti di coppia è ingigantito dall’equivoco e dall’orgoglio, ed esplode infine in una risoluzione che getta nel ridicolo Raimondo e, a volte, Sandra”. 

Casa Vianello è la versione italiana di I Love Lucy, decenni dopo, nell’intersecarsi tra pubblico e privato, nel confondersi dei due protagonisti tra personaggi e attori e nella capacità di fissare un modello sia di scrittura sia di realizzazione per la situation comedy nazionale.

Complice di Mondaini e oggetto degli strali di Vianello è la tata (Giorgia Trasselli), cui si aggiungono i portinai (nelle varie stagioni, Gregorio Palma, Pino Pellegrino, Antonio Cornacchione e Raffaele Fallica), i vicini e vicine di casa, gli amici dei due, le guest stars che talvolta coprono una stagione o solo un arco narrativo. Nel consueto incrocio tra la vita “vera” e la narrazione sugli schermi, quando la  coppia di attori adotta un bambino di origini filippine e accoglie in casa i suoi genitori, Gianmarco appare qualche volta anche nella sitcom.

Una serie longeva

La longevità della serie, che va in onda per 16 stagioni e 338 episodi, consente di registrare numerose evoluzioni, in dialogo con una tv e una sensibilità che cambiano (e con il progressivo invecchiare dei protagonisti). Se la prima stagione, di 20 puntate, è raccontata come naturale prosecuzione dei varietà di Mondaini e Vianello, una versione lunga degli sketch a tema familiare già mostrati in tanti programmi tv, prima in Rai e poi su Canale 5, con il tempo si esplicita il riferimento al genere della sitcom, di cui la serie si propone come modello, (solo) esempio da seguire e imitare. 

Firmano le sceneggiature dal primo episodio Giambattista Avellino, Alberto Consarino, Sandro Continenza e Vianello, mentre alla regia si alternano Paolo Zenatello, Cesare Gigli, Fosco Gasperi, Francesco Vicario e Maurizio Simonetti; a seguire la produzione sono alcuni nomi che lasciano il segno nella storia italiana del genere, con Claudio M. Riccardi, Antonino Antonucci Ferrara e Fatma Ruffini. Uno scarto produttivo rilevante avviene tra la sesta e settima stagione, con il passaggio dalla produzione interna, a Roma e poi a Cologno Monzese, alla realizzazione da parte della Grundy Italia di Roberto Sessa (con il temporaneo rinfrescarsi del titolo, per tre stagioni Ritorno a Casa Vianello). 

Dopo la prima stagione preserale, le quattro seguenti vanno in onda nella seconda serata di Canale 5; solo dalla sesta comincia ad assumere due collocazioni stabili nel pomeriggio della domenica, in coda al contenitore, e il sabato a pranzo (sia per i nuovi episodi, sia per le repliche); la quindicesima e sedicesima stagione si spostano invece su Retequattro, in prima serata e poi nel preserale e a mezzogiorno. Intanto, la sitcom dà origine agli spin-off Cascina Vianello (Canale 5, 1996), I misteri di Cascina Vianello (Canale 5, 1997-98) e Crociera Vianello (Canale 5, 2008), di 90 minuti, con una virata sul giallo ma sempre tinto di commedia. La chiusura del programma, nell’agosto 2007, viene accolta da qualche polemica per la mancanza di rispetto verso i due anziani attori.

Sopra le righe

Nelle prime stagioni, Casa Vianello stabilisce un canone, ispirato all’America ma radicato con forza nella tradizione italiana del teatro leggero e della farsa. Ne è prova la recitazione sopra le righe: come dichiara Vianello a Tv, Sorrisi e Canzoni, “sia come autore sia come attore trovo molto difficile portare sul video personaggi normali, con una recitazione il più naturale possibile, dando vita a situazioni comiche in cui dobbiamo restare noi stessi. Secondo me è più interessante e facile interpretare dei tipi, delle macchiette, appoggiandosi ad altre chiavi di recitazione come i tic, i dialetti”. La macchina produttiva si adatta alle necessità della coppia: si registrano due puntate a settimana, la prima il lunedì e martedì, la seconda il giovedì e venerdì; il mercoledì, giorno di riposo per gli attori, è quello in cui si passa al montaggio. La produzione è veloce, economica se comparata ad altre fiction e si aggiorna via via, con il progressivo affinarsi del linguaggio (numero di scene, tipologie di riprese, varietà dei set).

Semplificazione e ripetizione diventano punti di forza, rendendo memorabili i due personaggi, stabili e rassicuranti nella loro prevedibilità, cattivi quando serve: “insieme, hanno rappresentato il più accurato ritratto borghese: Casa Vianello è la sigla su un condominio in cui tutti avevano accesso, con quella conclusione che riportava alla regolarità quotidiana ogni tragedia domestica”.

Lo sguardo ottimista del racconto si traduce nei costumi e nelle scenografie, molto colorati: “La casa dei Vianello non può avere tendaggi, ninnoli e tappezzerie pesanti come le case delle persone anziane; dev’essere festosa, giovanile, fresca. La scenografia di una sitcom deve sempre essere allegra, solare e accogliente: serve a compensare la minore intensità dei colori e la minore profondità del digitale e a scaldare l’atmosfera. La sitcom è serena, è il Mulino Bianco”, come afferma il produttore Nanni Mandelli.

Con Casa Vianello, la sitcom “all’italiana” trova l’esito più felice, capace di rispecchiare la realtà quotidiana e darle valenza universale: come ha scritto Aldo Grasso sul Corriere della Sera, “Sandra e Raimondo sono ineguagliabili nel mettere in scena il microcosmo casalingo-sentimentale, tipico della commedia teatrale, traendo spunti dalla cronaca, dalla vita di condominio, da incontri casuali. Battibecchi e piccoli malintesi animano il ménage quotidiano, scandito dai brontolii di lui, dalle intemperanze civettuole di lei, dall’incrollabile verve di entrambi”. Semplificazione e ripetizione diventano punti di forza, rendendo memorabili i due personaggi, stabili e rassicuranti nella loro prevedibilità, cattivi quando serve: Edmondo Berselli, su Repubblica, ha spiegato come “insieme, hanno rappresentato il più accurato ritratto borghese: Casa Vianello è la sigla su un condominio in cui tutti avevano accesso, con quella conclusione […] che riportava alla regolarità quotidiana ogni tragedia domestica”.

Con Casa Vianello, la sitcom “all’italiana” trova insieme un capostipite e un riferimento costante, capace di trasformare alcune sue caratteristiche in elementi riconoscibili e distintivi (anche rispetto agli originali statunitensi) del genere. L’insopprimibile dimensione teatrale, nella scrittura e nella recitazione, la messa in scena colorata, eccessiva e artificiale, la presenza delle star e dei continui riferimenti (allusi o espliciti) al rapporto tra finzione e realtà diventano requisiti fondamentali della sitcom nazionale in versione generalista, per un pubblico ampio e trasversale di famiglie, anziani e bambini.


Luca Barra

Coordinatore editoriale di Link. Idee per la televisione. È professore ordinario presso l’Università di Bologna, dove insegna televisione e media. Ha scritto i libri Risate in scatola (2012), Palinsesto (2015), La sitcom (2020) e La programmazione televisiva (2022), oltre a numerosi saggi in volumi e riviste.

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