Memorie
Piccolo fiore bugiardo
Ad aprile 1999 ero alle medie, la vita mi aveva consegnato un fucile automatico caricato a ormoni e io ero un pessimo cecchino. La tv in questo senso non aiutava: i miei coetanei avevano soubrette, veline, letterine su cui fantasticare, noi al massimo avevamo i Carràmba Boys, ma le valli di lacrime che anticipavano e seguivano la loro apparizione rendevano tutto molto poco sensuale. Ancora oggi guardando un corpo maschile scolpito provo nostalgia per lontani parenti in Argentina. Il mercato della musica pop pensava a noi preadolescenti armate fino ai denti, e come moltissime ero innamorata dei Backstreet Boys, ma tutta quella carineria mi annoiava. A quel punto il mercato proponeva il rock, un genere sexy fatto da persone sexy, caratteristica certificata dalla presenza di groupie – un ruolo tenuto in così alta considerazione da farlo sembrare un’opportunità di carriera per le ragazze, più della musicista.
Il 25 aprile 1999 stavo guardando Mai dire gol. Ogni puntata si chiudeva con un ospite musicale che cantava con Fabio de Luigi nei panni del cantante Olmo. Quel giorno gli ospiti erano i Negrita. Li avevo sentiti nella colonna sonora di Così è la vita di Aldo, Giovanni e Giacomo senza grande entusiasmo, né per loro né per il film. Cominciarono a suonare il singolo “Mama Maè”. Poi la chitarra elettrica rallentò, la batteria pure, Pau si zittì e dopo vari “Cosa succede? No, non può essere” della Gialappa’s Band, salì sul palco Olmo a cantare una versione soft di “Piccolo fiore bugiardo”. Quando Pau iniziò con il ritornello, una voce fuori campo disse “Senti come è sexy!”. Era vero. Stavo guardando la cosa più sexy dei miei primi dodici anni e mezzo di vita. Così sexy che registrai su audiocassetta l’esibizione presa dal Vhs dell’intera puntata, poi la riversai su computer così da poterla masterizzare su cd. E in tutti i formati quel brano divenne pietra angolare della mia interpretazione della sensualità. Consumai quel pezzo di tv tanto da memorizzare le parole del brano, le parole della Gialappa’s, le parole di Crozza e Dighero che entravano sul finale a fare i coristi. Quando vent’anni dopo mi trovai a Mediaset a farmi pagare per guardare la tv del passato, recuperai la puntata e ricordavo ancora tutto, turbamenti compresi. Però vi dicevo che sono un pessimo cecchino: nonostante lo scombussolamento dell’esibizione, non divenni fan del rock, né dei Negrita. Ma non riesco a non sorridere se penso a Fabio de Luigi, a cui ho dedicato così tanta attività onirica da considerarlo un ex, uno dei pochi che stimo ancora.