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Scripted reality

Quando la realtà è recitata

In televisione, verità e finzione si confondono sempre. Ma c’è un genere, nemmeno così nuovo, che per raccontare il vero usa attori e storie avvincenti. Vediamo come.

Fino all’anno scorso, la bufala era per me un richiamo univoco, ancestrale, arcaico e patriottico: la mozzarella. Ma purtroppo non è più solo così. Oggi tutti parlano di bufale, sono il tema del momento. Il web è un incubatore di bufale, e in un attimo c’è chi si ritrova sotto attacco sui blog o sui social, per virgolettati mai fatti, per dichiarazioni false, per notizie inventate e non verificate sul loro conto. Tra i post più visualizzati della campagna elettorale referendaria dello scorso autunno c’era un finto post di Agnese Renzi, “Matteo perdonami ma al referendum voto no”. Una bufala, certo, ma visualizzata da milioni di utenti, con evidenti implicazioni di pragmatica linguistica e un impatto su milioni di elettori.

Per anni la televisione è stata accusata di essere veicolo di notizie false, il tempio delle bufale. Il dibattito tra l’autenticità, la realtà e la finzione in tv è archetipico e irrisolvibile. Ci sono linguaggi televisivi che rincorrono l’autenticità, altri che costruiscono la loro forza sulla finzione e sulla costruzione della realtà. Lo scripted reality invece si ispira alla realtà – “based on true story” dicono gli anglosassoni per definire il genere – per costruire una gabbia di finzione da cui prende vita il racconto.

I segreti dei vicini

Per trovare un buon esempio di scripted reality basta attraversare le Alpi, direzione Francia. Il programma va in onda su Tf1, la nostra Raiuno per intenderci, tutti i pomeriggi. Tecnicamente è un daily, una quotidiana. E la collocazione giornaliera è una caratteristica che accomuna molti scripted reality in giro per il mondo. Le ragioni sono varie: si tratta di prodotti economici, con alta verticalità e quindi un alto tasso di replicabilità. Sono feuilleton, li sfogli ogni giorno senza mai stancarti. Petits secrets entre voisins è prodotto da All3Media, che nel mondo ha uno dei listini più interessanti sul genere scripted. La serie è ambientata in un tipico paesino della provincia francese con tutte villette a schiera, mai dichiarato. Basta un establishing shot, un carrello su una villetta, e sei già dentro al mondo, alla pruriginosa provincia francese. Ogni puntata è autoconclusiva, i personaggi cambiano di puntata in puntata.

Le storie sono ispirate alla realtà, based on true story appunto. È un’altra caratteristica imprescindibile dello scripted: rimettere in scena angoli di realtà, pezzi del reale, in modo verosimile. Chiedersi se uno scripted reality è una bufala o no è superfluo. Non sono la verità o la finzione a determinare la riuscita di questo tipo di programmi. Qui per esempio i protagonisti sono attori. Le scene sono dialogate. Poi ci sono interviste, brevi soundbite e confessionali dei protagonisti. Sembra una fiction, un factual e insieme un docureality, un pasticcio insomma, eppure milioni di francesi, in gran parte donne, se lo vedono tutti i pomeriggi, proprio per la sua forza di soddisfare quella curiosità morbosa, quella fantasia che tutti quanti abbiamo di spiare i nostri vicini dalla finestra di casa.

In una puntata una moglie assolda la vicina, appena trasferita, per testare la fedeltà del marito; il marito scopre tutto e decide di lasciare la moglie. In un’altra, una signora in pensione, mentre pota un albero, scopre segreti imbarazzanti su una coppia di vicini. Dietro a tutto c’è la penna leggera di sceneggiatori che si lasciano trasportare più da ciò che vedono nel mondo che da quello che vorrebbero raccontare.

Una cosa è certa, lo scripted reality non fa sconti. È difficile stabilire tra le due parole, scripted e reality, quale pesa di più e quale meno. Forse per sua natura è una bufala, di certo è un ossimoro vivente.

Questione di tono

In fondo, uno scripted reality ante litteram è anche Forum, in onda su Canale 5 tutti i giorni da più di trent’anni, ora alla sua 32esima edizione. È uno scripted, o se vogliamo un constructed reality, perché viene costruito un artificio, il tribunale, dentro a cui si sviluppa il reality, vero o finto che sia. È il court show più longevo della tv italiana, l’unico e l’originale, che in fatto di racconto non ha nulla da invidiare ai più famosi corrispettivi americani. Ma l’aspetto più importante è il tono. Azzeccare quello in un programma è tutto. Spesso ci sono prodotti realizzati bene, con tutti gli ingredienti giusti al posto giusto, ma che non riescono a toccare l’anima, le corde di chi guarda: non hanno un tono preciso. Può essere comedy, drammatico, dramedy e fiabesco, ma quando si sviluppa un programma di qualsiasi genere occorre stabilirne il tono, e nella scelta spendere un po’ di tempo. Azzeccarlo non è semplice, ma vale sempre la pena provarci. Il tono scelto a monte condiziona qualsiasi scelta a valle, produttiva o editoriale: la scenografia, la scrittura, le scalette, i dialoghi, i copioni, i vestiti, i colori dei fondali delle interviste, la grafica. I confessionali di Riccanza con quei soldi che piovono ovunque costruiscono il tono, le grafiche de Il collegio svolgono lo stesso ruolo. Il tono che dai al programma diventa la sua cifra, il mezzo attraverso cui acquista il suo posto nel mondo, la carrozzeria che lo renderà unico.

Discovery ha un canale tutto dedicato al crime, Investigation Discovery, pieno di prodotti scripted. In particolare uno, Crimini del cuore, racconta storie vere di crimini amorosi. Proprio come Amore criminale di Raitre, ma con un tono del tutto diverso. In Crimini del cuore si racconta la pruderie, si ravana nel torbido, nelle dinamiche sentimentali più morbose, nei segreti. Le musiche sono pruriginose. Si spia tutto ciò che accade dal buco di una serratura. Chiunque voglia divertirsi, potrebbe prendere una qualsiasi storia raccontata in Crimini del cuore e, senza cambiare una virgola di copione, virarla sul drama, sostituendo le musiche con un tono più drammatico ed emotivo, sostituendo gli speaker asciutti con voci più calde e passionali, aggiungendo qualche aggettivo in più. Probabilmente verrebbe fuori qualcosa di simile ad Amore criminale. Due programmi raccontano amori finiti nel sangue, ma con due toni totalmente diversi.

Sono scelte fondamentali per il bene del prodotto, ed è meglio prenderle il prima possibile in fase di ideazione, perseguirle in modo deciso durante la realizzazione, e difenderle davanti a tutto e tutti. Paga molto di più. Altrimenti il rischio è restare nel limbo del “vorrei ma non posso” e dell’indecisione, quell’indecisione che dura un frame e fa cambiare canale allo spettatore. Per i programmi in onda tutti i giorni, è importante che chi guarda sappia cosa sta cercando: è l’unico modo per farsi trovare.

Dall’idea alla messa in onda

Ideare e sviluppare uno scripted reality originale non è semplice, soprattutto se si ha l’ambizione di renderlo quotidiano. Oltre al tono, agli aspetti strettamente editoriali e creativi, la vera sfida di questo tipo di programmi è cercare di costruire un’impalcatura produttiva che da artigianale diventi industriale. È una sfida produttiva, prima ancora che creativa. In fase di pilota non si può perdere di vista il fatto che quella puntata dovrà essere replicata almeno per 50 puntate, se va male. Per rendere un prodotto appetibile alle reti bisogna allora darsi dei paletti, dei vincoli. Non è scontato per uno scripted stabilire se la struttura narrativa sarà orizzontale o verticale. Nel primo caso, si sceglie una location unica dove ambientare le storie. Si pensi agli scripted reality di Filmpool, come polizieschi o medical: si sceglie un ospedale o un commissariato e si gira tutto lì dentro. Ma a differenza della fiction allo scripted perdoni la povertà proprio perché la modalità di ripresa, il trattamento delle storie, i dialoghi e le interviste danno un senso di realtà diverso, al punto che non si ha mai la sensazione di stare vedendo una fiction a basso costo, ma un racconto sceneggiato del reale. Nel caso si opti invece per uno scripted verticale, il modello produttivo cambia radicalmente, le location sono diverse di puntata in puntata come i protagonisti. E bisogna stare attenti a dare i paletti e a stabilire le regole del gioco della creatività! In Italia si è sperimentato più questo filone, ma c’è sempre tempo per rimediare.

Una cosa è certa, lo scripted reality non fa sconti. È difficile stabilire tra le due parole, scripted e reality, quale pesa di più e quale meno. Forse per sua natura è una bufala, di certo è un ossimoro vivente: “la realtà che si fa scritta”. A differenza di tgsky24, il sito di disinformazione che ha generato il post di Agnese Landini, questi programmi sono una bufala innocua, che fa piacere guardare e riguardare!


Davide Acampora

In Stand By Me dal 2010 dove è responsabile del format department. Collabora da anni con Simona Ercolani e ha sviluppato e curato programmi per la tv tra cui Il viaggio di Sammy (National Geographic), Alta infedeltà (Real Time), Coppie in attesa (Rai Fiction), A letto con il nemico (Fox Life) e Ho sposato un Gigante (La5).

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