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Network digitali

Machinima, l’mtv dei videogiochi

Evoluzioni, luci e ombre di Machinima.com, che da spazio artistico e forum per registi videoludici è diventato una fabbrica di contenuti targettizzati.

Forse non tutti sanno che Machinima Incorporated è uno dei principali content provider di video a livello mondiale. Spesso citato come esempio paradigmatico delle pratiche di fandom e partecipative studiate da Henry Jenkins, Machinima Inc. distribuisce filmati di natura videoludica attraverso YouTube. Definito in gergo multi-channel network, questa piattaforma nasce in realtà ben prima del popolare servizio di video sharing. Le sue origini risalgono infatti al 2000, quando il regista scozzese Hugh Hancock tenta di trasformare un fenomeno relativamente arcano come il machinima in una pratica mainstream. La sua ambiziosa start-up non poteva che nascere a West Hollywood, capitale planetaria dell’entertainment di massa.

Una chiamata alle armi

Tecnica di produzione di filmati digitali animati che sfrutta in modo creativo i videogiochi, il machinima emerge nella seconda metà degli anni Novanta grazie alle sperimentazioni di artisti come Miltos Manetas e di collettivi videoludici oggi inattivi come Ill Clan. Detto altrimenti, la sua bizzarra mitopoiesi è rintracciabile tanto nei territori della videoarte quanto nel fandom videoludico. All’inizio del nuovo millennio, Hancock conia il termine machinima – neologismo formato dalla contrazione di machine e cinema – per indicare i filmati creati con i motori tridimensionali dei videogiochi. Questo termine ombrello raccoglie differenti tipologie di produzioni audiovisive, tra cui i cosiddetti Quake Demo e i Quake Movie. Ma a differenza di questi ultimi – realizzati e fruibili esclusivamente attraverso lo sparatutto in soggettiva Quake – il machinima è un file video autonomo, visualizzabile per mezzo di un comune media player come VLC o Quicktime. In breve, un videogame senza game. O, meglio, un game video. Hancock era persuaso che il machinima sarebbe presto diventato lo strumento privilegiato per produrre film digitali a basso costo. Non solo. Per il fondatore di Strange Company, si sarebbe imposto come nuova forma espressiva. Quindi, processo e prodotto. Ma ogni movimento richiede un manifesto: sotto molti punti di vista, Machinima.com è l’equivalente digitale di una chiamata alle armi. Il sito diventa il punto di riferimento di una comunità emergente formata da registi e produttori digitali concentrati prevalentemente negli Stati Uniti, nel Nord Europa e in Australia. Machinima.com offre varie risorse – articoli, tutorial, forum – nonché la possibilità di caricare e condividere le proprie creazioni.

L’introduzione di YouTube nel 2005 segna una svolta: la piattaforma offre inedite opportunità di visibilità per i machinimaker. Anziché limitarsi a caricare le proprie produzioni su Machinima.com, è ora possibile distribuire i game video per mezzo di quello che sarebbe diventato in tempi rapidissimi il vernacolo privilegiato della rete. Google acquista la neonata società nel 2006. Nello stesso anno, Hancock annuncia le sue dimissioni e fa ritorno a Edimburgo, citando differenze creative con i partner statunitensi. Cede Machinima.com ai fratelli DeBevoise, Allen – già animatore del film di culto Tron (1982) – e Philip, imprenditore. Il sito cambia subito pelle, assetto e obiettivi. Le velleità artistiche del regista scozzese sono rapidamente accantonate: Machinima Inc. acquista un carattere essenzialmente commerciale, stringendo accordi con le principali etichette videoludiche e attivando partnership con vari studi cinematografici, tra cui Warner Bros. Il sito si reinventa come content provider dalle ambizioni transmediali: nel maggio 2009 produce Terminator Salvation: The Machinima Series, una serie animata di sei episodi che fa da prequel al blockbuster Terminator Salvation. Ne seguiranno molte altre.

Rinnovamento industriale

Sul finire del 2010, la direzione introduce una versione profondamente rinnovata del sito, eliminando la sezione dei forum e la possibilità di caricare i video prodotti dai fan. In breve, è completamente smantellata la mission originale di Hancock. L’hosting è interamente affidato a YouTube, cosa che consente a Machinima Inc. di ridurre considerevolmente i costi. La programmazione ora privilegia webseries interpretate da attori in carne e ossa come Bite Me (2010-2012, 14 milioni di views, con partner Capcom e Microsoft), Mortal Kombat: Legacy (2011, 60 milioni di views, sviluppata insieme a Warner Bros.), Street Fighter: Assassin’s Fist (2014, prodotta da Capcom), Justice League: Gods and Monsters Chronicles (2015, con partner DC Entertainment) e altre ancora. Si tratta, in tutti i casi, di adattamenti di popolari videogiochi, declinati nei vari generi (picchiaduro, action) nonché di spin-off di graphic novel, produzioni animate e cinematografiche, sviluppate in collaborazione con i detentori delle rispettive proprietà intellettuali. Inoltre, l’azienda abbandona progressivamente i machinima propriamente detti – considerati poco remunerativi – per concentrarsi su programmi di intrattenimento rivolti alle comunità dei gamer: Inside Gaming, ETC News, Machinima Live e Machinima Vs. (streaming in diretta di competizioni videoludiche) nonché Machinima Respawn. Quest’ultimo, introdotto nel 2009, ha detenuto a lungo il record assoluto dei canale YouTube con il più alto numero di abbonati.

Il “nuovo” Machinima.com privilegia una programmazione lifestyle-oriented per una sottocultura di gamers e geeks. Si rivolge a un’audience prevalentemente maschile di età compresa tra i 13 e i 35 anni che non guarda la tv, non legge riviste e frequenta di rado i cinema. Un pivot analogo a quello di Mtv.

Il “nuovo” Machinima.com privilegia una programmazione lifestyle-oriented rivolta a una specifica sottocultura (gamers e geeks), con programmi che spaziano da Prank Lab (un mix tra Jackass e Candid Camera), XARM (wrestling) e TH3 cLAN (incentrato sulle imprese di un gruppo di giocatori professionisti). Si rivolge a un’audience prevalentemente maschile di età compresa tra i 13 e i 35 anni che non guarda la tv, non legge riviste e frequenta di rado i cinema. Si tratta di un pivot – per usare un termine popolare nella Silicon Valley – analogo a quello di Mtv: sorto come canale musicale, il network abbandona via via la programmazione di videoclip per dedicarsi a produzioni a basso costo, reality show e cartoni animati. Ma l’evoluzione di Machinima.com non è conclusa. Nel gennaio 2012, i produttori eliminano di colpo la produzione di tutti i podcast distribuiti via iTunes senza nemmeno comunicare la decisione ai fan. Il carattere “amatoriale” – o meglio pro-sumer – delle origini scompare completamente. Nello stesso anno, l’interesse delle principali aziende high-tech della Silicon Valley per Machinima.com cresce esponenzialmente: Microsoft aggiunge il “canale” Machinima.com al suo network Xbox Live, e Google deposita nelle casse dell’azienda $35 milioni di dollari. Da parte sua, Warner Bros. cementa la partnership grazie a una capitalizzazione significativa: 18 milioni di dollari nel 2014 e 42 milioni nel 2015. Sulle pagine di Wired, Neal Pollack definisce Machinima.com niente meno che “il futuro della televisione”, con la solita enfasi messianica, non-ironica e tecno-determinista che trasuda da ogni pagina della testata californiana. Il titolo ha carattere prescrittivo anziché descrittivo: “You Are Watching Machinima”. Come dire, spettatore avvertito…

Il successo e le proteste

Il modello di business di Machinima.com è relativamente semplice. Il network stipula contratti di distribuzione esclusiva con partner esterni, ovvero migliaia di giocatori appassionati sparsi per il mondo che producono contenuti audiovisivi per milioni di giocatori appassionati sparsi per il mondo. Com’è facilmente intuibile, il brand esercita un appeal irresistibile sui producer, perché garantisce un’utenza di milioni di spettatori. Machinima si assicura i diritti di distribuzione dei contenuti prodotti dalle terze parti. Inoltre, gestisce in totale autonomia il posizionamento degli spot nei video. Più partner e canali riesce ad assorbire, più spettatori Machinima Inc. può vendere agli inserzionisti, e questo si traduce in guadagni colossali per l’azienda.

Tuttavia, nel 2013, Machinima Inc. è stata bersaglio di critiche feroci per le sue pratiche aggressive e spregiudicate che prevedono, tra le altre cose, la perpetuità dell’accordo: in altre parole, firmando un contratto con Machinima.com, gli autori sono costretti a produrre materiali in esclusiva per l’azienda finché campano. Inoltre, i ritmi di produzione sono a cottimo, dato che la rete non dorme mai. In un certo senso, Machinima.com sconfessa l’idea utopica che internet avrebbe eliminato i cosiddetti gatekeeper e che ogni creatore sarebbe diventato autore, produttore e distributore dei suoi contenuti. Semmai, ha semplicemente rimescolato le carte, introducendo nuovi soggetti e gerarchie differenti. Ma la logica capitalista che informa la produzione, la distribuzione e il consumo dell’entertainment è rimasta pressoché inalterata. Anzi, sotto molti aspetti la competizione si è fatta ancora più intensa: la drastica riduzione dei tempi di attenzione dei consumatori, l’accelerazione dei ritmi produttivi e la straripante offerta ha accentuato la vulnerabilità dei producer. Oggi una manciata di superstar raccolgono il 99% dei profitti: la rete riflette la brutale disuguaglianza economica che contraddistingue le società neoliberali.

Esasperati, centinaia di autori hanno apertamente contestato le politiche dell’azienda, che includono forme di promozione (in)diretta dei videogiochi e delle piattaforme Microsoft e il posizionamento di mini-spot nei video. Pianificata dall’agenzia pubblicitaria di Microsoft, Starcom MediaVest Group, l’iniziativa promozionale a supporto di Xbox One rappresenta un esempio paradigmatico di pubblicità occulta che persino il permissivo – nonché notoriamente compromesso – organo di controllo americano, la Federal Communications Commission (FCC), ha contestato. Queste controversie sono state magistralmente descritte da Tessa Stuart nell’articolo “Rage Against the Machinima” (Village Voice, 2013). Dopo le contestazioni, l’app di Machinima è scomparsa dagli store Microsoft.

Da un lato Machinima.com rappresenta l’innovazione, esemplifica il concetto di disruption . Dall’altro, per quanto concerne le logiche di “potere” e il trattamento della forza lavoro, attesta la piena continuità delle formule consolidate.

Ancora un rebranding

In seguito alle veementi proteste – e alla “fuga” dei producer – nel novembre 2014 i fratelli DeBevoise hanno dato le dimissioni e nel marzo dello stesso anno il CEO Allen è stato sostituito da Chad Gutstein, un executive di Ovation. Il passaggio di consegne è stato accompagnato dall’ennesimo rebranding. Machinima.com mantiene il focus su gaming, fandom, serie d’azione, comedy e fantascienza, ma l’ambizione è di offrire contenuti per un’audience allargata. Da qui la scelta di privilegiare “canali” come Prime, Respawn, ETC, Realm, Sports, VS e Trailers invece di optare per una suddivisione in generi. Arginata l’emorragia di talenti, il numero di content producer è tornato a crescere, toccando quota trentamila. Le formule contrattuali sono state riviste e le percentuali di guadagno per i partner ritoccate verso l’alto. Oggi il sito prevede una gerarchia su vari livelli. Ai produttori di maggior successo (“M-Red”) è offerta la possibilità di accedere a strumenti statistici, analitici e promozionali ad hoc per accrescere la popolarità della propria offerta e, conseguentemente, i profitti. Ai livelli più alti (“M-Black”), i producer possono svolgere funzioni di sviluppo e produzione a tutto campo, partecipare a eventi speciali e iniziative promozionali. Questo gruppo elitario di partner include il comico cileno ventiseienne HolaSoyGerman (che vanta circa trenta milioni di abbonati) e il giocatore SkyDoesMinecraft (dodici milioni di abbonati). In altre parole, l’imperativo della ludicizzazione – con la sua ossessione infantile per statistiche, punteggi, bonus – informa la struttura stessa del servizio. L’obiettivo di Gutstein è trasformare il sito in una complessa infrastruttura che incentiva l’incubazione di nuovi format, anziché limitarsi a distribuire prodotti esistenti su una molteplicità di piattaforme (tra cui PlayStation Vue e Amazon Video). Per i critici, tuttavia, Machinima.com resta una content farm selvaggia che sfrutta un “bestiame” geograficamente distribuito.

Da un lato Machinima.com rappresenta l’innovazione: esemplifica il concetto di disruption tanto caro agli schumpeteriani che celebrano la distruzione creativa. In altre parole, la tecnologia ridefinisce interi assetti industriali e crea, come in questo caso, nuove opportunità, con il risultato che le modalità di produzione, distribuzione, accesso e consumo ne escono profondamente trasformate. Dall’altro, per quanto concerne l’allocazione della remunerazione, le logiche di “potere” e il trattamento della forza lavoro, Machinima.com attesta la piena continuità delle formule consolidate. In breve, le strategie delle new media companies del ventunesimo secolo – Machinima Inc. compresa – sono identiche a quelli degli studios hollywoodiani degli anni Trenta e Quaranta. Infine, non c’è grande differenza tra Machinima Inc. e Uber: entrambe le realtà sfruttano l’intrinseca precarietà dei “partner” – trattati alla stregua di freelance in un regime di competizione sfrenata e costretti a sfornare contenuti a ritmi industriali – per massimizzare gli introiti.

Consapevole delle stigmatizzazioni che accompagnano l’espressione multi-channel network, nel 2014 Gutstein ha preferito ricorrere a M2M, acronimo di “Many-to-Many”, seguendo l’esempio di altre aziende – come Maker Studios, AwesomenessTV, Collective Digital Studio e Fullscreen – che utilizzano termini più neutrali (come “studios”) e roboanti (per esempio, “multi-platform creator network” e “global youth media company”). Questa ossessione per il rebranding frequente attesta la fluidità delle dinamiche produttive su internet. Come Netflix, Machinima Inc. sembra oggi più orientata alla produzione di contenuti originali che all’outsourcing e alla distribuzione di contenuti sviluppati da terze parti.

Quando l’alternativa diventa mainstream

Non ha sorpreso l’annuncio dell’acquisto di Machinima.com da parte di Warner Bros: nel novembre 2016, la divisione del gigante Time Warner ha infatti rilevato il multi-channel network per una cifra sconosciuta (citando fonti anonime, il Los Angeles Times ha quantificato l’entità dell’accordo in 100 milioni di dollari). Si noti che, in un gioco di matrioske infinite, la stessa Time Warner passerà presto nelle mani di AT&T per la modica somma di 85,4 miliardi di dollari, salvo un veto (improbabile) dell’altrettanto compromessa Federal Trade Commission (FTC) statunitense.

Per gli osservatori, questo passaggio è “inevitabile”. Da un lato, attesta infatti la volontà di Warner Bros. di cementare la sua posizione come digital media provider, espandendo notevolmente la forza produttiva e distributiva della neonata Warner Bros Digital Networks, che si affianca a Warner Bros. Interactive Entertainment. Fondata nel 1993, WBIE gestisce un gruppo di software house di riconosciuto talento come TT Games, Rocksteady Studios, Monolith Studios, Turbine, NetherRealm Studios e Warner Bros Games (tra San Francisco e Montreal). Geograficamente distribuite, queste etichette sviluppano videogiochi di enorme successo commerciale, dai prodotti interattivi basati sui LEGO alle avventure a fumetti di Batman, senza dimenticare gli adattamenti tratti dal Signore degli anelli e i nuovi episodi del picchiaduro Mortal Kombat. Dall’altro, evidenzia la traiettoria tipica delle realtà nate su internet che, sul lungo periodo, finiscono inevitabilmente per essere inglobate nei soggetti industriali pre-digitali, in un’ottica di integrazione verticale crossmediale. Quest’ultimo passaggio, nonché ennesima re-brandizzazione, prevederà probabilmente la scomparsa di un neologismo divenuto ormai anacronistico. Non a caso, oggi su Machinima.com i machinima propriamente detti sono quasi introvabili. Per vederli occorre visitare le gallerie d’arte.


Matteo Bittanti

Artista, curatore e accademico, investiga gli aspetti culturali, sociali ed estetici delle tecnologie emergenti, interessandosi soprattutto del rapporto tra arte e videogame. Insegna media studies e game studies all'Università IULM. Vive tra Milano e San Francisco.

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