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Brand & Millennials

Brand: Evoluzione Continua

Il pubblico più giovane è l’obiettivo impossibile di moltissimi marchi che ne hanno fatto il loro target. E che per questo devono innovare sempre, senza fermarsi mai.

Essere sempre rilevanti per il proprio target. È più o meno questo il must per ogni brand là fuori, e non è impresa facile. Probabilmente diventa un’impresa ancora più ardua quando il target è uno dei più mutevoli, inafferrabili e veloci possibili: i giovani. I “nativi digitali”, benedetti da chi riesce ad acciuffarli e maledetti da tutti coloro che li inseguono. Irrequieti, iper-connessi, iper-informati, cresciuti sotto i bombardamenti di news, campagne pubblicitarie, call to action, trend e influencer. Ambiziosi, sensibili e in grado di accedere a informazioni su tutto, e quindi di avere un’opinione su tutto.

In passato i brand insistevano molto nel raccontare la storia delle loro origini come segno di autenticità. Oggi è un tema ancora rilevante, ma il suo significato sta cambiando. Per i giovani è importante che un brand sia autentico e che racconti storie credibili, ma soprattutto che sia fonte di ispirazione. I giovani sono per definizione in costante mutamento e i brand che vi si rivolgono devono impersonare questa loro essenza per essere inclusi nelle loro vite. Per comparire nel radar di un target così schizofrenico oggi i marchi devono essere fonte di novità, sempre diversi e tecnologicamente evoluti, che si occupino di moda, musica, intrattenimento o sport. Le sfide quotidiane per apparire attraenti nelle timeline vanno dall’interpretazione di algoritmi alla scelta del tono di voce giusto, dall’essere presente sulla piattaforma social del momento a collaborazioni con influencer e testimonial.

Ogni nuova app o luogo digitale setta inevitabilmente nuove aspettative in termini di linguaggio e contenuto e i giovani si aspettano che i brand siano all’altezza. È primario non solo esserci, ma esserci nella maniera giusta. Diventare social currency, permettendo a chi li segue di accedere e condividere contenuti esclusivi, esperienze uniche, in grado di arricchire l’utente e allargare gli orizzonti. I brand diventano editori per soddisfare la sete di contenuti dei propri fan con una costanza e un’affidabilità che li porta a stringere un vero e proprio rapporto di fiducia.

È naturale, quindi, che i fortunati social media manager, engagement manager e direttori marketing che lavorano per colpire il target siano in preda a una costante crisi d’ansia, insieme ai colleghi di research che devono tracciare i successi e gli insuccessi di campagne e contenuti pubblicati ormai ovunque. In questo contesto che regala un nuovo significato alla parola competitività, dove è il cliente finale ad alzare l’asticella più che il competitor, ci sono alcuni casi interessanti di marchi che hanno impugnato il machete e si sono fatti largo nella giungla.

MTV

Con l’introduzione dell’ultimo rebrand, Mtv, invece di cambiare il look and feel del canale, ha cambiato il modo di essere del marchio, dando al proprio pubblico il controllo del canale. Il brand americano ha connesso internet e i social media alla tv usando Mtv Bump, una piattaforma che consente agli utenti di generare contenuti e mandarli on air nello spazio di poche ore. “I am my MTV” – questo il nome del rebrand, evoluzione del celebre “I want my MTV” – ha consentito al canale di essere costantemente aggiornato restando coerente con i suoi valori e aprendosi autenticamente al pubblico, raccontando le sue storie su tutte le piattaforme. Parallelamente on air e online sono state attivate collaborazioni con artisti da tutto il mondo che hanno interpretato il marchio liberamente, con visual e animazioni che hanno popolato il canale e le timeline dei social media di Mtv e dei suoi fan. L’operazione ha preso vita in Italia insieme ad altri centoventi Paesi simultaneamente, e in poco più di un anno si è già evoluta, proprio come il target, con attività che amplificano il talento del pubblico come Cover of the Month, in cui ogni mese un grande artista lancia una competition chiedendo ai suoi fan in giro per il mondo di interpretare una sua hit e pubblicarla su YouTube. Chi prende più like, anzi “clap”, è il vincitore e va in onda sul canale. Nata nel 1981, Mtv riesce ancora a essere il punto di riferimento per i giovanissimi, con la musica nel suo Dna e la credibilità per raccontare le storie dei giovani di oggi.

Ogni nuova app o luogo digitale setta inevitabilmente nuove aspettative in termini di linguaggio e contenuto e i giovani si aspettano che i brand siano all’altezza. È primario non solo esserci, ma esserci nella maniera giusta.

Gucci

Il vertiginoso +49% di vendite in un anno è figlio anche di uno splendido lavoro di content marketing e comunicazione fatto negli ultimi due anni sui millennial. Il rinnovamento portato da Alessandro Michele non si è fermato alla passerella, ma è passato all’esperienza digitale. Ed ecco quindi l’arrivo di un nuovo sito, un nuovo e-commerce, i social media inondati da contenuti sempre diversi fatti in collaborazione con artisti tra i più noti di Instagram, come William Ndatila, Alec Soth e il team di fotografi Meatwreck. O la costituzione, si dice, di un vero e proprio comitato di under 30 consultati dai senior manager sulle questioni più disparate, perché per essere sempre aggiornati e in evoluzione costante il parere del core target è vitale. In questo contesto, uno dei picchi creativi più interessanti è raggiunto con la campagna globale “That Feeling When Gucci”, per il lancio della collezione di orologi. L’operazione è fatta essenzialmente di meme surreali che raccontano la sensazione di indossare un orologio Gucci, quando il mondo all’improvviso ti sembra diverso e il tempo persino un po’ più lento. Il risultato è una galleria di contenuti che variano dal non-sense al divertente, mettendo insieme un’ampia varietà di stili visivi, a volte senza neppure mostrare il prodotto. #TFWGucci è stato uno dei migliori successi digitali per il brand, con una reach totale per la campagna di più di 120 milioni di utenti, 2 milioni di like e 22 mila commenti. Gucci rimane un brand accessibile a pochi ma la sua popolarità crescente nel mercato dei millennial lo rende più vicino di prima.

In questo contesto che regala un nuovo significato alla parola competitività, dove è il cliente finale ad alzare l’asticella più che il competitor, ci sono alcuni casi interessanti di marchi che hanno impugnato il machete e si sono fatti largo nella giungla.

Snapchat Spectacles

Dando un’occhiata a cosa succede oltreoceano, gli occhiali di Snapchat non sono stati certo un successo clamoroso, ma forse l’obiettivo primario di questo prodotto non era vendere occhiali da sole che potessero registrare e pubblicare video in formato rotondo, comunque una novità, ma creare un rumoroso buzz intorno all’azienda che si stava preparando a una IPO. In ogni caso, il lancio è stato da manuale, il prodotto si è posizionato come un giocattolo differenziandosi subito dai Google Glass, considerati più da nerd e buoni solo per leggere le email, diventando un must have grazie alla metodologia di vendita. Al momento del lancio, infatti, per averne un paio si era costretti a lunghe code davanti alle sporadiche vending machine, chiamate Snapbot, strategicamente posizionate in alcune tra le location più cool di New York e Los Angeles, la cui posizione era annunciata da cartelloni nel quartiere ma soprattutto dalla pubblicazione online di foto e video delle lunghe file per acquistarli. Gli occhiali Spectacles hanno costruito intorno a sé una vera e propria fear of missing out, che ha generato un’incredibile visibilità presso la stampa americana, che ha seguito come fossero un vero e proprio evento le accensioni degli Snapbot nella settimana di lancio. Oggi il prodotto può essere acquistato semplicemente online per 130 dollari e non sembra essere particolarmente rilevante per il successo della compagnia, ma ha il merito di aver catalizzato l’attenzione dei media a poche settimane dall’entrata in borsa di Snap Inc.

Quale insegnamento

Innovazione tecnologica, content marketing creativo, canali di vendita reinterpretati sono solo alcuni esempi della volontà costante di innovare di alcuni marchi globali che operano in settori diversi: quando un brand si rivolge ai millennial essere in evoluzione costante è una vera missione. La sfida è davvero grande, e non tutti riescono a vincerla, ma mentre per i brand che si dedicano a un pubblico più adulto il rischio spesso è di cadere nell’indifferenza, chi ha a che fare con i giovani corre qualche rischio in più.

I giovani sono plateali in ogni esternazione, che sia entusiasmo o delusione, e potete giurarci: qualunque sia il loro stato d’animo lo grideranno forte e chiaro. Si pensi a Pepsi, che negli Usa è stata costretta a ritirare la campagna con Kendall Jenner: lo spot vedeva la modella riportare la quiete in un corteo di manifestanti ad alta tensione, semplicemente offrendo una Pepsi a un poliziotto. Per il pubblico le vesti eroiche di protagonista e bibita non erano credibili e lo erano ancora meno i temi di uguaglianza, pace e unità legati a un soft-drink. Il web ha fatto da megafono al disappunto e la campagna è stata sospesa.

Di fail simili se ne conoscono molti. Ma niente panico, i millennial capiscono gli sbagli e dimenticano. Loro stessi superano gli errori con ironia. Allora per chi vi si rivolge la cosa migliore è imitarli. Genialità, agilità e velocità di esecuzione sono essenziali per affrontare le complessità di questo target, unite alla ricetta già citata: essere autentici, creativi, imprevedibili e continuando a cambiare. Sempre.


Guido Bonarelli

Ex pubblicitario, ex media planner, oggi direttore marketing nel settore televisivo è appassionato di media da tempi non sospetti.

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