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C’è del drama in Danimarca

Tra i titoli che negli ultimi anni più hanno circolato nel mondo ci sono le serie del servizio pubblico danese. Andiamo alla scoperta del loro modello produttivo.

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Questo articolo è apparso per la prima volta su LINK Numero 21 - Distretti produttivi emergenti del 05 giugno 2017

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La Danimarca ha soltanto 5,6 milioni di abitanti, un forte servizio pubblico e nessuna tradizione di colonizzazione di altri Paesi. Proprio per questo il successo praticamente globale della fiction tv danese negli ultimi anni è un fenomeno inedito e degno di nota. Ma quali sono le ragioni di questa crescita?

Un’esportazione davvero globale

In tempi recenti, i drama danesi hanno avuto un vero e proprio boom di esportazioni. I principali titoli del broadcaster di servizio pubblico DR, come Forbrydelsen (The Killing) (DR1), Borgen (DR1) e Bron/Broen (The Bridge, DR1 e SVT1), in particolare, sono riusciti a circolare a livello globale. Anche alcune serie più recenti come Arvingerne (The Legacy, 2014-15, DR1), Norskov (TV2, 2015), Rita (TV2, 2013-) e Bedrag (Follow the Money, DR1, 2016) stanno seguendo un percorso simile. In più di cento paesi e territori è andata in onda almeno una delle tre stagioni di Forbrydelsen, approdate in nazioni diversissime tra loro come l’Afghanistan e l’Argentina, la Grecia e il Guatemala, l’Iran e l’Italia, il Tagikistan e Taiwan, il Mozambico e la Nuova Zelanda. La coproduzione svedese-danese Bron/Broen è andata bene sui mercati internazionali, con la prima stagione trasmessa da un numero di paesi analogo a quelli di Forbrydelsen. Borgen è approdata in quaranta territori, tra cui Armenia e Stati Uniti, Messico e Giappone, Islanda e Corea del Sud, Australia e Turchia. Anche se in questo caso il numero di paesi è minore, la cifra resta sconvolgente dato che non si tratta di un crime ma di una serie sui compromessi della politica danese.

L’impatto del nordic noir

Fino ai tardi anni Duemila, le serie danesi erano vendute in linea di massima solo negli altri stati nordici – la Finlandia, l’Islanda, la Norvegia e la Svezia – e, a partire dagli anni Novanta, in Germania. La trasformazione della Danimarca in esportatore globale di drama è stata non solo inattesa e sorprendente, ma estremamente rapida. In soli cinque anni, la Danimarca, prima irrilevante nella circolazione globale dei contenuti audiovisivi, è diventata una powerhouse internazionale dello scripted drama. Le serie danesi, spesso insieme ad altre serie nordiche con l’etichetta di “nordic noir”, sono riuscite persino a influenzare lo stile visivo e narrativo della serialità prodotta altrove. Un impatto talmente forte che, al MIPCOM di Cannes e in altri mercati, uno dei trend internazionali più rilevanti è stato definito “worldwide noir”, con sottocategorie quali il noir britannico (The River), quello tedesco (Das Tal), o addirittura il “latinoir” (con la spagnola Sé quién éres o l’argentina Signos). Sia i professionisti sia gli studiosi e gli appassionati riconoscono sempre più la rilevanza del dramma nordico, e quello danese in particolare, nell’ispirare serie inglesi e americane: l’influenza globale del nordic noir ha contribuito a reinventare serie e miniserie.

In soli cinque anni, la Danimarca, prima irrilevante nella circolazione globale dei contenuti audiovisivi, è diventata una powerhouse internazionale dello scripted drama. Le serie danesi, con l’etichetta di “nordic noir”, sono riuscite persino a influenzare lo stile visivo e narrativo della serialità prodotta altrove.

I dogmi produttivi di DR

Il successo, sia domestico sia internazionale, delle serie del servizio pubblico danese è stato attribuito ai cosiddetti “dogmi” della divisione produttiva di DR, applicati a partire dalla metà degli anni Novanta. Quattro regole, in particolare, sintetizzano bene l’approccio del broadcaster alla produzione drama, e spiegano almeno in parte il successo di serie come Forbrydelsen, Borgen o The Legacy. Questi dogmi hanno permesso a DR di portare avanti una rinascita e reinterpretazione della serialità tv e di modificare in modo profondo la sua cultura produttiva. Possiamo chiamarli rispettivamente “visione unica”, “storia duplice”, “crossover” e “scelta del produttore”.

Secondo il dogma della “visione unica”, le idee e il progetto del principale sceneggiatore di una serie devono essere sempre rispettati. Questa figura, in stretta collaborazione con l’executive producer, è il solo responsabile della storia dall’inizio alla fine della produzione. Un simile approccio garantisce l’originalità della narrazione, che per tutto il tempo segue la visione dell’autore. Lungo il processo di produzione, poi, all’autore si affianca un team produttivo più ampio, con sceneggiatori junior e registi, in modo da un lato di trarre beneficio dalle competenze già presenti nella direzione Drama di DR, e dall’altro di creare e condividere nuova conoscenza per favorire la crescita di nuovi talenti. Il dogma si ispira agli showrunner della tv americana, reinterpretati qui con una sensibilità differente.

La regola della “storia duplice” si riferisce invece alla presenza in tutte le serie DR di una seconda linea narrativa, che affronta temi sociali, etici o filosofici, sovrapposta alla narrazione principale. È un elemento legato al ruolo di servizio pubblico, e quindi all’obbligo di commentare o persino di mettere in discussione lo sviluppo della società danese. Si possono citare la rappresentazione pratica di come la democrazia danese funziona, in Borgen, o il racconto di come l’omicidio di una ragazza non influenza solo le vite della sua famiglia ma una comunità allargata, dimostrando che siamo tutti connessi, nella prima stagione di Forbrydelsen.

Gli ultimi due dogmi sono strettamente legati tra loro, e non si riferiscono tanto alla narrazione quanto piuttosto al modo in cui le serie sono prodotte. La regola del “crossover” impone sempre un incrocio e mescolamento tra il team di produzione interno a DR e il settore audiovisivo indipendente. DR fa pertanto uno sforzo consapevole per coinvolgere registi, direttori della fotografia, montatori e scenografi provenienti da fuori, in modo da produrre tv all’avanguardia, non appesantita dalle tradizioni interne al servizio pubblico o al sistema televisivo. Grazie a questa consuetudine, molti giovani della Danish Film School si sono subito confrontati con i generi televisivi, a partire dal drama, e questo ha aiutato a revitalizzare l’intero settore e a dargli una spinta ulteriore verso il successo. Un elemento di innovazione come lo stile visivo dei drama di DR ha infatti senz’altro contribuito alla sua circolazione internazionale, dando a queste serie un’estetica più cinematografica e moderna.

Il quarto dogma, fortemente legato al terzo, dà all’executive producer di una serie, sempre in collaborazione con l’autore, la massima libertà di scegliere la propria squadra di registi per i vari episodi, sceneggiatori, direttori della fotografia, montatori e scenografi, selezionando le persone che ritiene più adatte al progetto. Questo non soltanto consente un’organizzazione del lavoro più flessibile e snella, ma assicura soprattutto a ogni produzione la migliore combinazione creativa.

Un’internazionalizzazione “dall’interno”

Le produzioni della divisione drama della tv danese hanno vinto premi internazionali importanti, come i cinque Emmy Awards dal 2002, il Prix Italia e i BAFTA britannici. Secondo l’head of drama di DR tra il 1999 e il 2012, Ingolf Gabold, è stata una strategia consapevole per attirare finanziamenti dall’estero. Questa strategia sembra aver funzionato. Non solo le serie sono ampiamente esportate nel mondo, ma DR è stata coinvolta in numerose co-produzioni. Bron/Broen nasce dal lavoro congiunto di DR e SVT, il servizio pubblico svedese, e la serie è stata trasmessa simultaneamente in entrambi i paesi. La tedesca ZDF è stata partner di DR in numerose serie recenti, e l’altra rete danese di servizio pubblico TV2 ha intrapreso una collaborazione con Netflix per la terza stagione del suo dramedy Rita.

L’head of fiction di DR tra il 2012 e il 2014, Nadia Kløvedal Reich, ha stimato che nel 2013 i finanziamenti esterni, tra coproduzioni, vendite di ready-made e di format, hanno coperto circa il 5-10% del budget dei drama. Da allora questa percentuale è sicuramente cresciuta ancora. È interessante vedere come questo intervento finisce per influenzare i contenuti, rendendo le serie danesi “scaltramente internazionali”. Negli episodi di Bron/Broen le due lingue danese e svedese sono parlate entrambe, una a fianco all’altra. Anche quando gli esterni non si impongono sui contenuti, le coproduzioni rendono comunque i titoli almeno un po’ più internazionali. Si può addirittura pensare che il successo domestico e internazionale sia basato quindi su una sottile forma di internazionalizzazione “dall’interno”. Pertanto, i produttori danesi lottano per uno stile visivo e narrativo che considerano più popolare all’estero, e lo fanno sia per raggiungere un pubblico globale (e così ottenere denaro supplementare dalle produzioni locali che vengono esportate) sia per convincere potenziali co-produttori internazionali (e così aiutare a finanziare le produzioni più costose).

Come risultato, le richieste del mercato tv internazionale influenzano l’offerta locale danese di drama, e in un circolo virtuoso i produttori nazionali si impegnano a ottenere production values che consentano l’esportazione e la vittoria di premi internazionali. Questa internazionalizzazione dall’interno nasce poi dal fatto che la divisione drama di DR è stata in passato ampiamente influenzata da lavori stranieri, a partire da alcune serie hollywoodiane come NYPD Blue (1993-2005), studiate anche attraverso vere e proprie “trasferte didattiche” negli Stati Uniti. Pur senza adottare le stesse modalità di produzione, i professionisti danesi si sono ispirati almeno in parte ai modelli americani, britannici e svedesi per dare forma ai loro dogmi e regole di produzione. DR ha reinterpretato e adattato le formule produttive straniere per soddisfare le sue necessità e rafforzare la sua posizione nel sistema televisivo danese e, così facendo, ha posto le basi per il suo successo in patria e all’estero.
(continua)


Pia Majbritt Jensen

È professore associato presso l'Università di Aarhus, in Danimarca, dove insegna corsi di televisione e media. Si è occupata di format, di drama danese e delle circolazione internazionale di questi generi.

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